Il fastidio di pensare – Baci peccaminosi

StrettoWeb

Ci sono dei versi di Prévert che hanno accompagnato la mia adolescenza: “I ragazzi che si amano si baciano in piedi / Contro le porte della notte / E i passanti che passano li segnano a dito / ma i ragazzi che si amano / Non ci sono per nessuno … Suscitando la rabbia dei passanti / La loro rabbia il loro disprezzo / I loro risolini / La loro invidia ” e mi sono venuti sempre in mente accompagnati da un pensiero di Peynet che ricordava quando, durante una manifestazione del maggio parigino sfociata poi in tumulti violenti, due innamorati erano rimasti abbracciati a baciarsi in un portone, travolti dalla loro passione, completamente indifferenti a tutto quello che gli accadeva attorno ancora a pochi metri, totalmente immersi nel loro amore.

Però, certamente, Prévert immaginava che quegli innamorati che nei suoi versi tra i portoni e le panchine delle rues parigine sono completamente indifferenti alle tragedie del mondo e alla monotonia del quotidiano fosse ovvio che fossero un ragazzo e una ragazza, così come li vedo io in mezzo alle panchine della via marina, dopo aver marinato la scuola, immersi tra i loro baci con lo zaino tra le gambe. Con jeans strappati e capelli lunghi e spettinati magari, che rappresentano così la loro sfida alla società, che li osserva sorridente e sicura di poterli presto di nuovo assorbire. Non che gli omosessuali non ci fossero; queste fastidiose minoranze sono state sempre delle ombre fuggevoli e lacrimevoli del mondo amoroso, passioni da vivere nascostamente, con attenzione e l’animo trasbordante di colpa. E il motivo non era da poco, in un mondo dove essere diverso voleva dire essere al di fuori da tutto, e il valore di un uomo si misurava da quanto ce lo aveva lungo.

Ripenso ad alcune opere che hanno interpretato la nostra realtà ancora fino a qualche tempo fa, come Il Bell’Antonio, quando in una Sicilia novecentesca un padre rinnega un figlio incapace di amare le donne e vuole farsi veder morire abbracciato a una prostituta per fare capire come lui fosse diverso e sapeva farsi valere fino alla fine, o una certa America puritana, con quel classico che sono le memorie di una maîtresse che rappresenta una componente fondamentale della società statunitense ma di cui era proibito parlare nei salotti buoni, che nella sua ingenua adolescenza aveva amato con passione e senza alcuna distinzione sia uomini che donne, fino a che, scoprendolo, le fecero sapere che era stata una colossale peccatrice, e lei non riusciva a capire quale era la sua colpa: amare una donna è peccato le si spiegò con profondità, l’inferno le si sarebbe aperto davanti, e a lei che misurava il mondo solo dal punto di vista sentimentale non riusciva a comprendere il senso del suo male di fronte a chi le voleva instillare la coscienza del peccato. Certamente neanche Ulpiano ci sarebbe riuscito, lui che fermava il corretto vivere sociale all’honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere.

Io ho sempre avuto una certa esitazione a mostrare al pubblico un atteggiamento così intimo con una ragazza: ho ancora addosso i residui di una certa morale cattolica in cui sono stato educato. Ma adesso che dalla finestra della scuola vedo che con tranquillità e indifferenza due ragazze si baciano davanti alle scale della scuola, dopo anni di lacrime forse c’è qualcosa di fresco nell’aria. Intendiamoci: queste due ragazze, al di là di un certo coraggio, raccolgono anche anni di battaglie di persone prima di loro, ma questo è normale: se alcune prima di loro non si fossero messe a gridare di volere essere delle donne libere in una società ipocrita, se molte non si fossero messe a urlare di non avere nulla da nascondere rispetto a tutte quelle che invece si contentavano di baciarsi furtivamente nelle case di nascosto dai propri mariti, come se stessero commettendo un delitto, adesso anche se loro avessero avuto lo stesso coraggio sarebbero comunque state travolte dalla violenza di una società più spavalda e tracotante alle spalle della viltà di chi ama nascondersi dietro le spalle della massa.

Molti magari le vedono con la coda dell’occhio e commentano bisbigliando sottovoce, qualcuno di fronte ai loro baci sorride velocemente, qualche anziano, semplicemente, girerà la testa commentando al decadimento sociale, ma capendo forse, con tristezza e con paura anche, di vivere fuori dal proprio tempo; molti altri infine, e sono i peggiori, non diranno nulla semplicemente perché avranno paura di essere fuori moda, e sono quelli che dicono che ormai il mondo va così e bisogna adeguarsi: non che le persone hanno il diritto di essere quello che sono, ma che bisogna essere come ci si obbliga ad essere per non restare indietro (questo è il modo come si intendono le cose in Italia: per obbligo e non per convinzione).

Orbene, queste due ragazze che si baciano in maniera così spudorata e passionale, che indicano che ci si può volere bene al di là di tutto, come in una poesia di Prévert o nel pensiero di Peynet, mentre il mondo prosegue indifferente o anche, certamente, bisbigliante e sorridente, squallidamente rimarchevole, indicano che forse un nuovo tempo e una nuova morale sta giungendo a fendere i tempi vetusti in questa società ammuffita, a cambiare i vecchi pensieri di una generazione che ha sempre avuto l’idea di volere mettere tutto in ordine.

Io, che nella mia adolescenza ancora avevo le titubanze di una morale intimistica e non portavo in giro le ragazze, vedo un’altra scalfittura a questo mondo dei grandi che, nel loro desiderio di dare ad ognuno il proprio posto, ne avevano costruito alla fine uno in cui vivere terribilmente squallido. E penso a tutte quelle amiche che ho visto piangere per motivi che adesso sarebbero sembrati così sciocchi, e che spero, a spiegarlo un giorno a quelli che verranno dopo, si stupiranno di quello che è accaduto appena fino a pochi anni fa, e si chiederanno per quale motivo tanta gente ha pianto ed è stata male, perché gli uomini, che già riescono a non risolvere i problemi che hanno, poi riescono a crearne altri dove non ce ne sono, solo per il gusto di inumidirsi gli occhi.

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