Gigi Riva e quei fischi che fanno male al cuore

Gigi Riva ci ha lasciati e i sauditi hanno cercato di macchiare il suo ricordo con i fischi. Ma il rombo di tuono è più forte della maleducazione, noi sentiamo solo quello!

StrettoWeb

Rombo di tuono ci ha lasciati. Il grande Gigi Riva, leggenda del calcio italiano, si è spento ieri pomeriggio per un problema cardiaco nella sua Cagliari. Perché, pur non essendo nato in Sardegna, quella terra lo aveva accolto tra le sue braccia e adottato come un figlio. Varese di nascita, cagliaritano nel cuore, la carriera di Gigi Riva è stata costellata di grande successi: considerato uno degli attaccanti più forti della storia calcistica italiana, i suoi piedi magici hanno prima militato nel Legnano per poi toccare l’erbetta del campo di Cagliari. Gli inizi non sono stati dei più facili: Riva infatti, giunto in Sardegna, aveva giurato di starci poco e, invece, su quell’isola ci si è costruito una vita.

Il Rombo di Tuono di Cagliari

Rombo di Tuono, come lo ha soprannominato Gianni Brera per la potenza del suo tiro, era mancino naturale: con quel sinistro ha regalato emozioni ai tifosi del Cagliari dal 1967 la 1977 con 208 gol ma, soprattutto, ha contribuito alla grande vincita del primo e unico scudetto sardo nel campionato 1969-70 che lo ha consacrato nell’Olimpo dei campioni e nei cuori degli Italiani. Il tuono si è spento all’improvviso, nessuno sentirà più quel rombo sul campetto, nessuno vedrà più quel Signore del calcio sempre fedele ai colori della sua squadra e a quella città che lo ha visto nelle vesti di attaccante in quelle di uomo comune.

Perché la fede sportiva, si sa, viene presa sul serio e se a lasciarci è un campione come Riva allora il mondo deve rimanere in silenzio a celebrare il suo prodigio e la sua memoria. O almeno così dovrebbe essere, ma quando la fede, che sia verso uno sport o verso un Dio qualsiasi, viene macchiata dal suono becero di chi pensa ai soldi, allora il ricordo di Riva deve essere più forte, quello di essere signori fino all’ultimo.

I fischi sauditi e quel rispetto che neanche i soldi possono comprare

Gigi Riva si è spento intorno alle 17:50 del 22 gennaio all’Ospedale San Michele di Cagliari. Giusto dieci minuti prima del fischio d’inizio della finale di Supercoppa Napoli-Inter. Due squadre italiane, che si contendono una coppa italiana, ma in campo estero. E’ già qui qualcosa stride. Ma lo stadio non è uno qualsiasi, non è stato un cambio dell’ultimo minuto perché quelli italiani non erano disponibili per colpa di un cataclisma: c’è stata una decisione, ben ponderata, di scegliere l’Al Awwal Park di Riad, in Arabia Saudita.

Sì, in quel posto dove prima non c’era nulla e dove un paio di sceicchi coi soldi, forse stanchi di dover girare sui loro prestigiosi jet privati, hanno deciso di replicare tutto quello che il mondo può offrire. Perché, e diciamolo chiaramente, saranno pure posti all’avanguardia e altamente tecnologici, ma hanno creato un mondo nel mondo solo per sbatterci in faccia i loro quattrini.

E per sedere al tavolo dei potenti, la Lega Serie A si è venduta e ha accettato l’accordo per giocare in Arabia Saudita, in quel posto che nulla ha e tutto copia, come il calcio. Altro che mancini naturali e rombi di tuono, gli sceicchi, di calcio, non ci capiscono niente: lo vedono come il prossimo giocattolino da avere per poter soddisfare il proprio ego: per questo hanno deciso di edificare stadi per ospitare le partite degli altri e non dei loro scarpari, ehm… giocatori.

Tralasciando la scelta fatta solo per denaro, ecco che Napoli e Inter si trovano a calciare il primo tiro appena ricevuta la notizia della morte di Gigi Riva. Giocatori e tifosi – quei pochi che sono stati pagati per fare numero tra gli spalti – si trovano ad apprendere dell’accaduto e, come vorrebbe la decenza umana, se ne dispiacciono. Tant’è che, nell’intervallo, decidono di fare un minuto di silenzio per Rombo di Tuono.  Ma i sauditi, che sanno solo sfoggiare carte di credito e rolex più grandi del braccio mentre indossano ciabattine ricamate, hanno cominciato a fischiare.

Una scena disgustosa, un episodio raccapricciante ma che, pace all’anima di Riva, dovevamo aspettarci. Da un Paese che vive di compravendita, che è disposto a spendere soldi per creare un mondo tutto suo per non avere contatti con l’esterno, che pretende di erigersi a nuova potenza mondiale ma che tratta le donne peggio degli oggetti e vive nella dittatura, è normale che il rispetto non esista. Personaggi di questo tipo, ricchi fuori e poveri dentro, non hanno coscienza, non hanno passioni, non hanno sentimenti perché, purtroppo, sono qualità che tutti i loro soldi non possono comprare.

Il rombo che sovrasta i fischi

Intanto Gigi Riva gode del rispetto del mondo “vero”, quello che lo ha seguito e lo ha visto crescere e diventare campione in Sardegna e con l’Italia, nella camera ardente allestita all’interno dello stadio del Cagliari dove i tifosi e le persone che hanno un cuore, andranno a dargli l’ultimo saluto. Resta in bocca l’amarezza di quei fischi che ci hanno ferito ma che, allo stesso tempo, hanno rivelato la verità più grande: un giorno, si spera il più lontano possibile, anche loro saranno cenere. Ma nessuno sarà lì a ricordarli, se non quelli che hanno pagato per piangerli.

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