Messina e Reggio “gemelle diverse”: il piano di riequilibrio si può fare anche senza scioglimento

Messina ha ottenuto il piano di riequilibrio senza aver mai subito lo scioglimento: la politica virtuosa di Palazzo Zanca smentisce un decennio di menzogne perpetuato a Reggio Calabria per ribaltare la democrazia (con l'effetto di aver ucciso la città)

StrettoWeb

Il piano di riequilibrio finanziario del Comune si può ottenere senza sciogliere il civico consesso, senza portare i commissari, senza sospendere la democrazia: lo dimostrano le scelte virtuose di Palazzo Zanca. Ieri è stata una giornata storica per Messina: con buona pace di Accorinti e dei radical-chic della sinistra che anche a Messina paventavano il dissesto come “inevitabile”, la Corte dei Conti ha dato il semaforo verde al piano di riequilibrio comunale che salva la città dal default. Il piano prevede il rientro da un’enorme mole debitoria che originariamente era di ben 550 milioni di euro di disavanzo ed è oggi stata ridotta a 120 milioni grazie al riconoscimento dei debiti fuori bilancio ottenuto dagli ultimi due sindaci, Cateno De Luca e Federico Basile.

A Reggio è andata diversamente: il piano di rientro l’hanno fatto i commissari nel 2013 dopo che ad ottobre 2012 Palazzo San Giorgio ha ottenuto il triste primato di primo consiglio comunale di un capoluogo di provincia in cui veniva disposto lo scioglimento. Le cifre debitorie erano molto più basse (il disavanzo, inizialmente di 132 milioni di euro, era stato ridotto dal sindaco Demi Arena a 90 milioni già nel 2012) ma la città ha pagato doppiamente per le più balorde scelte della politica locale e nazionale. Ha vissuto un decennio abbondante (da cui ancora non è uscita) di lacrime e sangue, sacrifici enormi chiesti ai cittadini per risanare le casse comunali (non era l’unica strada, come dimostra Messina), ma soprattutto ha visto cancellata la propria volontà popolare democratica, ribaltando il risultato delle elezioni.

Anche a Messina il percorso per ottenere il piano di riequilibrio è iniziato nel 2012, proprio come a Reggio. All’origine del cosiddetto buco di bilancio, più correttamente disavanzo, non c’era alcuna “spesa pazza” come la politica ha fatto credere a Reggio, bensì le difficoltà che tutti gli enti locali hanno avuto in quegli anni a riscuotere le loro entrate durante e dopo la crisi finanziaria. Infatti le difficoltà le hanno avute tutti, ma ognuno le ha gestite in modo diverso. E Reggio è l’unica che ha subito lo scioglimento.

A ripercorrere le tappe virtuose di come Messina ce l’abbia fatta evitando il peggio è lo stesso sindaco Basile che ieri ha parlato di “12 anni di calvario“, celebrando finalmente la “sacrosanta attestazione che il lavoro paga. Nel 2013 ero revisore dei conti, poi presidente del Collegio dei revisori, direttore generale e oggi sono sindaco: ho vissuto tutta la trafila. Oggettivamente il Piano del 2018 targato Cateno De Luca è quello che ha vinto rispetto al precedente immobilismo; si è presa in mano una situazione che prima non era stata gestita, anche a costo di fare delle scelte impopolari. C’è grande soddisfazione, sono commosso. La città finalmente ha una risposta”.

Non è un caso se oggi Messina è una città sulla cresta dell’onda all’insegna dei grandi eventi di sport e spettacolo, proprio come succedeva a Reggio prima dello scioglimento. Non è un caso se oggi Messina è una città vitale, operosa, viva e rilanciata verso un futuro migliore a cui può guardare con fiducia. A differenza di Reggio, letteralmente rasa al suolo dai “nani” della politica che l’hanno distrutta portandola nell’arretratezza e nel sottosviluppo di oggi, in cui chiaramente sguazzano. Ma il tempo galantuomo ripristina, quantomeno, le storiche verità e cancella il mare di menzogne che hanno raccontato alla città.

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