Le bufale Nopontiste non risparmiano neanche i morti

I professionisti del “no tutto”, spalleggiati dagli amici del traghetto (interessati) e dai proprietari delle (seconde) case di capo Peloro e Torre Faro, di bufale ne hanno sfornate altre e, con sprezzo del ridicolo, le stanno già rilanciando su siti web e social network

StrettoWeb

Di bufale ne abbiamo lette tante, negli ultimi anni, a proposito del Ponte sullo Stretto. Ma da quando, pochi giorni fa, è stato pubblicato il Decreto del governo che rimette in moto l’iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, a 10 anni dallo stop imposto dal governo Monti all’opera già appaltata, il nopontismo peloso le ha rilanciate alla grande, su social e giornali compiacenti. Sapevamo già dell’improbabile impatto degli uccelli migratori sui due piloni, piazzati proprio sulla loro rotta da perfidi ingegneri, nemici giurati dei volatili. Così come ci siamo imbattuti nelle filippiche di improvvisati ambientalisti a favore di delfini e balene, che sarebbero spaventati a morte dall’ombra della campata da realizzare sullo Stretto. Poco importa se appositi studi (costati decine di migliaia di euro) abbiano appurato che le rotte dei migratori passano a quote ben più alte della cima dei piloni; e che delfini e balene neanche si accorgerebbero dell’ombra di una struttura (l’impalcato del Ponte) situata 70 metri sul livello del mare. Ma statene certi: queste bufale continuerete a leggerle su giornali e siti web, ed a sentirle alla radio ed alla TV. E non saranno le uniche.

I professionisti del “no tutto”, spalleggiati dagli amici del traghetto (interessati) e dai proprietari delle (seconde) case di capo Peloro e Torre Faro, di bufale ne hanno sfornate altre e, con sprezzo del ridicolo, le stanno già rilanciando su siti web e social network. E nella lotta senza quartiere all’opera di collegamento stabile, non si fermano neanche davanti ai morti. Una delle bufale più clamorose, infatti, riguarda la completa distruzione non di non uno, ma di due cimiteri nel messinese, per far spazio al pilone siciliano del Ponte. Con conseguente, irrimediabile disturbo arrecato all’eterno riposo dei loro ospiti. Uno scandalo senza precedenti.

Peccato che non sia vero niente. Basta osservare le carte progettuali, ed in particolare quelle che riguardano il sedime della aree interessate, con le particelle da espropriare, per comprendere la portata di questa fake news in salsa peloritana. Talmente ripetuta, con tanto di testate giornalistiche a ribadirla, da diventare una verità in libera circolazione, nei bar come nei salotti “bene” di Messina. In realtà, in zona c’è un solo cimitero, quello di Granatàri che non rischia assolutamente nulla, tanto meno di essere cancellato dalla carta geografica e dalla memoria dei messinesi. L’area cimiteriale, ricade semplicemente vicino ad uno dei previsti blocchi di ancoraggio dei cavi del Ponte, trovandosi ben al di fuori del suo sedime. Non se ne prevede l’esproprio né, tanto meno, la distruzione.

L’unica interferenza con l’opera riguarda, in realtà, un piccolo edificio per loculi, ricadente all’interno del cimitero, la cui parte sommitale finirebbe vicina ai cavi di cui sopra. Per garantire la sicurezza di questi ultimi, il progetto del Ponte prevede la parziale demolizione della costruzione, previo spostamento dei pochi loculi interessati in una struttura da realizzare appositamente nelle vicinanze, nuova di zecca.
Un’operazione, ad essere onesti, che migliorerà l’eterno riposo dei pochissimi defunti interessati, anziché sancire la compromissione dell’intero complesso cimiteriale, come sostenuto da chi, a corto di argomenti, ha pensato bene di sollecitare il notorio rispetto dei messinesi per chi non c’è più. Tuttavia, nell’epoca dei social, le informazioni girano veloci, si riflette poco e ci si informa ancora meno; al punto che persino i terrapiattisti riescono a farsi prendere sul serio, insieme a qualche no pontista un po’ troppo fantasioso.

Può quindi capitare che questa corsa a chi la spara più grossa sia abilmente sfruttata da chi, per interessi molto personali, si oppone ad un’opera fondamentale per l’interesse pubblico: basti pensare ai 6,5 miliardi di euro che costa, a tutti i siciliani, l’isolamento dal continente. I costi per la realizzazione del Ponte e delle opere di collegamento alla rete stradale e ferroviaria esistente, stimati in 10 miliardi, sarebbero recuperati in appena 18 mesi.

Ponte blocco ancoraggio

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