Capodanno: Mattarella parla alla Nazione di guerra, violenza sulle donne e lavoro sottopagato

Come da tradizione il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto questa sera alla Nazione il suo nono discorso di Capodanno

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Si è tenuto questa sera il nono discorso di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si tratta del settantacinquesimo messaggio della storia repubblicana, nel quale il Presidente ha ripercorso i dodici mesi che volgono alla conclusione, con un occhio di riguardo verso il nuovo anno, il 2024. Parole d’ordine: l’unità del Paese e lo spirito di solidarietà tra i cittadini,

Sergio Mattarella, in diretta dal Palazzo del Quirinale, è andato in onda a reti unificate. “Questa sera ci stiamo preparando a festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Nella consueta speranza che si aprano giorni positivi e rassicuranti“, ha detto il Presidente che ha salutato gli ascoltatori con: “Care concittadine e cari concittadini“.

“Ogni guerra genera odio”

Non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo. Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana“, ha proseguito Mattarella, ricordando che “Ogni guerra genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti“.

La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare. Si cerca di giustificare questi comportamenti perché sempre avvenuti nella storia. Rifiutando il progresso della civiltà umana. Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini. Come – sempre più spesso – accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta“.

Fare spazio alla cultura della pace

La guerra, l’odio, “tutto questo accade vicino a noi. Nel cuore dell’Europa. Sulle rive del Mediterraneo. Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. Di fronte alle quali si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse; oltre che condannate dalla storia“, dice ancora Mattarella che invita a volere la pace. “È indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace. Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità“.

Sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti“. “Impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola del prossimo futuro. Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone“, dice ancora il Presidente nel discorso di fine anno.

“L’amore non è egoismo”

Il presidente si è proprio rivolto ai giovani: “Vediamo, e incontriamo, la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Quando prevale la ricerca, il culto della conflittualità. Piuttosto che il valore di quanto vi è in comune; sviluppando confronto e dialogo. La violenza. Penso a quella più odiosa sulle donne. Vorrei rivolgermi ai più giovani. Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore -quello vero- è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità“.

Il lavoro sottopagato

Tra i problemi che assillano le famiglie c’è “il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime“. Lo ha afferma ancora il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sottolineando le “immani, differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio“.

Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie“. “Significa – aggiunge il Capo dello Stato – rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari“.

La crisi ambientale

Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale“, ha ricordato il Presidente. “In una società così dinamica, come quella di oggi – aggiunge – vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo“.

Democrazia è capacità di ascolto, ci vuole coraggio

Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo ‘riconoscere’. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare“. Sergio Mattarella ha sottolineto che “occorre coraggio per ascoltare. E vedere – senza filtri – situazioni spesso ignorate; che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare“. Tra queste “quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità; rimasti isolati. In una società pervasa da quella ‘cultura dello scarto’“.

E poi, i migranti. Affermare i diritti significa anche “non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti“, ha ricordato il presidente della Repubblica.

L’Intelligenza Artificiale è una rivoluzione, facciamo che resti umana

Adesso, con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali. Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona – e nella sua dignità – il pilastro irrinunziabile“, ha detto ancora il Presidente.

“Non vinca la rassegnazione, partecipare per l’Italia”

Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte“, ha incitato ancora Sergio Matterella.

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