Tensione tra Cina e Gran Bretagna: attivisti ricercati fuggono all’estero. USA: “minaccia ai diritti umani”

Sono otto gli attivisti pro democrazia ricercati da Hong Kong rifugiatisi all'estero: la Cina minaccia ritorsioni anche sulla famiglia

StrettoWeb

Un caso che rischia di destabilizzare ulteriormente i già precari equilibri internazionali. La Cina si è detta contrariata e ha espresso “forte insoddisfazione e ferma opposizione nei confronti di alcuni politici britannici“. Tra questi anche il ministro degli Esteri James Cleverly. La loro colpa è quella di aver dato “apertamente rifugio ai fuggiaschi” di Hong Kong, otto dei quali ricercati da ieri con tanto di taglia. “Questa azione è una flagrante interferenza nello stato di diritto di Hong Kong e negli affari interni della Cina – si legge in una nota dell’ambasciata cinese a Londra -. Esortiamo il governo britannico ad astenersi dallo sfruttare ulteriormente questi elementi destabilizzanti anti-Cina e Hong Kong, rappresentando una minaccia a sovranità e sicurezza della Cina“.

Hong Kong: “gli attivisti ricercati dovrebbero arrendersi”

I ricercati sono gli ex deputati Ted Hui e Dennis Kwok, insieme attivisti Nathan Law, Anna Kwok, Elmer Yuen, Mung Siu-tat e Finn Law e all’avvocato Kevin Yam. a carico di tutti e otto ci sono addebiti legati alla collusione “con forze straniere per mettere in pericolo la sicurezza nazionale“, un reato che comporta la pena fino all’ergastolo. Alcuni sono stati anche accusati di sovversione, istigazione alla sovversione e secessione.

Ora, hanno trovato rifugio in Gran Bretagna, Stati Uniti e Australia dopo aver lasciato l’ex colonia britannica subito dopo l’imposizione da parte di Pechino di una legge draconiana sulla sicurezza nazionale in vigore da fine giugno 2020 per reprimere il dissenso dopo le grandi manifestazioni pro-democrazia del 2019. Queste, molto spesso, sono  sfociate in violenti scontri.

Agli attivisti è stato chiesto arrendersi e alla popolazione di assistere la polizia. E’ stato dichiarato che anche “parenti e amici” degli attivisti possono essere informatori utili. Una minaccia di ritorsioni, dunque, neanche tanto velata. La mossa della polizia è stata duramente criticata da Paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, ma i l governatore dell’ex colonia britannica, John Lee, ha replicato di “non avere paura di fronte alle pressioni politiche che sono esercitate su di noi, perché – ha rimarcato – facciamo ciò che crediamo sia giusto“.

Agli otto attivisti pro-democrazia è stato chiesto di “arrendersi” altrimenti spenderebbero “i loro giorni nella paura“. Lee, parlando degli otto ricercati su cui pendono anche una taglia complessiva di quasi un milione di euro e addebiti per aver violato la legge sulla sicurezza nazionale della città, ha osservato che “l’unico modo per porre fine al loro destino di latitanti, quindi perseguitati per tutta la vita, è di arrendersi”. Altrimenti, “passerebbero i loro giorni nella paura“.

Dagli Usa condanna alle taglie sugli attivisti in esilio

Gli Stati Uniti , intanto, condannano la promessa di taglie da parte della polizia di Hong Kong per informazioni che portino all’arresto degli attivisti. “L’applicazione extraterritoriale della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino costituisce un pericoloso precedente che minaccia i diritti umani e le libertà fondamentali dei cittadini di tutto il mondo“, ha detto in una nota il portavoce del Dipartimento della Difesa dello Stato americano, Matthew Miller.

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