Aspromonte sinonimo di ‘ndrangheta: quando il razzismo ce l’abbiamo in casa

Utilizzare il termine Aspromonte come sinonimo di 'ndrangheta equivale a voler marchiare a fuoco un intero popolo, fatto da tanta gente onesta e operosa

StrettoWeb

Viviamo in un paese dove non si può dire a nessuno, pubblicamente, che gli zingari sono perlopiù dei ladri. Si rischia la denuncia. Si chiama odio razziale. Viviamo in un paese dove bisogna stare attenti ad ogni passo che si compie, ad ogni parola: delle donne non si può parlare male. Perché sono donne e guai a parlarne male. Delle persone di colore non si può parlare male. Perché sono di colore e guai a parlarne male. Dei trans non si può parlare male. Perché sono trans e guai a parlarne male.

E poco importa se chi ne parla male lo fa perché, magari, come molti altri esseri umani, quelle donne, quelle persone di colore o quei trans, hanno compiuto cattive azioni: siccome li considerano ‘fasce protette’, anche se ci troviamo di fronte al peggiore dei criminali, non puoi dire nulla perché altrimenti sei un fascista impenitente. E forse è anche giusto. O forse non lo capiranno mai, i perbenisti e benpensanti, che così facendo non fanno altro che inasprire, purtroppo, l’odio razziale e le differenze di genere. Ma tant’è: a lavare la testa all’asino si perde acqua e sapone, dicono.

Succede però, sempre nello stesso Paese, che se vuoi definire tutta la gente d’Aspromonte ‘mafiosa’ puoi farlo. E non solo puoi farlo in privato, ma anche a livello istituzionale. La Guardia di Finanza ha messo a segno un duro colpo alla ‘ndrangheta: sono scattate le manette attorno ai polsi di 41 persone tra cui emiliani, cinesi e alcuni calabresi. Si trattava di un gruppo dedito allo spaccio internazionale di sostanze stupefacenti. Ben 41 persone delle quali bisognerà poi vedere, al termine del processo, quante risulteranno effettivamente colpevoli, ma questo è un altro discorso.

Il problema è che l’operazione, che ha visto agire e indagare gli investigatori su gruppi che si spostavano dalla Colombia all’Emilia-Romagna, con la collaborazione di criminali cinesi è stata denominata “Aspromonte emiliano“.
A-S-P-R-O-M-O-N-T-E-E-M-I-L-I-A-N-O!
Si resta allibiti solo a leggerlo. Fa un po’ ridere, a dire il vero, ma fa anche riflettere. Che significa? Che l’Aspromonte è diventato ora sinonimo di ‘ndrangheta? Da quando? E perché nessuno può replicare a questa immane offesa nei confronti di un intero popolo?

La ‘ndrangheta è di certo un grave macigno per la Calabria e per l’Aspromonte, ma non si può e non si deve fare di tutta un’erba un fascio. Ormai da anni, come è noto, le cosche ‘ndranghetiste proliferano al Nord Italia e all’estero, dove possono certo chiudere affari migliori che in Calabria. E sebbene la matrice ‘calabrese’ resti comunque, utilizzare il termine Aspromonte come sinonimo di ‘ndrangheta equivale a voler marchiare a fuoco un intero popolo e un intero, meraviglioso, territorio, che a fatica sta cercando di togliersi di dosso un marchio di infamia.

Peccato però che passi in sordina il fatto che i primi ‘giusti’ che arrivano da fuori, senza magari aver mai messo piede in terra aspromontana, giudichino quel popolo e lo ri-marchino. Affinché nessuno dimentichi che la ‘ndrangheta è nata in Aspromonte e loro, gli aspromontani, anche quelli onesti, sono gli unici a doverne pagarne le conseguenze. Come fosse una millenaria maledizione.

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