Le opere pubbliche, quanti benefici per il territorio: l’esempio dell’impianto di Belpasso

Cominciano a vedersi, in Sicilia, le ricadute positive delle ferrovie in costruzione, spesso ignorate se non osteggiate

StrettoWeb

Che le opere pubbliche portino lavoro è una cosa ovvia, anzi scontata. Peccato che in Italia non lo ricordi nessuno, o quasi: è diffusamente preferita la narrazione tanto cara ad una certa corrente di pensiero, conseguente all’industrializzazione più selvaggia e meno normata della storia. Quando, nella seconda metà del secolo scorso, ci si rese conto dei danni che essa comportava per l’ambiente, si cominciò a diffondere l’allarme sull’aggressione dell’uomo sulla natura, di cui faceva parte integrante il “mare di cemento” che, pian piano, si mangiava la campagna. Allarme sacrosanto, ben presto sfociato nell’allarmismo che oggi alimenta un certo, cieco, fanatismo.

Nell’epoca di Greta, autostrade e ferrovie sono ormai associate, con un riflesso pavloviano, al consumo del suolo e dell’energia necessari alla loro realizzazione. Pochi, pochissimi riescono a riflettere sui benefici che esse comportano, sia in fase di costruzione che in fase di esercizio.

Soffermandoci sulla prima di queste fasi, non possiamo che raccontare un’esperienza che abbiamo vissuto qualche giorno fa, durante una visita allo stabilimento costruito a Belpasso, in provincia di Catania, a servizio dei lavori necessari alla realizzazione dell’asse ferroviario ad Alta Capacità Messina-Catania-Palermo.

Si tratta di una fabbrica innovativa automatizzata, ideata e progettata da Webuild, in consorzio con Pizzarotti e Ghella; oltre all’impianto di Belpasso ne è in programma un altro nei pressi di Dittaino, in provincia di Enna. Le due fabbriche dovranno rifornire i cantieri ferroviari della Sicilia di conci prefabbricati in calcestruzzo per rivestire le gallerie scavate con le TBM (Tunnel Boring Machine). Si tratta di quelle enormi macchine, dal costo di decine di milioni ciascuna, che vengono ormai diffusamente utilizzate per lo scavo dei tunnel con tecnologia del tutto meccanizzata. I conci vengono posti in opera immediatamente dopo lo scavo, formando il rivestimento definitivo della galleria.

Occorre tener presente che almeno una ventina di queste macchine, a regime, lavoreranno contemporaneamente sia sulla Messina-Catania che sulla Catania-Palermo. Sulla prima ricadono circa 36 km di gallerie, sulla seconda 57: in totale 93 km di tunnel, quasi tutti “a doppia canna”, ovvero costituite da due tunnel affiancati. In altre parole, 186 km di tunnel. Una quantità di gallerie che necessita di un enorme fabbisogno di conci prefabbricati.

L’investimento complessivo per realizzare questi impianti sarà di 70 milioni per un’occupazione stimata di 300 persone. Il Gruppo Webuild è impegnato in Italia nella costruzione di altri due impianti dalle caratteristiche simili per far fronte alle esigenze dei progetti in corso e realizzare, complessivamente, oltre 300 km di tunnel, che prevedono la lavorazione di 3,5 milioni di mc. di calcestruzzo e un valore della produzione pari a 1,2 miliardi di euro.

Si stima che per il periodo 2024-2026 il fabbisogno del Gruppo Webuild sarà di 10.000 persone di cui 8.500 operatori/tecnici specializzati e circa 1.500 persone di staff. Di queste figure professionali, il 30% necessita di formazione specialistica. Proprio per questo, a poca distanza dallo stabilimento, il gruppo di Pietro Salini ha aperto un centro di formazione che consentirà di formare ed addestrare i nuovi operatori di cantiere. L’addestramento riguarda tutti i mezzi utilizzati durante i lavori, dai piccoli escavatori bobcat alle enormi TBM.

Per far fronte alla necessaria capacità produttiva, l’impianto impiega tecnologia robotica ad alta efficienza, in cui si integrano soluzioni di innovazione, efficientamento, economia circolare per la riduzione dell’impatto sull’ambiente. Basti pensare che il 70% del fabbisogno idrico proverrà dal riciclo delle acque di produzione, mentre il 40% dell’energia utilizzata verrà prodotta dall’impianto fotovoltaico realizzato sulla copertura dei capannoni. Con buona pace dei gretini e di tutti quelli che alla parola “industria” associano le immagini dei falansteri settecenteschi, perennemente immersi in una nuvola di nero smog.

Ma non finisce qui. Lo stesso Pietro Salini, durante la visita, ci informa che il gruppo ha intenzione di costruire direttamente in Sicilia le TBM in un apposito stabilimento, in grado di eseguire anche le necessarie, periodiche manutenzioni. Per comprendere bene di cosa si sta parlando, basti pensare che in questo momento, in tutto il mondo, gli impianti specializzati nella costruzione di queste straordinarie macchine si contano sulle dita di una mano. Sono situati soltanto in Cina, Germania, Giappone e Canada. L’idea di Salini porrebbe l’Italia, ed in particolare la Sicilia, all’avanguardia mondiale in questo settore, facendola uscire dall’attuale condizione di crisi economica ed occupazionale.

Quanto è stato già fatto a Belpasso, e quello che potrebbe concretizzarsi se va in porto l’idea di Salini, sarebbe stato impossibile senza la costruzione della linea ferroviaria ME-CT-PA e, in prospettiva, del Ponte sullo Stretto e delle relative infrastrutture di collegamento. Opere tanto utili quanto osteggiate dagli ambientalisti da salotto i quali, evidentemente, non hanno alcun interesse allo sviluppo del territorio che, peraltro, come abbiamo visto, può essere attuato nel pieno rispetto dell’ambiente. Nonostante ciò, gli slogan “contro” a prescindere fanno più presa sulle piazze e vengono facilmente condivisi; spesso, purtroppo, prevalgono.

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