Reggina, la vigilia di una nuova aurora

Reggina, domani al TAR con grande fiducia per la riammissione in serie B. Oggi la vigilia di una nuova aurora, con l'auspicio che le migliori forze imprenditoriali di questa città possano ritrovare lo stimolo della passione civica: uno scatto indispensabile per il futuro del club

StrettoWeb

Per la Reggina siamo alla vigilia di una nuova aurora. Domani l’udienza del TAR deciderà il destino del club amaranto, che ha sempre più fiducia su un esito positivo del ricorso forte delle norme giuridiche poste – stavolta – di fronte ad un tribunale amministrativo esterno all’ordinamento sportivo. La Reggina ha aderito ad una norma dello Stato e dovrà essere lo Stato ad assumersi la responsabilità di riammetterla in serie B, da cui intanto è stata esclusa per non aver rispettato le scadenze federali della FIGC.

E’ un momento di grande intensità per la città e i suoi cittadini, tifosi e appassionati ma non solo. La Reggina riesce ancora ad unire i reggini oltre ogni distinzione politica, religiosa o di altro genere. E’ una passione comune trasversale a ceto e posizione sociale rappresentando l’elemento forse unico o comunque raro di appartenenza comune e identità. La Reggina è Reggio e per questo suscita forti emozioni, nel bene e nel male. Per questo tiene la città col fiato sospeso, per questo determina evidenti deliri onirici che nelle ultime settimane e persino nelle ultime ore hanno sfociato nel complottismo, nel vittimismo, nel più becero provincialismo. Così qualcuno blatera contro i “poteri forti del Nord”, o la “mafia del calcio”, addirittura quegli “infami di Bari o Cosenza e Catanzaro” che non si sa di cosa sarebbero colpevoli. Il chiacchiericcio social è arrivato addirittura a paventare fantomatici boicottaggi di non si sa chi e non si sa cosa, così convinti che fuori Reggio ne ridono tutti a crepapelle, ma a questi deliri la città è abituata anche su temi ben più importanti come ad esempio l’Aeroporto dello Stretto su cui abbiamo un’Amministrazione comunale che oggi accusa la società di gestione (Sacal) a cui essa stessa (!!!!) ha consegnato lo scalo reggino pochi anni fa con toni trionfali.

Reggio non ha ancora chiaro che oggi tutti i suoi problemi sono da cercare, individuare e risolvere dentro se stessa. Nel proprio degrado e sottosviluppo, nella propria povertà e arretratezza che andrebbero combattute con virtuose scelte di crescita e sviluppo da inseguire con pratiche di investimenti e progettualità. Eppure c’è qualcuno che evidentemente sta così bene che si permette di dire ancora “No” al Ponte sullo Stretto, l’unica opera che sarebbe in grado da sola di risollevare la città! Il problema Reggina ne è soltanto una logica conseguenza: il club amaranto è finito nelle mani di filibustieri, faccendieri, speculatori e opportunisti venuti da fuori in una terra di facile conquista per loro interessi terzi che nulla hanno a che fare con l’amore nei confronti della Reggina. Qualcuno l’ha fatto con più passione di altri, ma si è sempre trattato di meteore estranee che hanno pensato di poter incantare le scimmie e abbindolare i creduloni, evidentemente riuscendoci.

Il futuro della Reggina è strettamente legato al futuro di Reggio. Con la riammissione di domani cadranno tutti gli alibi vittimisti e complottisti delle ultime settimane. C’è persino chi istericamente sbraita sulla Sampdoria, “hai visto la Samp, hai visto la Samp, è tutta una mafia, il problema era la Reggina”. Ma cosa, nello specifico? La Sampdoria sta intraprendendo il percorso per ristrutturare il proprio debito adesso, dopo l’iscrizione in serie B, esattamente come la Reggina ha fatto a dicembre scorso, dopo la precedente iscrizione in serie B. Per iscriversi alla serie B, ha rispettato tutte le scadenze esattamente come ha fatto la Reggina l’estate scorsa prima di chiedere la ristrutturazione del debito. La Sampdoria, inoltre, sta già pagando – come ancora di più ha pagato la Juventus – per non aver rispettato le regole, perchè nel calcio come nella vita chi sbaglia paga. Il club doriano ha già 2 punti di penalizzazione in campionato e ne rischia altri per l’eredità della dissennata gestione Ferrero (a proposito di filibustieri). Ha inoltre già iniziato a litigare con la Lega per il taglio del 10% del paracadute (su cui ha fatto ricorso al CONI). Insomma, nulla è rosa e fiori tra la Samp e le istituzioni calcistiche, ma l’elemento che differenzia la Samp dalla Reggina è che con Andrea Radrizzani la squadra di Genova ha trovato una nuova proprietà solida con grandi disponibilità finanziarie, in grado di scegliere Andrea Pirlo come allenatore e allestire una squadra che può ambire al ritorno in serie A in breve tempo forte di un gruppo di dirigenti particolarmente brillanti e professionali.

Quello della Reggina è ovviamente un universo molto più piccolo, e proprio per questo ogni paragone con le big (la Samp ha vinto uno scudetto, 4 Coppe Italia, una Supercoppa italiana e persino a livello internazionale una Coppa delle Coppe; ha disputato in serie A 66 dei propri 77 anni di vita, ha partecipato 2 volte alla Champions League e 6 volte all’Europa League) non può reggere. Ma il paragone, la Reggina, lo può fare con se stessa e con la sua storia, con le proprie “sorelle” calabresi ingiustamente prese di mira da una parte della tifoseria in preda al delirio da paura di scomparsa.

Il Cosenza di Eugenio Guarascio

In Calabria c’è il Cosenza che dal 2011 è guidato da Eugenio Guarascio: imprenditore locale che non troverete mai nelle classifiche di Forbes sugli uomini più ricchi e influenti del mondo ma che rappresenta al meglio le caratteristiche della provincia del profondo Sud. Quelle stesse caratteristiche che hanno fatto grande la Reggina nella storia: l’umiltà, il lavoro, la competenza. Così Guarascio ha letteralmente resuscitato il Cosenza dopo otto anni caratterizzati da tre fallimenti, sconfitte umilianti nei Dilettanti, persino la fusione con il Rende: l’imprenditore cosentino nel 2011 è ripartito proprio dai Dilettanti e ha garantito una crescita graduale e sostenibile. Nel 2015 ha vinto il primo e unico trofeo professionistico della storia del club, trionfando nella Coppa Italia di Lega Pro, e poi nel 2018 ha vinto i playoff conquistando una storica promozione in serie B dove la squadra silana mancava da 16 anni.

Quello che inizierà tra poche settimane per il Cosenza sarà il 6° campionato consecutivo di serie B (25° della sua storia ultracentenaria, mai è andato oltre), anche con un po’ di fortuna dopo la retrocessione di tre anni fa a cui è seguito il ripescaggio al posto del Chievo Verona e le due salvezze in extremis maturate sul campo nello spareggio playout nelle ultime due stagioni. Ma fortuna non vuol dire casualità: se Guarascio riesce a mantenere, seppur a fatica, il Cosenza in serie B, con mille sacrifici, lo fa proprio perchè è cosentino e appassionato ed è espressione della città.

Il Crotone dei Vrenna

A pochi chilometri di distanza, a Crotone c’è la famiglia Vrenna che è una delle migliori espressioni imprenditoriali della città pitagorica e infatti è alla guida del club rossoblù ininterrottamente da 32 anni. Esempio raro e virtuoso nel mondo del calcio, che dimostra come la stabilità paga sempre. Anche quelli dei Vrenna sono i principi e i valori tipici della provincia del Sud che vuole emergere: operosità, competenza, umiltà, sacrificio. Così il Crotone è cresciuto nel mondo del calcio formando calciatori e dirigenti di spessore (in riva allo Jonio sono nati calcisticamente Florenzi, Bernardeschi, Nocerino, Mirante, Pellè, Sansone, Ogbonna, Gastaldello, Cataldi e mister Gasperini) per poi raggiungere due promozioni storiche in serie A (2016 e 2020), condite da una straordinaria salvezza nel 2017, regalando alla Calabria tre incredibili stagioni in serie A (unico episodio dopo l’epoca della Reggina che nella massima serie si è conclusa nel 2009). Oggi il Crotone è in serie C ma con la garanzia dei Vrenna al comando non c’è dubbio che tornerà presto quantomeno in B: è solo questione di tempo.

Il Catanzaro di Floriano Noto

Infine c’è il Catanzaro, rilevato nel 2017 dall’imprenditore catanzarese Floriano Noto dopo l’esperienza della famiglia Cosentino che lo aveva preso nel 2011 risollevandolo da un fallimento. Noto dopo due secondi posti in serie C (2021 e 2022) ha stravinto quest’anno il campionato e la Supercoppa di serie C battendo ogni record e adesso si presenta per la prima volta in serie B, dove il club giallorosso mancava da 18 anni.

Perché Reggio e solo Reggio, la città indubbiamente di gran lunga più grande e importante della Calabria, non riesce oggi ad esprimere un imprenditore che possa guidare quantomeno il proprio club sportivo più importante e rappresentativo è il vero punto su cui bisogna interrogarsi. Una città che ha vissuto anni straordinari nello sport primeggiando in tutte le competizioni, con la Reggina in serie A, la Viola Basket che disputava i playoff per lo scudetto, la Medinex Volley femminile e la CADI Calcio a 5 che gli scudetti li vincevano davvero. Non è una coincidenza che avvenisse nel momento più ricco, progredito, evoluto ed entusiasmante della storia della città, oggi al contrario spenta in un sottosviluppo, in un degrado, in una apatia depressiva in cui è stata spinta da scelte politiche balorde che ne hanno affossato non solo il ruolo ma anche lo spirito.

Ecco perchè Reggio deve guardarsi dentro. A fondo. La Reggina è una conseguenza, non una causa. Solo se la città si risolleverà, anche il calcio potrà tornare a dare soddisfazioni. Altrimenti in questo baratro di arretratezza e povertà ci sarà spazio soltanto per forestieri speculatori senza scrupoli abili ad ingannare una piazza a cui hanno tolto tutto lasciando la disperata esigenza di sognare un futuro migliore. Finendo quindi per illudersi e farsi prendere in giro dal primo che passa.

Ecco perchè oggi è la vigilia di una nuova aurora: la riammissione in serie B e la fine di ogni alibi. Per ricostruire la Reggina la strada è ancora lunga…

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