Le osservazioni dell’Ocse sulla situazione delle pensioni

. Con cadenza biennale questo istituto fondato nel 1960 e che raggruppa 38 Paesi del mondo fa una fotografia sull’aspetto previdenziale offrendo ai Paesi membri la possibilità di discutere, rivedere e migliorare la loro politica economica, sociale, finanziaria e ambientale

StrettoWeb

Nei giorni scorsi l’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha diffuso le proprie osservazioni sulla situazione delle pensioni degli Stati che aderiscono all’Organizzazione. Con cadenza biennale questo istituto fondato nel 1960 e che raggruppa 38 Paesi del mondo fa una fotografia sull’aspetto previdenziale offrendo ai Paesi membri la possibilità di discutere, rivedere e migliorare la loro politica economica, sociale, finanziaria e ambientale.

Per quanto riguarda la parte relativa all’Italia il dato che più salta agli occhi è che per effetto dell’età pensionabile ancorato a quello dell’aspettativa di vita chi entra adesso nel mondo del lavoro uscirà appena a 71 anni. E non è neanche il dato più eclatante se si pensa che in Danimarca questo traguardo sarà raggiunto addirittura a 74 anni. Questo perché, dopo che eravamo gli unici a partire dalla riforma Fornero del 2012 a collegare l’aumento della età pensionabile all’aspettativa di vita ora sono già nove i Paese Ocse che adottano questo sistema e probabilmente altri se ne aggiungeranno nei prossimi anni.

Altro dato significativo che emerge dal rapporto Ocse riguarda il costo della previdenza che in Italia è il secondo più alto tra i 38 Paesi che compongono l’Ocse raggiungendo il 16,3% del PIL. Questo dato andrà sempre più ad aumentare fino all’anno 2035 quando raggiungerà il 17,9% del PIL e poi lentamente comincerà a scendere. Questo accade perché nell’anno 2035 termineranno gli assegni previdenziali retribuiti col sistema misto e tutti gli assegni da quella data saranno pagati interamente col sistema contributivo.

L’Ocse rileva poi che in Italia anche se i versamenti previdenziali sono i più alti in assoluto, raggiungendo il 33% dell’imponibile a causa delle retribuzioni che sono molto basse e che sono ferme da quasi un ventennio le pensioni progressivamente, anche a causa degli effetti del sistema contributivo, diminuiscono sempre più determinando un importo medio delle pensioni molto basso. Critiche, infine, sulle cosiddette “Quote” a partire dalla “Quota 100” che è stata in vigore dall’anno 2019 all’anno 2021 e poi dalle Quote 102 e 103 che seppure molto meno generose rispetto alla Quota 100 hanno determinato un’uscita dal mondo del lavoro molto prima rispetto all’età ordinamentale di 67 anni.

La media di uscita, infatti, si assesta poco sotto i 65 anni e con un’aspettativa di vita che in Italia è la quarta al mondo e supera gli 82 anni e mezzo nel corso dei decenni, se non si interverrà, sarà messo a dura prova tutto il sistema previdenziale italiano. Sicuramente non un quadro edificante quello rappresentato dall’Ocse che, pur affermando che sono stati fatti dei progressi in Italia in ambito previdenziale rimane ancora parecchio da fare per raggiungere gli standard richiesti per essere considerato un Paese virtuoso.

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