Rogo di Primavalle, ex BR shock: “fu solo un’azione mal organizzata”. Vergogna!

Sul rogo di Primavalle c'è ancora chi ha il coraggio di contestare i fatti e le parole di Giorgia Meloni dicendo che si è trattato di un incidente

StrettoWeb

I fratelli Virgilio e Stefano Mattei di 22 e 8 anni furono vittime di una terribile azione stragista, quella del Rogo di Primavalle. A distanza di cinquant’anni dalla tragedia, però, c’è ancora chi sostiene che la strage in cui morirono arsi vivi due ragazzi fu “un incidente“. Parole shock, quelle pronunciate all’Adnkronos dall’ex brigatista Francesco Piccioni. Secondo quest’ultimo sono “propaganda” le affermazioni del presidente del Consiglio che oggi, in un messaggio alla Fondazione Mattei, ha inviato alla pacificazione nazionale.

“Nessuno ha mai detto che quell’episodio di Primavalle è stata un’azione condivisibile, una cosa ben fatta, nessuna organizzazione della sinistra parlamentare e nemmeno di quelle che successivamente hanno fatto la lotta armata – dice Piccioni – Quello è un classico episodio di un’azione mal organizzata, mal pensata che produsse un disastro, ma non è una manifestazione d’odio particolare, doveva essere un’azione poco più che dimostrativa, ma come in tutte le cose, quando si gioca col fuoco si rischia sempre di fare casino. Da quel punto di vista è più un incidente che una manifestazione d’odio, dunque quella della Meloni è propaganda”.

È una sua speranza quella di avere una pacificazione dettata da lei – chiosa l’ex Br –, cioè di riscrivere la storia cancellando le responsabilità dei fascisti in questo paese dopo il fascismo: non parliamo del Ventennio ma di quello che ha fatto il Msi, cioè il fascismo reale, nell’Italia del dopoguerra. Una pacificazione riscritta da quelli che facevano le stragi sui treni e nelle banche lascia qualche perplessità, diciamo”.

19730416:L’APPARTAMENTO DEI MATTEI/ANSA/ARCHIVIO

Il messaggio di Giorgia Meloni sul Rogo di Primavalle

Di seguito il messaggio integrale del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni inviato al Presidente dell’Associazione Fratelli Mattei, Giampaolo Mattei, in occasione della cerimonia di commemorazione del 50° anniversario della strage di Primavalle:

Gentile Presidente, caro Giampaolo,

il 16 aprile di cinquant’anni fa l’Italia e Roma hanno vissuto una delle pagine più buie della storia nazionale. Con il rogo di Primavalle e il barbaro assassinio di Stefano e Virgilio Mattei, il nostro popolo è stato costretto a prendere coscienza di una realtà che si andava affermando ma che in tanti continuavano a voler ignorare: l’odio cieco e totale nei confronti dell’avversario politico. Un odio allo stato puro che stava divorando la mente e il cuore di molti e che stava avvelenando la Nazione.

L’atroce uccisione di due giovani innocenti di 10 e 22 anni, colpevoli di essere figli del segretario della locale sezione del Movimento Sociale Italiano, fece toccare alla violenza politica un punto di non ritorno. La terribile strage di Primavalle non è rimasta, purtroppo, isolata. Ad essa è seguita una lunga catena di morte e dolore che ha insanguinato le nostre città, ha distrutto intere famiglie e ha segnato per sempre la vita di tanti nostri connazionali, lacerando il nostro tessuto sociale e contribuendo a spalancare le porte all’abisso del terrorismo.

“Erano gli anni dell’odio”, come ha correttamente sottolineato il senatore Verini giovedì scorso nell’Aula del Senato della Repubblica. Sì, erano gli anni nei quali l’avversario politico era un nemico da abbattere, erano gli anni dei cattivi maestri sempre pronti a giustificare anche il più orrendo dei crimini o a costruire false verità per coprire i responsabili, erano gli anni delle fazioni contrapposte e della delegittimazione reciproca.

Il popolo italiano ha saputo superare quegli anni così duri. Non lo ha fatto senza difficoltà. Le cicatrici delle profonde ferite subite ne sono il segno concreto e, spesso, tornano a far male. Non possiamo cancellare la storia o chiedere alle famiglie delle vittime di dimenticare ciò che è successo. Non possiamo restituire la vita ai troppi giovani che l’hanno sacrificata ad un’ingiusta violenza. Quello che possiamo fare oggi è tenere viva la memoria di quanto accaduto, per evitare il pericolo di ricadute e condurre l’Italia e il nostro popolo verso una piena e vera pacificazione nazionale.

È l’obiettivo che l’Associazione Fratelli Mattei persegue fin dalla sua fondazione e che era nel cuore della signora Anna, donna straordinaria che non ha mai smesso di chiedere giustizia per i suoi figli e che ha impegnato tutta la sua vita con la forza della testimonianza. È l’obiettivo che mi auguro tutte le forze politiche, le Istituzioni, le agenzie educative e la società vogliano porsi per trasmettere alle nuove generazioni un messaggio di rispetto e tolleranza. Perché nel confronto politico non ci siano più nemici da abbattere o da distruggere, ma soltanto avversari, con i quali confrontarsi civilmente e nel riconoscimento reciproco.

Buon lavoro“.

rogo di primavalle
Foto Ansa

La vicenda giudiziaria del rogo di Primavalle

Ma cosa accadde quel giorno di 50 anni fa? Tutto iniziò da un rogo appiccato sul pianerottolo di un’abitazione di un condominio di via Bernardo da Bibbiena, nel quartiere di Primavalle, a Roma. Era la notte tra il 15 e il 16 aprile del 1973.

In quell’appartamento viveva Mario Mattei, netturbino e segretario della sezione di zona del Movimento Sociale Italiano. In casa era presente l’uomo, 48 anni, la moglie e sei figli, Virgilio, Lucia, Silvia, Antonella, Stefano e Giampaolo. La donna, che aveva con sé i figli più piccoli, Giampaolo e Antonella, riuscì a mettersi in salvo, Mattei rimase in casa riuscendo a salvarsi e a calare da una finestra Silvia e Lucia. Virgilio, di 22 anni, e Stefano, di 8, non riuscirono a gettarsi dalla finestra e morirono bruciati.

Il tutto avvenne davanti ad una folla che si era accumulata nei pressi dell’abitazione. Decine di persone assistettero alla progressiva morte di Virgilio, rimasto appoggiato al davanzale, e di Stefano, scivolato all’indietro dopo che il fratello maggiore che lo teneva con sé, perse le forze. Gli attentatori lasciarono una rivendicazione sul posto. Altro che incidente.

Le indagini, che subirono anche tentativi di depistaggio per accreditare l’ipotesi di una faida interna alla destra, si orientarono sugli ambienti della sinistra extraparlamentare e vennero indagati appartenenti a Potere Operaio. L’attività investigativa portò all’individuazione di alcuni militanti. Di questi l’unico a finire in carcere per alcuni anni fu Achille Lollo a cui furono inflitti con sentenza definitiva, in una sentenza che non riconobbe l’aggravante terroristica, 18 anni di carcere.

La Procura gli contestò, assieme agli altri due imputati Manlio Grillo e Marino Clavo, il reato di incendio doloso, duplice omicidio colposo e uso di esplosivo e materiale incendiario. Grillo fuggì in Nicaragua e di Clavo si persero le tracce mentre Lollo prima della pronuncia definitiva della Cassazione riuscì a fuggire in Brasile.

Per tutti e tre la pena venne dichiarata estinta, attraverso un complesso meccanismo di calcolo, il 12 ottobre 2003. Nel 2005 i pm di piazzale Clodio riaprirono le indagini. Una iniziativa legata ad una intervista in cui Lollo affermò che all’attentato parteciparono altre tre persone: Elisabetta Lecco, Diana Perrone e Paolo Gaeta. Circostanza tuttavia smentita da Manlio Grillo.

I tre finirono nel registro degli indagati per il reato di strage ma la loro posizione fu archiviata l’anno successivo. L’ex militante di Potere Operaio venne convocato a piazzale Clodio nel gennaio del 2011, dopo essere rientrato in Italia dal Brasile per essere ascoltato dall’allora sostituto procuratore capitolino Luca Tescaroli. Lollo, accompagnato dal suo difensore, si avvalse della facoltà di non rispondere.

Vista l’impossibilità ad approfondire i temi di quella intervista, la Procura ottenne l’archiviazione del fascicolo processuale soprattutto in virtù della scadenza dei termini (due anni) per lo svolgimento degli accertamenti nei confronti dei tre indagati, citati da Lollo che è morto il 3 agosto del 2021 a 70 anni nell’ ospedale di Bracciano, centro in provincia di Roma, dove si trovava ricoverato da alcuni giorni.

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