Ponte sullo Stretto, una proposta innovativa per il progetto esecutivo

Oggi la comunità scientifica è in possesso di strumenti di calcolo molto più raffinati di quelli disponibili qualche decennio fa

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Ing. Luigi Bosco – Il progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, così come storicamente è avvenuto per tante grandi opere di ingegneria, ha sollevato diversi movimenti di opposizione. Alcuni di natura puramente ideologica, assolutamente non condivisibili, altre legate al pernicioso meccanismo del ‘prima…’., anche queste da respingere in toto, perché le opere infrastrutturali necessarie per il nostro territorio possono e devono essere realizzate contemporaneamente al ponte, reale motore di sviluppo del territorio.

In altre occasioni ho avuto modo di affermare come, invece, debba essere dedicata, in questa fase di passaggio dal progetto definitivo al progetto esecutivo, la dovuta attenzione alle osservazioni che provengono da autorevoli esperti, ovviamente scartando quelle che fanno riferimento alla sismicità dell’area, in quanto ingiustificate.

Queste osservazioni, per quanto ho avuto modo di rilevare, riguardano i dubbi espressi sulla possibilità del transito dei treni, a causa delle deformazioni eccessive, e la preoccupazione connessa al poderoso ‘salto in avanti’, costituito dal passaggio da circa 2000 metri di luce a 3300, con la paura che ci si possa trovare di fronte a fenomeni di natura in atto non conosciuta. Oggi la comunità scientifica è in possesso di strumenti di calcolo molto più raffinati di quelli disponibili qualche decennio fa, quando sostanzialmente furono dimensionate le strutture del ponte.

Nel corso del passaggio dal progetto definitivo a quello esecutivo, in funzione delle verifiche più raffinate, potrà essere valutata l’opportunità o meno dell’utilità di un eventuale passaggio dalla tipologia di ponte sospeso a quello misto, in cui al sistema di sospensione vengono aggiunti alcuni stralli. E nel caso positivo prevedere le predisposizioni strutturali per consentire il loro inserimento, anche in fase successiva alla realizzazione del ponte. Questa tipologia, che ha un illustre antenato nel ponte di Brooklyn, è stata utilizzata con successo in numerosi ponti, come ad esempio nel terzo ponte sul Bosforo.

Nel nostro caso ogni strallo sarebbe una vera e propria opera d’Ingegneria, sia per l’impegno strutturale legato alla lunghezza, ben oltre 400 metri, sia per le modalità di montaggio. Gli stralli hanno la funzione di ridurre significativamente la deformabilità verticale, alla stessa stregua di una riduzione della luce libera, rendendo sicuramente più agevole il transito dei treni. Anche per quanto riguarda la deformabilità e la stabilità trasversale c’è un contributo degli stralli: l’allungamento degli stessi, in caso di spostamento laterale dell’impalcato, determinerebbe una reazione di contrasto a tale spostamento.

Questo contributo sarebbe sicuramente più importante se si facesse ricorso ad un sistema di stralli diagonali, non giacenti sul piano verticale parallelo all’asse dell’impalcato, ma trasversali rispetto a detto asse. Tali stralli, per non costituire ostacolo al transito delle sagome limiti nelle corsie laterali, dovrebbero essere ancorati su mensole sporgenti dall’impalcato verso l’esterno. Ritengo che, con tale sistema, potrebbe attendersi, sotto il profilo della instabilità laterale, lo stesso effetto benefico di una riduzione della luce libera di circa 600 metri (300 metri per ogni lato d’appoggio), eliminando anche quella ‘paura’ di ardito salto in avanti espressa anche da autorevoli esperti. Non credo che esistano al mondo esempi similari.

Nel caso fosse valutata degna di attenzione questa mia proposta innovativa sarebbe importante verificare, oltre alla fattibilità geometrica e statica, che la presenza delle mensole sporgenti dall’impalcato, per l’ancoraggio degli stralli, non crei significative alterazioni all’aerodinamica dell’impalcato.

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