Marchio e storia, Condemi: “non è detto che la Reggina fallisca. E a quel punto…” | INTERVISTA

L'intervista di StrettoWeb al commercialista Fabrizio Condemi, curatore della Reggina Calcio: alla luce dei recenti fatti riguardanti il marchio, ne approfittiamo per approfondire la questione, che lui ha già affrontato qualche anno fa. Quindi l'Urbs di Praticò, la matricola, il fallimento (non scontato), le parole di Bandecchi e l'attesa della Fenice

StrettoWeb

Non è la prima volta che intervisto Fabrizio Condemi. E’ un professionista, ha qualche anno in più di me, gli do del “lei”, come è mia abitudine fare in questi casi. Stiamo al telefono un’ora e mezza e, negli innumerevoli “lei”, mi scappa un “tu”. Mi correggo subito, ma lui capisce: “dai, diamoci del ‘tu’, stiamo parlando di Reggina”. Lui della Reggina è tifoso incallito. E così, anche se lo chiamo per altro, divaghiamo tra aneddoti storici. Come quella volta che, durante gli studi universitari col progetto Erasmus, a Bruxelles – era il 1994, io neanche ero nato – a sua mamma chiese un solo regalo di compleanno (che cade il 13 giugno… data emblematica per la Reggina): fargli ascoltare alla radio i tempi supplementari di Reggina-Juve Stabia, finale playoff per andare in Serie B. Come? Allora non c’era Internet e l’unico modo possibile era attraverso il telefono. Con tutto ciò che poteva costare allora una chiamata fuori dal Paese.

Parlare di Reggina ricordando il passato è bello, ma forse anche un po’ malinconico: di solito si fa quando il presente non regala grandi emozioni e non offre spunti importanti. Un po’ come adesso, diciamolo chiaramente. E infatti la chiamata è per fatti del presente, ma non di campo: la questione marchio e tutto il contesto, il contorno, con richiami alle dichiarazioni di oggi o alle operazioni di ieri, della Reggina Calcio, dell’Urbs. Eccetera eccetera. Condemi è un commercialista, nonché curatore fallimentare della Reggina Calcio. Oggi come allora tornano dunque in auge tutte le questioni relative al marchio, anche se – rispetto a quasi dieci anni fa – ci sono delle differenze. “Allora pensavamo fosse una tragedia, già allora. Oggi però è ancora più complesso”, esordisce Condemi a StrettoWeb.

Che successe con Praticò?

“Quando la società di Praticò si iscrisse in sovrannumero nel campionato di Lega Pro, la Reggina c’era ancora – esattamente come oggi – ma faceva attività federale giovanile e ricordo ci fu pure un derby tra la Urbs di Praticò e la Reggina Calcio. Nel giugno del 2016, però, la Reggina Calcio fallì. A quel punto non c’erano più due squadre che giocavano a calcio, ma solo una, che però non poteva più praticare perché – nell’esercizio provvisorio – non era stata data possibilità di attività sportiva”.

E Praticò spingeva per avere il nome Reggina. Tu, da curatore, cosa facesti insieme agli altri protagonisti?

“Un mese esatto dopo il fallimento, l’8 luglio 2016, andammo con l’amico e collega curatore, Massimo Giordano, in Figc per chiedere il mantenimento della matricola, e ci riuscimmo anche grazie all’intervento di Abodi (attuale Ministro dello Sport). Dieci giorni dopo, il 18 luglio, il G.D., dott. Campagna, si impegnò, al fianco della curatela, garantendo la massima trasparenza, con la volontà sociale e giuridica di affidare il marchio, il nome, i colori ecc. in fitto”.

Perché un affitto e non un acquisto?

“Perché per la Legge fallimentare non era possibile vendere nel rispetto dei tempi strettissimi della Figc. Ci deve essere un congruo lasso di tempo per la vendita che doveva consentire una evidenza pubblica, ecc. ecc. Però fammi dire una cosa, che voglio precisare”.

Prego.

“Quando parliamo di marchio dobbiamo stare attenti e non confonderlo con il logo o con altro. Lo chiarisco perché spesso chi parla di marchio pensa che sia la stessa cosa del logo. C’è il marchio, c’è il logo e c’è il brand, che non ha una traduzione esatta in lingua italiana se non la parola ‘marca’ (poco utilizzata, si utilizza impropriamente ila parola ‘marchio’). Il logo è, faccio esempio, il baffo della Nike o la M di Mc Donald’s. Il brand è tutto ciò che identifica l’azienda, dall’Amministratore Delegato all’ultimo dei dipendenti. Il marchio è invece la ‘targa’ di un’azienda. A sua volta il marchio contiene tutto, tra cui anche il logo o i loghi. Faccio un altro esempio: l’azienda Rolls-Royce ha un enorme valore, ma il suo marchio o brand ha un valore dieci volte più grande dell’insieme di tutte le fabbriche e di tutte le auto e della stessa compagnia automobilistica!”.

E con la Reggina?

“Reggina Calcio e Reggina 1914 sono due soggetti giuridici distinti e separati. Ma la marca, il brand, ad oggi sono della Reggina 1914, azienda che a sua volta detiene tutti i loghi della storia dal 1914 ad oggi, quindi anche quelli dell’A.S. Reggina o quelli nuovi che fece Foti, a cui poi Gallo aggiunse solo la scritta (sul logo) 1914. La Reggina 1914 oggi è tenutaria di tutto. Per dirla da tifoso a tifoso: la Reggina 1914 srl, oggi, è l’unica che rappresenta la Reggina dall’11 gennaio 1914 ad oggi. Per poter utilizzare i loghi Reggina, la storia, i riferimenti, bisogna essere Reggina 1914. Se domattina dovessero mettere all’asta la maglia di Pirlo, ecco, quello può farlo solo la Reggina 1914 srl”.

Quindi con quella “mossa” del fitto nel 2016 si è preservata la continuità del marchio e di tutta la storia…

“Sì, anche se l’8 febbraio del 2018 la Figc – di soppiatto e senza avvisarci – ha cancellato la nostra matricola. Noi però avevamo dato in affitto il brand civilistico alla Urbs, che si è iscritta in Figc come Reggina. Poi c’è stata la cessione di tutto, brand compreso, a Gallo, lui ha continuato e nessuno se n’è accorto. Ma se Praticò fosse stato di Busto Arsizio…”.

In che senso?

“Nel 2016 fu possibile la richiesta in Figc perché Praticò era reggino e tifosissimo della Reggina, così come forte era la nostra volontà e quella del Giudice, ma anche del Sindaco. C’era una volontà comune affinché la storia venisse mantenuta, nel pieno rispetto delle rigide regole fallimentari a tutela dei creditori. E, pur essendo i tempi ristretti, riuscimmo a chiedere e ottenere il fitto. La storia è stata preservata, con marchio e tutti i loghi inclusi, ed i creditori del fallimento hanno beneficiato di un introito enorme”.

E adesso perché la situazione è più complessa?

“Perché ci sono rinvii continui dell’udienza sul ricorso verso l’omologa (in Corte d’Appello dopo il ricorso presentato da Agenzia delle Entrate e Inps), la Reggina è ancora in vita e non è detto che fallisca”.

Ma la Fenice Amaranto sta aspettando il fallimento, da come dice…

“Sì, ma la Reggina 1914 rischia di vincere il ricorso in Corte d’Appello e quindi di non fallire. Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione si è espressa affermando che l’Agenzia delle Entrate non può fare ricorso se la decisione è stata presa dal Tribunale (essendo entrambi emanazioni diretta dello Stato). Può farlo solo un privato ma non un ente pubblico statale. Il 26 di febbraio si discuterà di questo. Può esserci un ulteriore rinvio oppure una vittoria della Reggina e quindi il mancato fallimento”.

E lì che succede?

“Magari la Reggina fallirà lo stesso, ma intanto un rinvio o una vittoria potrebbero ‘allungare i tempi della morte’ ben oltre febbraio. E la Reggina dopo il 31 maggio potrebbe ancora essere in vita”.

Precisiamo cosa può accadere dopo.

“In pratica, se la Reggina di Saladini non fallisce, al 31 maggio si può iscrivere al campionato, col nome e col brand, solo la Reggina di Saladini. E ovviamente non lo farà. A quel punto, se non si iscrive a nessun campionato, con le regole attuali la Figc cancellerà il nome Reggina e con lei per sempre 110 anni di storia”.

Un dramma…

“Sì, sportivamente parlando una catastrofe, anche perché già dal giorno dopo, dall’1 giugno, qualsiasi imprenditore, anche di Busto Arsizio – per questo prima dicevo ‘se Praticò allora fosse stato di Busto Arsizio…’ – potrebbe andare in Figc e iscrivere una società, anche in Terza Categoria, e chiamarla ‘Reggina’. Lo può fare perché la Reggina 1914, almeno in Figc, non esisterebbe più, ma quella della Terza Categoria di Reggina avrebbe solo il nome e basta. Non avrebbe marchio, quindi storia, con loghi annessi e tutto il contesto. E sai quanto costa fare questo?”.

No.

“Te lo dico io: 300 euro. Bastano 300 euro per pagare i diritti di associazione federale col nome Reggina in Terza Categoria. Questo se il 31 maggio la Figc cancella il nome Reggina 1914. E questo può avvenire se la Reggina non fallisce, cioè se non si fa ciò che siamo riusciti a fare noi, ovvero a cedere il brand ad una nuova compagine sportiva come, ad esempio, La Fenice”.

Quindi aspettare il fallimento è un rischio. Bisogna muoversi prima.

“Diciamo che sino al 26 febbraio si può aspettare, è la prossima udienza, bisogna capire che succede. Se la Reggina fallisce, il mio collega futuro curatore dovrà provare a fare quello che facemmo noi nel 2016, andando in Figc a chiedere il mantenimento della matricola e preservare il marchio, poiché tali interessi sono assolutamente coincidenti coi fini della procedura fallimentare e con l’interesse sociale di preservare la storia amaranto. Con un ulteriore rinvio dovrebbe fare lo stesso, ma i tempi stringono, perché bisognerebbe fare tutto entro il 31 maggio”.

E se non fallisce l’unica strada è andare da Saladini.

“Per forza, ma sempre prima del 31 maggio. A meno che non si voglia volutamente attendere il 31 maggio, quindi la cancellazione, e poi una nuova iscrizione con il nome ‘Reggina’ pagando 300 euro, ma a quel punto i 110 anni di storia non esistono più. Certo, potrai sentire tanti che ti dicono: ‘ma si chiama Reggina e gioca a calcio, che te frega?’ e… sì, alla fine ci può stare, in una città ormai allo sbando… Io so che i nostri amici gemellati di Salerno, per la storia della Salernitana, a Lotito – che voleva risparmiarsi i soldi del marchio di quel fallimento (la sua squadra si chiamava ‘Città di Salerno’) – fecero quasi una sommossa popolare…”.

Aspettare l’1 giugno e pagare 300 euro è economicamente vantaggioso rispetto all’acquisto da Saladini, ma vallo a spiegare ai tifosi…

“Certo, anche perché se la Reggina non fallisce bisogna andare da Saladini a comprare tutto. E sicuramente l’acquisto costa molto di più di una iscrizione semplice, anche in Serie D. Ma occorre ricordare che la Reggina, quella di Saladini, l’unica e sola Reggina, oggi ha debiti e non fa fatturato. Potrebbe vendere il marchio ma diventa complicato, perché sulla soglia di un fallimento bisogna stare molto attenti a come si gestiscono i beni aziendali. Certamente, però, investendo magari il primo cittadino, gli organi del Tribunale, Saladini, la Federazione, si può far in modo che gli interessi di tutti, Tribunale, Città e imprenditore possano coincidere…”.

Bandecchi ha detto che, se fosse in vendita, comprerebbe il marchio e poi lo donerebbe. Si può?

“Sì, anche se è un po’ riduttivo. Dovrebbe andare da Saladini e fare un atto di trasferimento di beni immateriali dal notaio. Da quel momento il marchio è suo, è lui la Reggina. Ma non dobbiamo dimenticare che entra in gioco la Figc, che riconosce il brand, il marchio e i loghi solo ed esclusivamente a società affiliate. E ad oggi non c’è alcuna società affiliata Reggina di Bandecchi riconosciuta dalla Figc. La gestione del marchio, specie nell’ordinamento generale e federale, in Italia è materia alquanto complessa”.

Però può donarlo. A chi? Al Comune? A un gruppo di tifosi?

“A chiunque sia proprietario di una Partita Iva. Nel 2016 ricordo che non si poteva affidare una società di calcio o un suo brand a un ente pubblico, in questo caso il Comune. Ma, ripeto, sulla soglia di un fallimento ogni espropriazione di beni aziendali deve essere fatta con assoluta cautela e con tantissima attenzione”.

In pratica, volgendo lo sguardo oltre lo Stretto, il rischio è di una situazione simile al Messina, con ACR e FC Messina che si sfidavano fino a qualche anno fa.

“Esattamente, è la cosa peggiore che temo… Riesci a immaginare, dopo che a Reggio Calabria hanno preso in giro i tifosi d’oltre Stretto, ridurci a non sapere dove sia la vera Reggina o ad avercene due… Non mi ci fare neanche pensare…”.

Una situazione davvero ingarbugliata…

“Sì, per questo ho detto all’inizio che nel 2016 ci sembrava una tragedia, ma oggi, almeno potenzialmente, lo è molto di più. Però, permettimi, non voglio chiudere questa chiacchierata con pensieri nefasti, fammi fare un augurio: essendoci sempre un Praticò nella prima compagine cittadina, come allora, ci sarà un fallimento come allora e magari la storia finirà bene come allora, anzi spero meglio, evitando di passare di mani in mani e riprendere subito da dove si era ripreso. E, visto che mi stai simpatico e ti seguo con passione, ti dirò una cosa che non ho detto a nessuno, un sogno che ho nel cuore fin dal giorno dopo la nostra esclusione dalla Serie B, che spero possa avverarsi (sebbene le percentuali, conoscendo gli ambienti, siano basse): auguro alla Fenice, o a chi sarà il migliore, di prendersi il marchio Reggina e, alla luce della ‘ipotetica’ futura vittoria in Corte d’Appello, che potrà dare piene ragioni giuridiche alla Reggina, chiedere, ed ottenere, un ingresso trionfale, da subito, nel calcio professionistico!”.

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