Un reggino l’anima dell’Arte Futurista: Umberto Boccioni

StrettoWeb

di Alberta Dito * – Il 19 ottobre ricorre il 140° anniversario della nascita di Umberto Boccioni (1882 – 1916) che è stato uno dei più importanti pittori e scultori italiani del Novecento e viene considerato il più autorevole esponente del Futurismo, per quanto riguarda le arti visive. E’ un reggino e mi sento di dovergli un breve ricordo. Boccioni nasce a Reggio Calabria ma, a causa del lavoro del padre (usciere di prefettura), è costretto a spostarsi in molte città nel corso dell’infanzia: Forlì, Genova, Padova, Catania, dove nasce la sua passione per l’arte.

Questo suo intenso girovagare lo aiuta a sviluppare quell’apertura mentale che renderà rivoluzionaria la sua ricerca artistica.

La prima forma d’arte a cui Boccioni si avvicina non è la pittura ma la letteratura: a diciotto anni (1900) pubblica Pene dell’anima”, breve romanzo nei quali specchiava un autentico mal di vivere, un’insofferenza e un’ansia di cambiamento, che condivideva con molti dei suoi coetanei, che aspettavano frementi il secolo nuovo, dove tutto sarebbe cambiato e gli affanni avrebbero finalmente trovato pace.

Ma a Roma intraprende decisamente la strada delle arti visive iniziando a lavorare come grafico e cartellonista ed incontra il coetaneo Gino Severini, arrivato dalla Toscana.

Entrambi si tengono lontani dalle accademie ufficiali e si trovano (1901) a seguire Giacomo Balla, orientato al linguaggio divisionista, e Dario Sironi, di cui diverrà grande amico.

Ma Boccioni non riesce a stare fermo e nel 1906 ricomincia a viaggiare per l’Europa (Parigi, Russia, Monaco di Baviera); e trova anche il modo di iscriversi nel 1907 alla Scuola libera del

Nudo del Regio Istituto di Belle Arti di Venezia.

Ma Dopo aver visto con i suoi occhi l’esplosione delle Avanguardie europee, nel 1907 sceglie di stabilirsi a Milano.

Sarà Milano la città che trasmetterà a Boccioni quell’energia e quel dinamismo che condurrà alla nascita di uno dei movimenti artistici più importanti nella storia dell’arte italiana. Nel capoluogo lombardo comincia a frequentare il pittore Previati, che lo avvicinerà all’arte simbolista ed approfondisce ulteriormente le sue ricerche divisioniste.

L’opera La madre con l’uncinetto”, un pastello su carta (1907), evidenzia la vicinanza tecnica e tematica a Previati e al linguaggio divisionista.

L’artista ritrae l’anziana madre seduta accanto alla finestra che è completamente assorta nel suo lavoro di ricamo; la scena è immersa in un’atmosfera intima e silenziosa, ma la raffigurazione non è statica perché la tecnica tratteggiata e puntinata con cui sono resi gli elementi lascia percepire una situazione in divenire.

Ma, a Milano, conoscerà soprattutto Filippo Tommaso Marinetti e Carlo Carrà e con loro (e con gli artisti Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini) Boccioni darà vita al Futurismo nelle arti figurative, con la pubblicazione del Manifesto dei pittori futuristi” il 20 febbraio 1909 cui seguirà (Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini) La pittura futurista. Manifesto tecnico”, 11 Aprile 1910) e successivamente il “Manifesto tecnico del movimento futurista” (11 maggio 1912).

Del resto la poetica artistica di Boccioni trova nel Futurismo e nei suoi ideali il naturale sbocco.

La capacità di cogliere il “movimento” e il “dinamismo” nel dipinto e nella scultura è una delle chiavi di lettura principali per comprendere la tecnica di Boccioni che così presenta l’idea di “dinamismo”: “Il gesto non sarà più un momento fermato, sarà decisamente la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe, ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari. […] Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre sono una, dieci, quattro, tre: stanno ferme e si muovono, vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale. E talvolta sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa lontano. I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram”.

Appartenente a questa prima fase artistica di Boccioni è “La Rissa in Galleria”, un dipinto olio su tela cm. 76×64, che mostra già la tensione tipica dei dipinti futuristi soprattutto nella definizione delle figure che risultano ben delineate e riconoscibili. Tuttavia, esse sono disposte in modo tale da conferire dinamicità alla tela.

Il soggetto pittorico è una folla di persone che si accalca di fronte alla buvette di Gaspare Campari per seguire una zuffa fra due donne.

Certamente il capolavoro di questa fase si incarna nel dipinto (1910) “La città che Sale”, che viene esposto alla prima mostra dei pittori futuristi, organizzata a Milano nel 1911 presso il Padiglione d’Arte Libera.

Con questo quadro, eseguito tra il 1910 e il 1911, Boccioni dichiara di voler “innalzare alla vita moderna un nuovo altare vibrante di dinamica, altrettanto puro ed esaltatore di quelli che furono innalzati dalla contemplazione religiosa al mistero divino”.

Il dipinto allude a un avvenimento reale, un cantiere alla periferia di Milano, e in senso più generale all’espansione delle aree urbanecon l’appropriazione da parte della città di spazi occupati dalla campagna e con la conquista del cielo, attraverso la costruzione di edifici sempre più alti.

I colori, accesi e intensi, sono distribuiti con pennellate vibranti. Le figure non hanno contorno, i tocchi cromatici di ciascuna si fondono con quelli delle altre figure dell’ambiente.

Boccioni propone in questo dipinto uno dei suoi principali obbiettivi di ricerca ovvero la compenetrazione tra figura e sfondo che si genera dalla velocità.

Un altro quadro che esprime l’interpretazione dello spazio è Stati d’animo n. 1. Gli addii”, dipinto a olio su tela (70,5 × 96,2 cm) realizzato nel 1911.

Lo spazio è composto in vorticosi movimenti, le forme sono viste simultaneamente da numerose posizioni, figure e ambiente sono fusi in un unico ritmo dinamico. La composizione assume un moto vorticoso. Il treno, le fabbriche e le città in costruzione sono spesso presenti nei dipinti futuristi, come simboli del progresso.

Il successo dell’esposizione di Milano proietta Boccioni e i suoi compagni verso Parigi, dove i futuristi espongono nel 1912 presso la galleria Benheim-Jeune, ottenendo un grande successo.

Dopo aver elaborato e sperimentato i concetti di dinamismo e compenetrazione, Boccioni si concentra ora sul terzo pilastro della sua poetica pittorica, la “simultaneità” ovvero la possibilità di generare visioni multiple, di rendere nello stesso momento ciò che è vicino e ciò che è lontano, ciò che è appena passato, ciò che è presente e che si smaterializza per proiettarsi nel futuro.

E’ in questo periodo che Boccioni dipinge “Visioni simultanee” (1911) una piccola tela ad olio cm 70 x 75 in cui affronta nuovamente il tema della città moderna e caotica.

Nel dipinto propone la visione di una strada osservata dall’alto: brulica di passanti, di piccole sagome dinamiche che si spostano e si ripetono sulla linea direttrice obliqua, una carrozza nella parte sinistra del quadro segue o si trasforma in un tram poco più a destra, palazzi altissimi si sovrappongono e si incastrano nella fuga prospettica, anche loro si muovono, sembrano emergere dalla profondità per innalzarsi e creare un senso di vertigine.

Proprio al centro del dipinto due enormi teste femminili osservano la scena, una sta più in basso, con il volto quasi incastrato nel piano stradale, l’altra sta più in alto e sembra affacciarsi dalla cima di un grattacielo. Non sono due persone ma una soltanto, sono momenti diversi dello spazio e del tempo che la memoria e il dipinto ricompongono nella stessa visione.

Altro dipinto che richiama la scelta futurista è “La strada entra nella casa” olio su tela dim. cm.  100×100.

Il dipinto mostra una donna di spalle, ritratta affacciata ad un balcone. La vista che si apre da tale postazione mostra una fitta serie di edifici, una strada sulla sinistra e dei cantieri nella parte centrale del dipinto. L’opera presenta una potente carica emotiva, rappresentata dalla scelta dei colori e dalle forze che riescono persino a piegare gli edifici.

Boccioni stesso dice «La sensazione dominante è quella che si può avere aprendo una finestra: tutta la vita, i rumori della strada, irrompono contemporaneamente come il movimento e la realtà degli oggetti fuori. Il pittore non si deve limitare a ciò che vede nel riquadro della finestra, come farebbe un semplice fotografo, ma riproduce ciò che può vedere fuori, in ogni direzione, dal balcone.»

Alla fine del 1912 realizza (foto 10) uno dei suoi capolavori più celebriil grande dipinto Materia”, olio su tela cm. 226 x 350, una sintesi della ricerca fin qui compiuta.

È di nuovo un ritratto della madre, raffigurata seduta nella sua casa con le mani intrecciate in grembo, alle sue spalle la finestra aperta consente alla città di “entrare nella stanza” e viceversa.

Interno ed esterno si sovrappongono, i piani dei palazzi bucano quelli delle pareti e del focolare domestico, la metropoli con il suo rumore irrompe con violenza. Eppure, in questo caos caleidoscopico la figura della “Mater-Materia” persiste, resta al suo posto, solida e indissolubile, sembra emergere dalla grande e misteriosa zona d’ombra nella parte inferiore del dipinto ma le sue enormi braccia hanno una consistenza metallica e le grandi mani si protendono verso lo spettatore.

L’uso libero dei colori che danno forza e forma lo troviamo ben raffigurato nel dipinto (1913) “Dinamismo di un calciatore”, olio su tela cm 195 x 200.

L’artista dispone in modo libero i colori e la forma per dare a loro un’autonomia assoluta.

Contrappone le direzioni di movimento centrifughe a quelle centripete, posizionando al centro una serie di forme compenetrate, ancorandone i margini all’ambiente luminoso e ampio.

Quest’opera è il primo ed anche il più importante dipinto dedicato al calcio ed è esposto al Museum of Modern Art di New York.

Per la sua ricerca dinamica nel movimento a Boccioni è attribuita anche la paternità del “dinamismo plastico”, tecnica basata sulla rappresentazione della simultaneità del movimento nelle arti figurative. Ne è un magnifico esempio l’opera scultorea Forme uniche della continuità nello spazio (1913). La trovate raffigurata sulla moneta da venti centesimi.

Oltre che artista di talento, Umberto Boccioni era anche un attento teorico dell’arte, a lui si devono

due testi fondamentali per la comprensione dell’arte futurista: Pittura Scultura Futuriste e Dinamismo Plastico. Entrambe pubblicate nel 1914.

Significativa di questa fase artistica è l’opera “Sotto la pergola a Napoli”, un dipinto autografo di U. Boccioni realizzato con tecnica mista – olio e collage – su tela nel 1915, misura 83×83 cm. e custodito nella Galleria d’Arte Moderna a Milano.

In quest’opera la plasticità e la sintesi delle forme derivano da un cromatismo – seppur più caldo ed acceso – assai vicino alla pittura di Cezanne.

Ma la vigorosa e calda variazione cromatica non è accompagnata da un altrettanto potente chiaroscuro, appena accennato in molte zone della tela e questa limitazione toglie peso alle stesse masse che lo contengono.

Nel 1915 l’Italia prende parte alla Prima Guerra Mondiale. I futuristi sono favorevoli all’intervento militare e Boccioni si arruola volontario. Durante i mesi in trincea tuttavia l’artista si ricrederà circa l’eroismo guerriero e scriverà infatti all’amico Marinetti: la guerra “quando si attende di battersi, non è che questo: insetti + noia = eroismo oscuro….”.

Boccioni perderà la vita nel corso di un’esercitazione militare cadendo da cavallo, a soli trentatré anni. La banalità dell’incidente segna un netto distacco tra l’eroismo guerriero e le casualità dell’esistenza.

Era il 17 agosto del 1916 e nel luogo dell’incidente, nella campagna di Chievo, frazione di Verona, una targa, con una sua frase, commemora ancora oggi l’accaduto.

“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido.”

  • Laureata all’Accademia di Belle Arti di RC. ed iscritta al 2° anno del Biennio specialistico
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