Covid: “informazione è stata a senso unico”. La Verità riporta lo studio sul linguaggio di giornali e tv in pandemia

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Due ricercatori hanno analizzato i dati dell’Osservatorio di Pavia sul linguaggio di giornali e tv in pandemia. Il risultato è stato quello di riuscire a censurate le alternative al lockdown, procurare eccessivo allarmismo e gettare tutte le colpe della diffusione dei contagi sui comportamenti dei cittadini

“L’ossessione per il Covid in Italia non c’è stata in nessuna altra parte del mondo”. E’ quanto afferma il dott. Andrea Miconi, docente di sociologia dei media alla Iulm di Milano, alle colonne del quotidiano La Verità. Il professore, insieme alla collega Elisabetta Risi e all’Osservatorio di Pavia, ha condotto una ricerca allo scopo di analizzare il modo in cui i principali media hanno trattato la pandemia nel nostro Paese. I primi risultati sono stati pubblicati in un articolo scientifico per la rivista Problemi dell’informazione intitolato Framing pandemic news. Una ricerca sulla rappresentazione del Covid-19 nei news media italiani, e vengono citati nel libro di Miconi in uscita a giorni (Emergenza di Stato. Intellettuali, media e potere nell’Italia della pandemia).

Tra i vari dettagli, gli studiosi hanno monitorato la “porzione più mainstream dell’informazione”, cioè i “sette telegiornali di prima serata trasmessi dai canali generalisti (Tg1, Tg2, Tg3 nazionale, Tg4, Tg5, Studio Aperto e Tg La7, ndr) nell’anno che va dal febbraio 2020 al febbraio 2021”. E sono stati ottenuti risultati interessanti, tra cui quello relativo alla Great Barrington Declaration: si tratta di un un documento redatto da diversi studiosi presso l’Istituto Americano di Ricerca Economica di Great Barrington, nello stato del Massachusetts negli Stati Uniti d’America, con il quale si consiglia “un approccio diverso alla pandemia del Covid-19”; al posto di lockdown, con effetti dannosi sulla salute fisica e mentale, gli autori raccomandano la “protezione focalizzata” delle persone vulnerabili, anziani e malati, e di “permettere di vivere normalmente la loro vita ai giovani e a coloro che hanno un più basso rischio di morte, fino a raggiungere l’immunità di gregge”. Il prof. Andrea Miconi e la prof.ssa Elisabetta Risi hanno notato che su esattamente 1.071 edizioni di tutti i Tg citati non si è mai parlato di questa dichiarazione, “è come se non fosse mai stata scritta”, nonostante sia stata sottoscritta da 15.700 scienziati e 46.700 medici in tutto il mondo. Discorso molto simile condotto sui principali 20 quotidiani nazionali: “su un totale di 3.060 edizioni non si contano più di 19 citazioni alla Great Barrington Declaration”.

Nella ricerca dei due studiosi c’è di più: “la ragione scientifica del documento viene messa
in secondo piano rispetto alla sua presunta compromissione ideologica: a volte attraverso l’associazione implicita tra i due campi; a volte facendo della Dichiarazione il corollario di un misterioso progetto di egemonia finanziaria; a volte nascondendo del tutto il fatto che gli autori siano tre epidemiologi”. Insomma, del più celebre, autorevole e condiviso approccio alla gestione della pandemia “alternativo” ai lockdown non si è praticamente quasi mai discusso. E quando qualcuno ne ha parlato, lo ha fatto presentando il documento come una sorta di tentativo “trumpiano” di confondere le acque. “Una parte non irrilevante di informazioni è stata semplicemente nascosta, e tutta la narrazione mediatica ha seguito un’unica direzione”, si legge ancora nell’articolo de La Verità.

Sempre dall’analisi dei telegiornali trasmessi tra febbraio 2020 e febbraio 2021, emergono dati piuttosto chiari sull’utilizzo di alcune parole. Ad esempio, “Assembramento”, inclusa la versione al plurale, viene citato in 1.742 segmenti diversi dei Tg, ma  in nessuno di questi ne
viene data una definizione, esattamente come il termine rimane oscuro in tutti i dpcm che ne trattano. Cosa perfino peggiore, il verbo più spesso associato al termine “assembramento” è evitare: lo stesso usato nel dpcm dell’8 marzo 2020, da cui tutto è iniziato, a conferma di una totale subalternità dell’informazione al potere politico. Questo modo di interpretare il verbo, “lascia intendere come la responsabilità del contagio sia tutta sulle spalle dei cittadini – che lo
possono e lo devono evitare, appunto – senza che si faccia riferimento alle tante situazioni di condivisione forzata dello spazio, in cui a fare la differenza sono l’organizzazione dei trasporti pubblici, o i protocolli di sicurezza sul lavoro”. Ancora più emblematico, è che il verbo più spesso associato al termine “ragazzo”, nell’informazione televisiva, sia “uccidere”.

Nel complesso, dalla ricerca di Miconi e dei suoi colleghi emerge come nel linguaggio giornalistico “si sia affermata la figura retorica dell’iperbole: il discorso allarmistico, infatti, continuamente alimentato di connotati emergenziali, ha caratterizzato una narrazione sempre e costantemente di emergenza (e non di crisi), giustificando l’“impossibilità” di soluzioni politiche adeguate”.  Lo studio certifica “l’oscuramento delle posizioni alternative, mette in risalto la colpevolizzazione (il cosiddetto blaming) di alcune categorie di cittadini. Ci vengono fornite, in sostanza, le prove dell’ideologizzazione e della parzialità con cui il sistema dell’informazione ha affrontato l’emergenza che da oltre due anni regola le nostre esistenze. Abbiamo vissuto immersi in un racconto a senso unico, pesantemente influenzato dal potere, tendente alla violenza verbale”. E, purtroppo, le brutte notizie non sono ancora finite. Lo stesso atteggiamento sarebbe già stato utilizzato anche in passato sulla Legge Zan e con la Brexit, afferma Miconi, che non nasconde il suo orientamento politico di sinistra. E’ questa una ricerca che smaschera il comportamento esageratamente allarmistico utilizzato dai media in tempo di pandemia. L’informazione a senso unico è un “dato di fatto”, spiegano gli studiosi.

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