Arrestata la sorella di Matteo Messina Denaro: i pizzini rivelano verità inaspettate

Fu proprio uno dei pizzini scritti da Rosalia Messina Denaro sulle condizioni del fratello Matteo a portare all'arresto del boss di Cosa Nostra, latitante da 30 anni

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  • Questo è il segnale che avrebbe dovuto fare la sorella in caso sospettasse la presenza di forze dell'ordine / Foto Ansa
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La sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, arrestata questa mattina dai carabinieri, era il punto di riferimento del clan, si incontrava periodicamente con il fratello e con lui comunicava attraverso una serie di pizzini i cui contenuti stanno emergendo ora. In particolare, un appunto dettagliato sulle condizioni di salute del boss, scritto dalla donna e da lei nascosto nell’intercapedine di una sedia, ha dato agli investigatori l’input che ha portato, il 16 gennaio scorso, all’arresto del capomafia.

Questo particolare è emerso dall’inchiesta del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido che ha portato all’arresto di oggi. Il pizzino in questione è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre scorso mentre piazzavano delle cimici nell’abitazione di Rosalia Messina Denaro.

La microspia e il pizzino

I militari, eseguendo un decreto di intercettazione disposto dalla Procura, sono entrati in un appartamento di Castelvetrano utilizzato dalla sorella del boss la quale, a differenza delle altre sorelle che vivono a casa con la madre, abita da sola. La missione dei carabinieri era quella di piazzare delle microspie. Cercando il posto giusto per nasconderle, però, scoprono un appunto all’interno della gamba cava di una sedia in legno. Non lo prendono. Gli scattano una foto e lo rimettono al suo posto, per non insospettire la donna.

Qualche ora dopo gli inquirenti analizzano la foto e scoprono che si tratta del diario clinico di un malato di cancro. Da una breve indagine si scopre che nessuno dei familiari di Rosalia soffre di patologie oncologiche. Vista anche l’accuratezza con cui il biglietto è stato nascosto, si sospetta subito che nel pizzino si parli del latitante.

Andrea Bonafede e il tumore

I militari dell’Arma partono dalle indicazioni dettagliate sulla patologia e dalle date in cui il paziente, del quale ovviamente Rosalia non fa il nome, è stato operato. Attraverso accertamenti effettuati prima al Ministero della Salute e poi su banche dati sanitarie nazionali, arrivano a identificare un maschio di età compatibile con quella del latitante che si è sottoposto agli stessi interventi chirurgici indicati nell’appunto. Il suo nome è Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara e nipote del boss locale.

I tabulati telefonici dimostrano, però, che il geometra non può essere il paziente oncologico di cui si parla nel pizzino, perché nei giorni in cui il malato subiva le operazioni, una a Mazara del Vallo l’altra a Palermo, Bonafede si trovava a casa sua a Campobello. I sospetti che il malato sia dunque Matteo Messina Denaro diventano concreti. L’analisi della cartella sanitaria digitale porta gli inquirenti alla visita prenotata a nome Bonafede alla clinica “La Maddalena” di Palermo il 16 gennaio 2023. E proprio ale 9:15 di quel giorno scatta il blitz che mette fine alla latitanza del padrino di Cosa nostra durata trentanni.

Rosalia gestiva la cassa del clan

Rosalia ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione del flusso di denaro contante a disposizione della famiglia mafiosa. Ne sono convinti i magistrati della Procura di Palermo. Rosalia teneva la contabilità eseguendo gli ordini del fratello e consegnava i soldi a una serie di soggetti, rendicontando puntualmente di anno in anno entrate e uscite. In uno dei pizzini il boss ricorda al destinatario l’esistenza di una grossa provvista (64.100 euro) e le spese già affrontate (12.400 euro). E impartisce a chi avrebbe ricevuto il messaggio l’ordine su quanto spendere per il periodo successivo (“per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400“).

Tale espressione – scrive il gip che ha arrestato Rosalia Messia Denaro – rivela con certezza l’esistenza di un fondo riservato: il tenore della espressione ‘devi’ lascia certamente intendere che si tratta di somme da utilizzare non per il personale soddisfacimento di chi le aveva in custodia, ossia il destinatario del pizzino, ma assai verosimilmente doveva essere costui a sua volta a distribuire il denaro a terzi“. Natura della provvista, per i pm, è la “cassa“, “espressione oramai divenuta notoria con la quale le famiglie di Cosa nostra – continua il giudice – indicano la giacenza alimentata dai proventi illeciti di denaro in contanti, pronta a essere utilizzata, con cui l’articolazione o il mandamento mafioso fa fronte alle spese per i detenuti, per le loro famiglie, per gli onorari dei legali e più in generale per i bisogni degli associati“.

Rosalia incontrava il fratello boss

La progressione investigativa che ha condotto allo storico risultato della cattura dell’ultimo grande stragista è stata originata da uno scritto, improvvidamente custodito, sebbene abilmente occultato, proprio da Rosalia Messina Denaro. Il che dimostra che la donna era stata passo passo resa edotta dal latitante della scoperta della malattia e di tutti i successivi interventi chirurgici, avendo avuto probabilmente più volte occasioni per incontrarlo di persona e sincerarsi delle sue condizioni di salute“. Si legge nella misura cautelare con cui il gip di Palermo ha disposto l’arresto di Rosalia Messina Denaro, sorella dell’ex latitante finita in cella oggi. Una parte del provvedimento è dedicata al racconto dei passaggi che hanno portato alla cattura del boss.

L’appunto di cui parla il gip, è proprio il pizzino trovato nell’intercapedine della sedie, dove la donna aveva annotato tutto l’iter sanitario seguito dal fratello. Il giorno della cattura del capomafia gli inquirenti, perquisendo l’appartamento di Rosalia, l’hanno trovato esattamente nello stesso posto in cui l’avevano scoperto la prima volta. Era rimasto lì, e ciò dimostra che Rosalia ritenesse ancora sicuro il nascondiglio e non si è accorta della “visita” dei carabinieri.

La malattia seguita passo per passo

E’ dunque certo – spiega la Procura riportata dal gip – che sia stata Rosalia ad annotare sul ‘pizzino’ di volta in volta la progressione della malattia, delle cure effettuate e delle condizioni fisiche del fratello; ed è altrettanto certo che la scelta di conservare un grezzo diario clinico di Messina Denaro ha di fatto consentito alla polizia giudiziaria di acquisire fondamentali e decisive informazioni sulla possibilità di localizzare il latitante“.

Già prima del ritrovamento del pizzino, nel corso delle indagini, erano emerse informazioni sulle malattie del boss. Non quelle oncologiche che hanno portato al suo arresto, però. Grazie ad alcune intercettazioni, infatti, nel 2022, si intuì che il boss potesse soffrire di una riacutizzazione del morbo di Chron. Circostanza che aveva indirizzato gli inquirenti verso quel percorso diagnostico, ma la pista non diede risultati.

Le falle nella rete dei pizzini di Messina Denaro

Dopo l’arresto dell’ex latitante i pizzini scoperti sono stati decine, alcuni dei quali visibili nella gallery fotografica scorrevole in alto. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti, e indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di “Fragolone (soprannome della sorella Rosalia ndr), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela“. I pizzini venivano veicolati attraverso una catena, più o meno lunga, di fedelissimi, che lo stesso boss, nei suoi scritti, definiva ‘tramiti’. Nel sistema del latitante finora ancora più impenetrabile di quello degli altri capi, però, c’era una falla.

Per anni Messina Denaro ha adottato mille cautele, prima fra tutte quella di non Iasciare traccia dei biglietti che venivano rigorosamente distrutti dopo la lettura. Stavolta però il boss è stato il primo a non osservare la regola “avendo la necessità di dialogare in termini più brevi e con minori precauzioni con i suoi familiari, – scrive il gip – e talvolta di conservare la posta, soprattutto quella in uscita, come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte“. Un errore che ha commesso anche la sorella Rosalia la quale, come si legge nella misura cautelare, “ha colpevolmente evitato di distruggere alcuni dei pizzini ricevuti dal fratello o comunque, ne ha trascritto il contenuto su appunti manoscritti e occultati nella sua abitazione a Castelvetrano e nella sua casa di campagna a Contrada Strasatti di Campobello di Mazara“. Errori che hanno consentito ai carabinieri di acquisire “preziosissimi elementi probatori da cui potere documentare con certezza il ruolo di tramite e di fedele esecutrice degli ordini del latitante svolto dalla donna nel corso di diversi anni“.

Il contenuto dei pizzini: la figlia Lorenza

Che i rapporti con la figlia naturale Lorenza del boss Matteo Messina Denaro non fossero buoni è cosa nota. La riprova è in un o dei tanti pizzini. Il capomafia racconta di aver letto il necrologio che la nipote del mafioso Leonardo Bonafede aveva fatto dopo la morte del nonno. “Ah, questa ragazza è cresciuta senza padre, lo arrestarono il padre quando lei era molto piccola“, racconta Messina Denaro. “Dai conti che faccio è poco più grande di Lorenza, quindi stessa generazione, e sicuramente si conoscono arche perché andavano nello stesso liceo negli stessi anni. Quello che so di questa ragazza: è cresciuta con la madre, ha studiato, ha fatto il liceo scientifico, poi si è laureata in architettura credo, ed oggi lavora sfruttando la sua laurea – spiega -. Fu sempre fidanzata con lo stesso ragazzo un paio di anni fa si è sposata con lo stesso, e la scorsa estate ha avuto una bambina. Vi ho raccontato la storia di lei perché ha fatto il necrologio, ma vi potrei raccontare la storia di tante con il padre assente e della stessa generazione, perché sono informato di tutte quelle a cui manca il padre“.

Ebbene – si sfoga il boss – nessuno ha fatto la fine di Lorenza, sono tutte sistemate, che voglio dire? È l’ambiente in cui cresci che ti forma, e lei è cresciuta molo male“. Riferendo una frase del necrologio in cui la Bonafede si dice onorata di appartenere al nonno, il boss conclude: “la mancanza del padre non è di per se’ motivo di degenerazione educativa, è solo Lorenza che è degenerata nell’intimo, le altre di cui so sono tutte cresciute onestamente“.

“Perseguitati da uno Stato che non riconosco”

“Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto lo ritengo un onore. Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie. Trattati come se non fossimo della razza umana. Siamo diventati un’etnia da cancellare. Eppure, siamo figli di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo. Siamo siciliani e tali volevamo restare“. Così scriveva il boss in un messaggio rivolto ai suoi familiari.

Hanno costruito una grande bugia per il popolo. Noi il male, loro il bene. Hanno affossato la nostra terra con questa bugia – proseguiva –. Ogni volta che c’è un nuovo arresto si allarga l’albo degli uomini e delle donne che soffrono per questa terra. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciare passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza. Questo siamo ed un giorno sono convinto che tutto ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quel che ci ha tolto la vita“.

“Se c’è un pericolo appendi uno straccio”

Il fratello spiegava a Rosalia, anche con dei disegni, passo passo, come mantenere i contatti con i suoi uomini, come accertare la presenza di eventuali telecamere degli investigatori e distruggerle e quali segnali – come lo straccio appeso alla finestra – lanciare nel caso in cui temesse la presenza degli inquirenti. “Nel caso di Condor c’è qualcosa che non va, devi mettere questo segnale che ti allego al disegno 1. Conosci il posto. Metti a stendere uno straccio o più stracci, il colore non importa, io li ho dipinti di blu, ma può essere di qualsiasi colore – spiegava il boss alla sorella in un pizzino -. Messo in quel posto Reparto (nome in codice ndr) se ne accorge da lontano e non si avvicinerà ed andrà via. Naturalmente se accade ciò si perdono i contatti quindi devi essere sicuro che ci sia qualcosa che non va, non vorrei perdere i contatti per un falso allarme“.

“Non sarò mai dimenticato”

Non si deve mai ritornare da una persona dalla quale ci siamo allontanati. E’ una regola della mia vita. Ho pochissime regole di vita e questa è una. Arrivato a un certo punto della mia vita ho pensato che il mondo fosse da qualche altra parte e che da quell’altra parte ormai non ci fossero più strade che conducessero fino a me“. E’ qusto il testo di un altro dei pizzini scritti da Matteo Messina Denaro. Il capomafia era solito appuntare anche riflessioni e pensieri “esistenziali“.

Ma comunque un essere umano muore veramente quando viene dimenticato e io credo che non lo sarò mai- scriveva –. Le persone che ho amato, i miei affetti, non si dimenticheranno mai di me. Ho conosciuto tante persone coraggiose con le pecore e pecore con le persone coraggiose. Ho sempre disprezzato questo modo di vivere, che schifo“. E ancora: “ho sempre pensato sarebbe bene sapere quando è la mia ultima notte sulla terra piuttosto che venire investito o qualcosa del genere. La vita è più complessa di una promessa“. Tra i pizzini anche il giudizio sul padre, anch’egli capomafia morto latitante: “Non ci sono più persone come mio padre. Quel genere di persone è sparito per sempre“.

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