Sicilia: scriveva i “cunti” della tradizione popolare su sacchi di carta usati come “papiri”, adesso diventano un libro

Si realizza così quello che Campanella inseguiva come "Il sogno del libro"

StrettoWeb

Per anni ha scritto i “cunti” della tradizione popolare nei sacchi di carta usati come “papiri”. Per Carmelo Campanella, contadino di Ragusa, ora arriva un riconoscimento letterario postumo: i suoi racconti in dialetto siciliano, considerati dagli studiosi piccole opere etnografiche, diventano un libro.

Si realizza così quello che Campanella inseguiva come “Il sogno del libro”. Proprio questo è il titolo del volume antologico curato da Chiara Ottaviano e Giorgio Flaccavento che ne hanno annunciato la pubblicazione nel corso della manifestazione “Liberi a Ragusa”.

In qualche modo lo stile dei “cunti” di Campanella richiama un altro caso letterario, quello di Vincenzo Rabito autore di “Terra matta”. Ma mentre Rabito ha raccontato in una lingua originale e irregolare la sua vita intrecciata con la storia del Novecento italiano, Campanella ha raccolto storie, preghiere, poesie, canzoni dalla tradizione orale. Ha cominciato a memorizzarli dall’età di 10 anni quando il padre nelle lunghe sere d’inverno, accanto al fuoco, gli raccontava “U cuntu della Divina commedia” oppure “U cuntu re ru frati”.

Anche la madre e la ‘gna Carmena, amica di famiglia, come altri anziani conoscenti erano la fonte orale del giovane contadino catturato dai “cunti”. Campanella, morto alcuni mesi fa a 91 anni, ha trascritto tutto nei sacchi per il mangime dei suoi animali. Poi, lasciata la campagna, è passato al computer e quindi al web. Il suo caso è stato scoperto da Chiara Ottaviano che lo ha raccontato nella pagina Facebook degli Archivi degli Iblei. Da quel momento è cominciato l’interesse degli studiosi. I “papiri” sono saltati fuori da un baule e ora diventano un libro, il sogno inappagato dello scrittore contadino.

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