Dimissioni preventive

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È in corso una polemica durissima sulle scelte che il governo Meloni ha fatto per le nomine nel consiglio d’amministrazione della RAI. Anche i critici più feroci hanno dovuto però ammettere che queste nomine sono state fatte seguendo le norme di legge risalenti a un passato remoto e leggiadramente aggiornate da una maggioranza di ‘sinistra’ che – con la regia di Renzi – badò bene ai propri interessi di bottega con la legge 220/2015. È la legge che ha ridefinito il consiglio di amministrazione della RAI, ridotto da nove a sette membri, e le modalità di designazione dei suoi membri. La legge venne presentata a suo tempo come una grande riforma che avrebbe ricondotto alla ragione la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi che, coi suoi poteri di nomina del cda ha storicamente esercitato il controllo politico sulla radiotelevisione italiana.

Fuori i partiti dalla RAI? Nemmeno per sogno; il nuovo statuto della Rai prevede che la composizione del Cda sia così definita: due eletti dalla Camera dei deputati e due eletti dal Senato della Repubblica, due designati dal Consiglio dei ministri (su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze), uno designato dall’assemblea dei dipendenti della Rai spa.

Buone o cattive che siano queste norme, la ‘sinistra’, fino a quando ha avuto le mani in pasta, non si era scandalizzata della composizione così decretata e che metteva nelle sue mani il potere di direzione politica; si scandalizza oggi quando – pur avendo ora ottenuto la sua parte di nomine – questo potere sembra passato nelle mani di altri, della ‘destra’!

Roberto Zaccaria è un personaggio assai noto per le sue poliedriche attività e qualità, tra le quali quelle di pitagorico inventore di teoremi geniali. L’ultimo dei quali – enunciato in un salotto televisivo ‘robespierrista’ – è in breve questo: ci sono lottizzazioni e lottizzazioni; ci sono quelle buone e quelle cattive: la lottizzazione che mi elevò a Presidente della RAI è il prototipo di quelle buone.

Fin qui niente di male. Si sa che ognuno di noi tende sempre a sopravvalutarsi e a vantarsi.

Ma Zaccaria non si è limitato a dire che, quando egli fu nominato come capofila della ‘sinistra’ nel cda della RAI, la cosa fu buona e giusta; egli ha esteso il giudizio positivo su tutti i nominati dalla ‘sinistra’ nei secoli dei secoli.

Il che, se si vuole, è pure giusto in virtù del fatto tutti gli appartenenti alla ‘falange’ della ‘sinistra’ sentono di essere i migliori, intellettualmente, culturalmente, politicamente e, soprattutto, moralmente. Anche ad essi è quindi concesso che si autostimino sia pure più del giusto e del necessario.

Ma no, Zaccaria, già professore, deputato ulivista e cda RAI, ha voluto affermare una regola più alta e sistemica, cioè che quando è la ‘sinistra’ a lottizzare e a nominare bisogna chinare il capo e baciare il terreno da essa calpestato.

Apriti cielo! La ‘sinistra’ non si rassegna. È all’attacco contro tutto quello che fa il governo, giusto o sbagliato che sia.

Per restare solo alla questione della RAI, è stato scatenato un putiferio per il fatto che l’inossidabile Fazio, avendo stipulato un lauto contratto con un’altra emittente televisiva, ha scelto autonomamente di andarsene dalla RAI: i suoi orfani si strappano le vesti e dicono che gli amministratori della RAI avrebbero dovuto trattenere ad ogni costo, anche a dargli uno stipendio doppio di quello che prendeva! E che era già ragguardevole!

Ora, l’altra dioscura della ‘sinistra’, che da anni illustrava la tv pubblica con la sua obiettiva faziosità, la mezzorista Lucia Annunziata, già Presidente della RAI in quota ‘comunista’, ha fatto la mossa grandiosa di presentare dimissioni ‘preventive’, «irrevocabili».

Dimissioni preventive dicevamo: nel timore di ‘angherie’ e ‘incursioni’ nel suo bel programma da parte delle camicie nere del cda, la simpatica rivoluzionaria ha messo le mani avanti e, nella lettera inviata al nuovo amministratore delegato della RAI, Roberto Sergio, ha levato questo grido di dolore: «Vi arrivo perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti né sui metodi; in particolare non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai … Non ci sono le condizioni per una collaborazione. Non intendo avviarmi sulla strada di una permanente conflittualità interna sul lavoro».

Dobbiamo supporre che, fino ad ora, l’Annunziata è rimasta al suo posto perché condivideva tutto dell’operato dei governi precedenti. Infatti ce n’eravamo accorti.

Non entriamo nel merito dei suoi timori ma possiamo dire che non ci sembra che, a sollevarli, possano essere state sufficienti le poche o molte critiche che, per le inclinazioni e opinioni da lei espresse nelle sue interminabili mezz’ore, le hanno legittimamente rivolto alcuni dei suoi ascoltatori, ma non i suoi datori di lavoro.

Se si fosse turbata per così poco, dovremmo pensare che sia una tremebonda. Ma forse è l’idea più raffinata che l’Annunziata ha dei suoi compiti giornalistici a renderla ipersensibile alle critiche: forse lei pensa che debba soltanto farci conoscere le sue opinioni e non farci conoscere i fatti?

Per questo atto eroico, l’Annunziata ha ricevuto, oltre che l’apprezzamento unanime dei correligionari, anche la solidarietà dell’altro immarcescibile ‘mezzobusto’ delle tv nostrane, Enrico Mentana: «Evidentemente Annunziata fa parte di quella categoria che preferisce andarsene da sola, con le sue gambe».

La Schlein ha evocato addirittura la tragedia greca: «È una gravissima perdita quella di una professionista di qualità per la tv pubblica. Questo è un impoverimento della tv pubblica che rischia di indebolirsi a vantaggio della concorrenza. A meno che non sia proprio questa la strategia del Governo visto che hanno un colossale conflitto di interesse. Siamo estremamente preoccupati perché il Governo sta procedendo a spallate all’occupazione della Rai. Hanno fatto tutto da soli».

La povera martire, che già ha ricevuto la sua buona uscita quando uscì dalla carica presidenziale come prima l’aveva ricevuta cessando dalle sue cariche giornalistiche, si appresta ora a riceverne un’altra abbastanza lauta e, quindi, si potrà consolare; anche noi però potremo consolarci perché finalmente perderemo le sue mezzorate in cui ci ha deliziato.

E poi, pare che la Schlein l’abbia invogliata a compiere questo passo da ‘ardita’, ma di ‘sinistra’, promettendole un seggio nel prossimo Parlamento europeo.

Che la RAI sia sempre rimasta – in tutte le stagioni – una EIAR irredimibile, lo sapevamo; sapevamo che, come ci ha insegnato Gianni Boncompagni, la RAI non è la BBC: dietro il paravento del cosiddetto servizio pubblico si nasconde sempre il direttorio politico e, ciò che è peggio, si nasconde un apparato sempre più gigantesco e costoso, una greppia che foraggia troppo abbondantemente, fino a farli scoppiare, schiere di privilegiati, ‘nani e ballerine’ insieme a qualche gigante. Ma il pasto è sempre troppo lauto anche per i giganti.

Ciò che non sappiamo è come uscirne! Forse lo sa la Schlein che ha promesso che «Giorgia Meloni sarà l’ultimo Presidente del Consiglio a mettere le mani sulla RAI».

Promessa da marinaio? Temo di sì: se, il prossimo Presidente sarà la Schlein – Dio ce ne scampi – ci metterà le mani e i piedi.

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