Giulia e Simona: due vite, due tempi e un terribile destino comune

Il corpo di Giulia Tramontano, ritrovato la notte scorsa, riapre una ferita destinata, purtroppo, a non rimarginarsi mai

StrettoWeb

Lei si chiamava Simona. Ho visto indirettamente l’ansia della sua famiglia, durata quasi un mese, mentre sperava che fosse solo scappata. Ho visto quando recuperavano il suo corpo, rimasto incastrato in un rovo, ai bordi di un fiume, per settimane. Ho visto il dolore negli occhi della sua mamma e del suo papà e prima ancora ho conosciuto l’ansia di chi doveva dire loro che la loro piccola era morta.

Ho sentito come il suo ex ragazzo, che le aveva chiesto un ultimo incontro chiarificatore, le avesse sparato con la sua arma di ordinanza, con le modalità di un’esecuzione: un colpo in testa, senza esitazione. Ho sentito come lui, carabiniere, abbia poi fatto finta di preoccuparsi per lei, indagando sulla sua scomparsa. Ho sentito come, sempre lui, sia stato messo alle strette dai colleghi, inorriditi, e abbia confessato il delitto.

In tribunale, ho guardato negli occhi la mandante dell’omicidio, ovvero la compagna di lui, che voleva eliminare Simona per rendere più ‘pura’ la sua relazione. L’ho vista ‘sfilare’ in aula, come se fosse un palcoscenico, senza alcuna traccia di pentimento.

Ho visto lui, senza spina dorsale, ‘pentirsi’ e puntare il dito contro la compagna, madre di suo figlio, che aveva organizzato tutto nei minimi particolari. Lui, che era stato ‘solo’ un mero e squallido esecutore. Per tutto questo, e per tanto tanto altro di questa storia di cui faccio persino fatica a scrivere, Simona non la posso dimenticare. E non la voglio dimenticare.

La mandante dell’omicidio di Simona

La osservavo. Cercavo di carpirne ogni movenza, ogni gesto, ogni sguardo. Volevo capire come può una persona, un essere umano, anche solo pensare di togliere la vita ad un altro essere umano per motivi talmente futili da sembrare banali. Da essere, banali. Era l’11 gennaio 2012 e quella era solo l’udienza preliminare per Ilaria Mortarini, la compagna dell’ex carabiniere Luca Sainaghi, reo confesso e già condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Simona Melchionda.

La Mortarini in tribunale rideva spesso con i suoi avvocati, non curante del fatto che poco distanti da lei ci fossero i genitori e il fratello di Simona Melchionda. Sembrava sicura di sé. In apparenza. Alla fine venne condannata, e i suoi 30 anni di pena da scontare come mandante dell’omicidio vennero confermati fino al terzo grado di giudizio: era stata lei a chiedere a Luca di uccidere Simona. Per gelosia. Per dimostrare che lui, che con Simona aveva avuto una storia, l’aveva definitivamente dimenticata ed era così pronto ad assicurare a Ilaria, e al loro piccolo appena nato, una storia ‘pura’, come lei stessa la definì, senza legami con il passato e con Simona.

Il ritrovamento del corpo

Ero lì quando il corpo di Simona, in quell’afoso giorno di inizio luglio del 2010, è stato recuperato dal Ticino, incastrato tra i rovi e rinvenuto solo grazie alla secca. Era da quasi un mese che di Simona non si avevano più notizie. Ero in agenzia di viaggi con il mio futuro marito: stavamo decidendo dove saremmo andati in viaggio di nozze. All’improvviso arrivò a me e ad altri giornalisti della zona il messaggio che avrei sperato non arrivasse mai: purtroppo il corpo di Simona era stato individuato, ma era difficile recuperarlo per via del terreno impervio. Il suo assassino aveva confessato nella notte, messo alle strette dai suoi stessi colleghi. Le aveva sparato in fronte, a mo’ di esecuzione, con la sua arma di ordinanza. Poi aveva gettato il corpo nel fiume. Assurdo, talmente assurdo da essere la verità. A chiederglielo era stata la sua compagna, gelosa di Simona.

Quando arrivammo sulle sponde del Ticino dove erano in corso le operazioni di recupero, l’atmosfera era surreale: non posso dire da film, perché era tutto maledettamente concreto. I carabinieri faticarono a recuperare Simona e si rese necessario l’intervento di un elicottero. Il resto rimane nella mia mente, ma è troppo difficile scriverlo o raccontarlo.

Giulia e Simona

Il corpo di Giulia Tramontano, ritrovato la notte scorsa, riapre in me una ferita destinata, purtroppo, a non rimarginarsi mai. Continuerà a sanguinare ogni volta che ad una donna verrà tolta la vita per il solo fatto di essere una donna, sincera, libera. E questa volta ha un aggravante: il piccolo che Giulia portava in grembo, che sarebbe nato tra due mesi.

Ogni volta che un episodio del genere si ripresenta, in tutto il suo cruento dolore, è una sconfitta per tutti. Per tutto il genere umano, oltre che per le nostre società. Mi sono ripromessa, oltre 10 anni fa, che nel mio piccolo la storia di Simona non l’avrei mai fatta cadere nel dimenticatoio. Ma quante Simona, quante Giulia, non dovrebbero mai essere dimenticate? Tante, troppe.

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