Strage di Bucha, la smentita degli yakuti: “non siamo mai stati in Ucraina”

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I soldati con la bandiera della Repubblica Sakha, o Yakutia, sono stati incriminati di essere il battaglione che ha provocato lo sterminio di Bucha, ma molti si trovano dall’altra parte del mondo e non fanno più parte dell’esercito: “quella foto è stata scattata nel 2019”

Un’immagine è stata ripresa e pubblicata dai molti quotidiani occidentali, utilizzata per spiegare chi sono i responsabili della strage di Bucha. Si tratta di uno scatto degli uomini del “battaglione siberiano, ultimo mostro del putinismo”, per riprendere il titolo scritto dalla Stampa, composto da una trentina di ventenni in uniforme mentre posano per una foto ricordo. Uno di loro tiene in mano la bandiera della Repubblica Sakha, o Yakutia, situata nell’estremo oriente della Federazione russa. Sarebbero loro, secondo la versione ucraina, i killer autori della tragedia documentata nella città alle porte di Kiev. Eppure, “con ogni probabilità”, replica il Manifesto, “nessuno di quei militari ha mai messo piede in Ucraina. Neanche in abiti civili”.

“La foto l’abbiamo scattata nel 2019, a Khabarovsk, all’inizio della leva”, dice Vladimir Osipov, vent’anni, che di mestiere fa il macchinista nel distretto di Namsky, un gruppo di villaggi e di case isolate tenuto insieme da una strada bianca a un paio di ore d’auto dalla capitale della Yakutia, Yakutsk. È da lì che riceve la videochiamata, in cui mostra la sua casa, spiegando come ha passato gli ultimi mesi. “In Ucraina non sono mai stato. Non ho mai preso parte ad alcun combattimento. Il servizio è durato due anni e l’ho svolto con la 64esima brigata, a Khabarovsk, nella base di Knyaze Volkonskoye. Ma la leva è finita a dicembre e io da allora ho sempre vissuto qui con la mia famiglia”. Osipov è in quella fotografia, si trova al centro, nell’ultima fila. “Tutti coetanei e tutti yakuti. Per quel che ne so, tutti in congedo da dicembre”. Con i terribili fatti accaduti a Bucha, ripete al telefono, “io non ho nulla a che fare”.

Insomma, l’immagine che decine di quotidiani, compresi quelli italiani, hanno usato per dare un volto agli assassini di Bucha non mostrerebbe affatto i veri autori della strage. Il che non esclude (e non riduce) ovviamente il ruolo dell’esercito russo in questa terrificante vicenda. Anzi, le testimonianze raccolte proprio a Bucha negli ultimi giorni, le trasmissioni radio intercettate dall’intelligence tedesca che Spiegel ha riportato ieri, le foto scattate dal satellite confermano il metodo seguito sul territorio dell’Ucraina e portano nel quadro anche le truppe mercenarie del Gruppo Wagner. È chiaro a tutti, però, che la ricostruzione degli eventi e l’attribuzione delle responsabilità debbano necessariamente essere basate su elementi certi e concreti, sicuramente non è facile ricostruire con facilità quanto accaduto.

Un altro dei commilitoni, un ventenne di nome Andrey, ha accettato di parlare a patto che non siano rivelati né il cognome, né il patronimico, né la località in cui si trova, sempre in Yakutia. La conversazione in video dura una decina di minuti. Anche lui è stato per due anni a Khabarovsk con la 64esima. Anche lui a dicembre ha lasciato l’esercito per fare ritorno alla vita civile. Nella foto è il terzo da sinistra. In testa indossa un berretto. “Assieme a quella fotografia, giorni fa, sono stati resi pubblici i miei dati personali. I primi ad accorgersene sono stati alcuni amici. Mi hanno avvertito. Mi hanno chiesto che cosa stesse succedendo. Ho ricevuto messaggi con insulti e minacce. Ero sotto shock. Come potete capire è una brutta situazione”, ha affermato.

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