I terribili messaggi della mamma che uccise il figlio di due anni: “E’ brutto. Facciamolo schiattare”

Il piccolo Francesco era stato soffocato dalla mamma, rea confessa, perché lo credeva autistico: ora gli avvocati chiedono la perizia psichiatrica

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Perché Adalgisa Gamba ha ucciso il figlioletto? E’ soprattutto: l’omicidio è premeditato? La donna, 41 anni, si trova di fronte alla Corte di Assise di Napoli, la quale ha disposto una perizia psichiatrica per accertare se l’imputata fosse capace di intendere e di volere nel momento in cui uccideva il piccolo Francesco, di due anni e mezzo, trovato senza vita su una spiaggia di Torre del Greco, il 2 gennaio del 2022.

Il pm Andreana Ambrosino della Procura di Torre Annunziata, come anche gli avvocati di parte civile, si sono opposti alla richiesta di perizia psichiatrica. Ma la decisione è giunta dopo una breve camera di consiglio da parte del tribunale giudicante. La donna era già stata sottoposta, per ben due volte, a perizie utili ad accertare le sue condizioni mentali. La premeditazione ipotizzata dalla procura si è delineata in aula come un’ipotesi più che fondata.

In aula, il tenente Marco Massimiano ha elencato alcuni dei messaggi inviati nei giorni precedenti, fino alle 16:30 del giorno del delitto. Massimiano è l’ufficiale dei carabinieri che ha espedito le indagini il quale, rispondendo alle domande del pm, ha elencato lo scambio di messaggi scioccanti tra la donna e il marito. “Non dorme, forse ci vuole ciuccio, o vogliamo farlo schiattare e magari si toglie il vizio?“, scriveva Adalgisa. Ma non solo. Il carabiniere ha anche elencato una serie di ricerche eseguite dall’imputata su Google. Era convinta che il figlio fosse autistico, pur senza una diagnosi medica in tal senso, e oltre a cercare informazioni sulla patologia cercava come poter assassinare un bambino. Inoltre, scriveva al marito: “Quanto è brutto“, in riferimento al figlio. E ancora: “La situazione è terribile. C’è qualcosa che non va“. Quest’ultima frase scritta perché il piccolo piangeva e non voleva addormentarsi. Il tutto è stato raccontato oggi in aula alla presenza dell marito della donna e dei i nonni paterni della piccola vittima, i quali non aveveno mai avuto sentore della possibile pericolosità di Adalgisa.

Ogni volta che ci rechiamo in carcere per incontrarla, la prima domanda che ci rivolge è ‘hanno capito come ho ucciso mio figlio?‘”. E’ quanto dichiarato dall’avvocato difensose della donna, Salvatore Del Giudice. C’è stata una decontestualizzazione – dice il legale secondo cui le frasi scritte dalla donna andrebbero interpretate – va messo l’accento sugli emoticon che compaiono in questi messaggi, un aspetto che è stato completamente tralasciato. Quando scrive “il bambino è brutto” le emoticon (sorridenti, ndr) fanno comprendere chiaramente che si non tratta parole pronunciate in un contesto violento. Dalle risposte del marito si comprende che non ha percepito un pericolo in quelle frasi. E’ una conversazione giocosa tra moglie e marito“.

E in merito alle terribili ricerche fatte su Google, il legale precisa che “si tratta di ricerche ossessive che rientrano, a nostro avviso, nel delirio di cui soffre l’imputata. Molte pagine non sono state neppure visualizzate. Quelle ricerche non erano finalizzate a commettere il reato ma sono solo il frutto del delirio in cui si trovava la signora, della dissociazione di cui soffre: le relazioni dei periti del carcere dimostrano che è affetta da un gravissimo disturbo psicotico di tipo patologico che non è stato curato, altrimenti non saremmo oggi in un tribunale. Ricordiamo che la madre dell’imputata è affetta da schizofrenia e che l’imputata ha subìto da piccola importanti traumi psicologici, fattori quasi sempre alla base di questi tipi di patologie“. Per il secondo legale della donna, l’avvocato Michele Coppola, “Questa tragedia si poteva e doveva evitare con le cure“. “Ci sono secondo noi altri elementi importanti da valutare, il primo è il luogo, cioé la spiaggia, dove sarebbe avvenuto il delitto; non sono stati eseguiti accertamenti per rinvenire qualsiasi altro elemento utile alle indagini”, conclude Coppola.

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