“Noi, costrette a mostrare i genitali al medico per far vedere che eravamo donne”: la confessione

La dichiarazione di Nilla Fischer, ex giocatrice svedese, è diventata virale per i contenuti forti espressi nel suo libro

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Una dichiarazione già di per sé abbastanza forte, a maggior ragione in un momento del genere. Ma, forse, l’obiettivo di Nilla Fischer era proprio questo. Far sì che se ne parli ancora, anche perché i risultati sembrano essere piano piano raggiunti. Il calcio femminile, negli ultimi anni, ha riscosso un successo mai visto prima, in Italia ma in generale in Europa e nel Mondo. Battaglie difficili, che continuano a essere combattute, ma probabilmente con meno ostacoli di prima.

Nilla Fischer e quel Mondiale delle polemiche

Nilla Fischer è un ex giocatrice della Nazionale svedese ritiratasi lo scorso dicembre. Il suo libro, “I Didn’t Even Say Half Of It”, sta già facendo discutere in questi giorni proprio per i contenuti forti e non banali su un tema così delicato ma adesso “affrontabile”. Tra gli aneddoti che più sono stati messi in risalto, quello precedente alla Coppa del Mondo femminile del 2011, edizione molto discussa e ricca di polemiche. Nigeria, Sudafrica e Ghana, infatti, avevano protestato con la Fifa per la presunta presenza di uomini nella squadra della Guinea Equatoriale.

La confessione

E così, rivela la donna nel libro, Noi abbiamo dovuto mostrare i nostri genitali al medico, ci era stato detto che non avremmo dovuto depilarci per far vedere di che sesso eravamo”. Un episodio da lei definito umiliante. “Nessuno di noi capisce la questione della depilazione – continua la Fischer – ma facciamo quello che ci viene detto e pensiamo ‘Come si è arrivati a questo?. Perché siamo costretti a farlo ora?’. Ci devono essere altri modi per farlo. Dovremmo rifiutarci? Allo stesso tempo nessuno vuole mettere a repentaglio l’opportunità di giocare una Coppa del Mondo. Quindi, non importa quanto ci si senta male”.

In un’intervista al quotidiano svedese Aftonbladet, sollecitata sull’argomento, la Fisher va più nel dettaglio: “Capisco cosa devo fare e mi abbasso rapidamente i pantaloni da allenamento e le mutande allo stesso tempo. Il fisioterapista annuisce e dice ‘sì’, poi guarda il medico che dà le spalle alla mia porta. Prende nota e si sposta nel corridoio per bussare alla porta successiva. Quando tutte le giocatrici della squadra sono state ‘controllate’, il medico ha quindi potuto firmare il documento che attestava che la nazionale di calcio femminile svedese era composta solo da donne“.

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