Il fastidio di pensare – La democrazia a senso unico

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Premettiamo che noi non abbiamo molta simpatia per il primo ministro ungherese Viktor Orbán ed anzi riteniamo ignobili diverse sue decisioni politiche, ma poiché crediamo che, nonostante tutto, le decisioni parlamentari vadano prese sempre sotto un profilo di veritas per quanto sgradevole, dissentiamo da quei parlamentari europei e da quegli intellettuali che subito vi si sono accodati che, non potendo attaccarlo da un punto di vista elettorale poiché nulla di scorretto s’è trovato nelle sue elezioni, allora sono andati a disquisire sui profondi significati etici della democrazia e, per potere escludere il suo Stato dal novero del ristrettissimo ambito, hanno dato a questo termine un significato come piace a loro e sono infine giunti alla conclusione che questo sarebbe solamente una “autocrazia elettorale” (poi ci spiegheranno cosa voglia dire).

Il problema nasce piuttosto dai limiti della democrazia, che non possiamo dire che se vince chi ci garba e fa le leggi che ci piacciono quella è una vera democrazia ma se poi le elezioni le vince Hitler o Mussolini ha un successo straordinario allora non va più bene niente: in una democrazia vince la maggioranza e questa sceglie quello che vuole essere e le leggi che si vuole imporre. È un problema culturale e sociale, e se poi le cose non vanno per il meglio non è la democrazia che ha fallito, che si limita solo a registrare tutto, ma la società che le ha prodotte. Come osservò Kelsen, la democrazia resta democrazia a tutti gli effetti anche se sceglie di liberare Barabba e non funziona solo se si schiera con Gesù. Non nasce per difendere elevati principi (che poi non sapremmo se esistono e quali siano) ma solo la nostra libertà di scegliere, e quando queste scelte ci sono, allora è antidemocratico proprio fare quello che vogliono gli altri. Ma poi c’è sempre qualcuno che crede che alcuni principi siano universali e tenerli fuori da una legislazione voglia dire essere “arretrati”, “retrogradi” se non dei mezzi primitivi e via dicendo.

Per esempio pensano: in quello Stato c’è la pena di morte? È una società primitiva. Non vuoi concedere l’aborto? Mi sa che sei ancora fermo al medioevo. E con gli omosessuali come ti comporti? È ovvio che devono potersi sposare e avere figli, non sarai mica contrario? Su queste e migliaia di altre cose che ad alcuni sembrano “ovvie” c’è chi misura il grado di una civiltà come su una freccia del tempo indirizzata verso una società perfetta, un po’ come quelle figure che una volta banalizzavano il darwinismo su alcuni sussidiari scolastici dove si vedeva all’inizio una scimmia che strada facendo si raddrizza sempre più e alla fine diventa una di quelle persone che vediamo passeggiare ogni giorno sul Corso dopo essersi fatte la barba: gli Stati che hanno queste leggi sono più avanti rispetto a quelli che non ce le hanno, e a metterle in dubbio si compiono pericolosi passi indietro. Una sorta di misuratore della civiltà, dalla cui altezza alcuni governanti disquisiscono dicendo al propri concittadini: “Voi per fortuna siete nati dalla parte giusta del mondo, ma se viveste nella soleggiata Florida rischiavate di finire nella sedia elettrica, e provate ad abortire in Polonia, per non parlare degli Stati islamici …” Se i diritti fossero basati su una sorta di ius naturalis non ci sarebbe neanche bisogno di votare e i codici civile e penale sarebbero ridotti a poco più che dei fascicoli. Ma l’unico diritto che una democrazia deve sancire è quella del voto tra i cittadini, poi la maggioranza valuterà sulle leggi che dureranno per un certo periodo, e se quella società non è stata soddisfatta, allora deve avere la possibilità di cambiarle. Ma qui si dice, per l’appunto: votate secondo alti principi (parole sempre pericolose), altrimenti siete una democrazia a metà, o non siete una democrazia per niente.

Il fatto è che Orbán rappresenta una determinata corrente di pensiero, che magari è molto antipatica nel resto dell’Occidente ma che incontra da diversi anni il favore di una grossa fetta dell’opinione pubblica ungherese e lo porta a vincere continuamente le elezioni con una larga maggioranza. Insomma, gli ungheresi non vogliono l’aborto, non amano l’omosessualità, guardano di sottecchi gli stranieri … il resto degli europei non è d’accordo, e ritiene di dovere omologare l’Ungheria in base alla superiorità dei suoi principi. Ma la democrazia è anche questo: che, anche se sarebbe elegante, non deve tutelare chi la pensa diversamente e può dirgli in faccia: noi pensiamo che tu stia sbagliando, poi magari quando la maggioranza la penserà diversamente sarà libera di cambiare tutto, ma per adesso qui ci va bene così, e se fuori altri Stati si regolano diversamente, ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma, appunto, il problema è che molti parlamentari europei credono di dovere pensare anche su come deve volere l’Ungheria. Le chiedono cioè di essere una democrazia dove ognuno è libero di votare come pensa, purché la pensi come vogliono loro.

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