Sanremo, la solita vergogna da Ghali a Geolier. Menomale che ha vinto Angelina…

Il Festival di Sanremo si è concluso al veleno: l'accusa vergognosa di Ghali ad Israele, i piagnistei napoletani per Geolier per la solita farsa del trash in salsa nazional popolare

StrettoWeb

Alla fine è andata così male che persino l’umiliazione epocale perpetrata da Amadeus e Fiorello ai danni di John Travolta costretto a fare il ballo del qua qua è passata in cavalleria: troppo forti le polemiche per i casi di Geolier e Ghali, tanto che da ieri l’Italia non parla d’altro. Il Festival di Sanremo è finito da due giorni, ma il dibattito è soltanto appena iniziato. E c’è effettivamente tanto da dire. Persino Israele è intervenuto a livello istituzionale, con tanto di nota dell’Ambasciatore, per stigmatizzare le vergognose parole del rapper milanese.

Che ha combinato Ghali con Israele!

Eppure Ghali fino a quell’ultimo istante sul palco non se l’era cavata male: la sua canzone, al netto dei soliti riferimenti fuorvianti su Gaza, fa davvero riflettere su devianze e problemi della nostra società – in modo particolare con la tecnologia – e il racconto con l’alieno che si materializza sul palco dell’Ariston è una trovata di alto livello artistico. Nella serata delle cover, poi, ha voluto raccontare la sua storia a suon di musica intonando “L’Italiano” di Toto Cutugno e alla fine si è classificato quarto in assoluto nella graduatoria generale. Peccato, appunto, per quel “fermate il genocidio” che in un secondo ha compromesso tutto ciò che di buono aveva fatto fino a quel momento: ingenuamente vorremmo chiedergli dov’è il genocidio, cos’è un genocidio, chi lo sta praticando ai danni di chi… ma sappiamo tutti che si riferisce alla guerra difensiva di Israele scatenata dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso. Insomma, parlare di “genocidio” per le attuali azioni di Israele equivale a considerare “genocidio” quello che l’Ucraina sta facendo contro la Russia: un popolo che si difende.

Già, perchè Israele ha subito la dichiarazione di guerra di Hamas che il 7 ottobre ha invaso il Paese uccidendo oltre mille civili, trucidando bambini neonati, massacrando donne e intere famiglie innocenti, attaccando un festival musicale frequentato da giovani che sono stati sterminati e nei cui confronti a Sanremo non s’è spesa neanche una parola né da parte degli artisti in gara né da parte degli organizzatori, evidentemente troppo impegnati a cantare “bella ciao”. Che è una canzone di guerra, nata dai combattenti partigiani che lottavano contro il nazifascismo. Nel caso di Israele è Hamas che continua, dopo cinque mesi, a tenere centinaia di innocenti in ostaggio, è Hamas che nel proprio statuto prevede la distruzione dello Stato di Israele di cui non accetta l’esistenza, è Hamas ad aver vinto regolarmente le elezioni nella Striscia di Gaza avendo il sostegno e il consenso della popolazione considerata “civile”, ma che di civile non ha nulla in quanto è complice (nel migliore dei casi) del terrorismo.

Al contrario di Israele, sono Hamas e i palestinesi che da decenni rifiutano la soluzione della pacifica convivenza tra due Stati e quindi alimentano la guerra.

La pace e la libertà di pensiero… a senso unico!

Anche Dargen D’Amico sul palco di Sanremo ha parlato ripetutamente di “pace”, e tutti – israeliani in primis – vorrebbero la pace: il problema è spiegarlo ad Hamas e ai palestinesi. Non ci potrà mai essere pace finché i palestinesi non ripudieranno il terrorismo e non accetteranno l’esistenza di Israele, arrivando ad una pacifica convivenza. Che è ciò che Israele chiede da sempre.

Molto belle le parole di Mahmood sul palco di Sanremo, quando ha detto: “viva le differenze e la libertà di pensiero sempre e comunque”. Ecco, questo “sempre e comunque” sulle differenze e sulle libertà di pensiero dovrebbe essere accolto e accettato in modo universale. E’ libertà di pensiero considerare vergognoso, e quindi reagire con parole molto dure, attribuire ad Israele un “genocidio” nei confronti di Gaza (il vero genocidio è quello che gli israeliani hanno subito con l’Olocausto!); è libertà di pensiero fischiare il risultato di un televoto che non è condiviso dagli spettatori; è libertà di pensiero non volersi sottoporre alla vaccinazione Covid e contestare gli obblighi liberticidi, i lockdown, il green pass istituiti dal governi che con la scusa della pandemia hanno privato le persone delle loro libertà fondamentali.

Eppure a Sanremo lo scorso anno una cantante che non si voleva vaccinare come Madame ha persino dovuto chiedere scusa (!!) per questa sua scelta (altro che libertà di pensiero!), e oggi leggiamo polemiche scandalose contro le critiche espresse nei confronti di Ghali che non sarebbe libero di “esprimere un parere civile” e quindi viene “delegittimato, infangato e persino tacitato”. In realtà quelli delegittimati, infangati e persino tacitati in Italia sono stati per anni coloro che erano contrari ai precedenti governi, coloro che si permettevano di dire che il lockdown era inutile e dannoso, che il vaccino non serviva a proteggere gli altri, non serviva in ogni caso ai giovani per cui il Covid non è mai stato un problema, aveva gravi effetti collaterali e in ogni caso doveva essere libero, o ancora sono stati tacitati e delegittimati tutti coloro che evidenziavano – ad esempio – le ragioni della Russia nel conflitto in Ucraina, o esprimevano dubbi sulle politiche green dell’Unione Europea su cui a Sanremo abbiamo visto l’ennesimo controsenso. Tutti coloro, insomma, che erano contro l’unica verità imposta dal mainstream.

La protesta degli agricoltori l’ennesimo cortocircuito della sinistra

Oggi tutti sono a favore degli agricoltori che protestano in tutt’Europa contro le politiche della cosiddetta transizione ecologica volute dall’Unione Europea. Amadeus ha detto che li avrebbe fatti salire sul palco, per poi rimangiarsi l’invito e limitarsi a leggere un foglio di carta senza molto senso. Eppure ciò che a tutti sfugge è che gli agricoltori protestano proprio contro quelle scelte politiche volute e alimentate dai movimenti ecologisti e ambientalisti rappresentati da Greta Thunberg e altri degenerati che quotidianamente imbrattano monumenti in tutte le principali città. E’ chiaro a tutti i simpatizzanti degli agricoltori o ci sono analfabeti funzionali che simpatizzano sia per i trattori che per i disagiati imbrattatori? E’ chiaro a tutti i simpatizzanti degli agricoltori, che quelli per cui esprimono simpatia hanno principi e valori diametralmente opposti a quelli del fondamentalismo ecologista e ambientalista che ha spinto l’UE ad attuare politiche contrarie al benessere dell’essere umano? E’ chiaro che queste sono proteste rivolte esclusivamente all’attuale leadership europea, al punto che sono feroci e dilaganti in tutti i Paesi dell’Unione, dalla Spagna alla Polonia, dalla Francia alla Germania fino a Belgio e Paesi Bassi, ed è chiaro che un governo come quello italiano è considerato a livello internazionale l’unico baluardo di salvezza per questo tipo di mondo che non vuole arrendersi alla smania di cambiamento bensì cerca di resistere alle degenerazioni di una classe politica che vorrebbe imporre farina di grilli e auto elettriche?

Ma torniamo a Sanremo.

Geolier, che tristezza il vittimismo napoletano

Continua a dilagare la polemica per Geolier: l’hanno fischiato perchè sono razzisti, tutti ce l’hanno con Napoli, meritava di vincere, l’hanno votato democraticamente i telespettatori, è uno scippo ai danni del Sud, è un idolo dei giovani e i vecchi non lo capiscono, lui è popolare contro l’èlite della giuria, baggianate simili.

Basta! Basta! Basta!

Geolier è stato fischiato perchè ha vinto la serata delle cover immeritatamente. Per fortuna non c’è solo il televoto, altrimenti avrebbe vinto anche Sanremo: la musica è una cosa seria e per decidere chi è più bravo deve esserci una giuria competente e qualificata. Anzi. Il televoto non dovrebbe neanche esserci: a Sanremo esiste per mere e volgari esigenze commerciali di coinvolgimento del pubblico. Ma è assolutamente ingiusto: come può giudicare un musicista chi di musica non capisce niente? Sarebbe come se le sentenze dei processi anziché farli giudici che hanno studiato la giurisprudenza per anni e anni, arrivassero dal popolo a maggioranza: sarebbe una barbarie, com’era in passato.

Nella classifica della giuria, infatti, Geolier è arrivato ultimo per distacco. Menomale che ha vinto Angelina Mango! Anche lei è meridionale, più meridionale di Geolier in quanto arriva da Maratea, il comune più meridionale della Basilicata al confine con la Calabria, quindi ben più a Sud di Napoli. Però lei ha cantato in italiano. E poi è educata. Simpatica. Un po’ impacciata. E’ caduta e ha chiesto scusa per un quarto d’ora. Poi non riusciva a credere di aver vinto, non doveva mai averci neanche pensato così semplice e spontanea: prima ha sgranato gli occhi, poi ha detto “no”, più volte, guardando Fiorello e Amadeus come a cercare conferma che non stesse sognando. Ha fatto la “mano all’italiana”, come a voler dire “ma che c’entro io, ma perchè, ma com’è possibile”. E invece era tutto vero. Due sere prima aveva fatto un’interpretazione da brividi de “La rondine” di suo papà facendo piangere mezza Italia e avrebbe dovuto senza ombra di dubbio vincere la serata delle cover (da qui i fischi sacrosanti per Geolier). Anche lei è giovane, più di Geolier che tra un mese fa 24 anni (lei invece ne ha 22), e anche lei è conosciuta e amata da un pubblico giovanissimo, dai teenagers, molto più di Geolier. Non è vero, quindi, che quella di Geolier è la nuova frontiera della musica perchè piace ai giovani (per fortuna!), non è vero che c’è razzismo contro il Sud, non è vera una virgola delle isterie vittimiste tipicamente napoletane e meridionali, anche contro l’evidenza dei fatti.

Se ci fosse stato razzismo contro il Sud, com’è possibile che l’esibizione di Teresa Mannino con il suo “Cu cu camini c’aranci ntierra” sia stata universalmente apprezzata?

L’unica verità è che di Geolier non fa musica bensì rumore, che utilizza un linguaggio che viene compreso dal 5% della popolazione italiana esclusivamente se ha origini alle falde del Vesuvio e in ogni caso si esprime in un genere da sempre controverso: il rap sta alla musica come i motori stanno allo sport. E’ un’altra cosa, confinante ma non comune (avete mai visto Formula Uno o MotoGP alle Olimpiadi?). La musica è qualcosa di più vicino all’arte, alla letteratura e alla poesia; il rap è invece molto più vicino al crimine, alla violenza, alle droghe e alle baby-gang. E non è il futuro, non è la musica che piace ai giovani: esiste da svariati decenni ed è sempre rimasto ai margini della vera musica. Anzi, la storia ci insegna che sono i rapper di successo che inevitabilmente hanno una metamorfosi crescendo e addolcendo il loro stile.

Sanremo è finito, le polemiche no. Rimane il bello delle canzoni che apprezzeremo per mesi in loop su tutte le radio, da quella dei Ricchi e Poveri a Irama, da Alfa a Emma, da Annalisa a Clara. Ma le avremmo potute apprezzare anche senza l’imbarazzante teatrino che questa inutile farsa ci propina ogni anno: quanto ci manca il Festivalbar, Mamma papera e papà!

Condividi