Open Arms, un ufficiale della Marina: “non c’era pericolo”. Deposizione nel processo a carico di Matteo Salvini

Le parole del capitano di vascello Andrea Pellegrino, ufficiale della Marina militare, sentito come teste al processo Open Arms in cui è imputato il ministro Matteo Salvini

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Dalle informazioni ricevute non emergeva alcun segnale di pericolo“. Lo ha detto più volte il capitano di vascello Andrea Pellegrino, ufficiale della Marina militare, sentito come teste al processo Open Arms in cui è imputato il ministro Matteo Salvini. Pellegrino ha spiegato così la ragione per cui nell’agosto 2019 il sottomarino “Venuti” osservò e registrò le operazioni di salvataggio di un gruppo di migranti da parte della nave ong spagnola ma non intervenne. Sull’operazione l’ufficiale aveva presentato a suo tempo una relazione sulla quale è stato chiamato ora a dare chiarimenti. Il punto centrale della sua deposizione ha riguardato l’eventuale condizione di pericolo del ‘barchino’ dei migranti che avrebbe richiesto un intervento di salvataggio. Pellegrino ha sostenuto che questa esigenza non è stata avvertita perché l’imbarcazione aveva un assetto normale e una apparente buona navigabilità. Un passaggio della relazione di Pellegrino ha poi provocato un serrato confronto tra la difesa e le parti civili. L’ufficiale ha descritto i movimenti della Open Arms che all’improvviso avrebbe cambiato rotta. E questo ha alimentato l’ipotesi, solo l’ipotesi, che la nave potesse recarsi a un appuntamento con gli scafisti. Ma è un aspetto del caso sul quale, ha detto, non si hanno certezze.

Open Arms, i periti: “barca dei migranti in condizioni critiche”

Un barchino lungo meno di 12 metri con 55 migranti ammassati a bordo (quattro volte più del normale) e in “condizioni critiche di sicurezza”. Questo era lo stato della barca soccorsa dalla nave Open Arms, che l’1 agosto 2019 raccolse in mare 147 persone. Lo hanno descritto, prima con una lunga relazione e ora con la deposizione in aula nel processo a carico di Matteo Salvini, due consulenti tecnici della procura: Renato Magazzù e Dario Megna. A loro giudizio, quella barca in “navigazione in alto mare”, priva di ogni standard di sicurezza ed esposta al rischio dello spostamento del carico umano, presentava condizioni di grande precarietà di galleggiamento. La mera galleggiabilità del ‘barchino’, rilevato dal sommergibile “Venuti” che osservò ogni operazione ma non intervenne, non basta a escludere la sussistenza di pericoli.

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