Il problema della Fenice Amaranto è davvero Trocini?

La proprietà della Fenice Amaranto ha scaricato le colpe su squadra e allenatore, ma il problema non è di certo Trocini

StrettoWeb

Molta gente, leggendo i giudizi sui social, pare essere convinta del fatto che tutti i problemi della Fenice Amaranto di quest’anno siano da attribuire a Bruno Trocini. Non tutti i tifosi la pensano così, però. C’è chi divide le colpe con società e area tecnica. E poi c’è la proprietà stessa, cioè Ballarino, praticamente. Lui, a fine gara, è stato chiaro: alla squadra mancano attributi. Non gli sono piaciuti alcuni comportamenti (l’espulsione di Rosseti, ndr). E ha confessato che analizzerà la situazione. Che significa, questo? Significa scaricare le colpe sugli altri, in questo caso sulla squadra e quindi sull’allenatore.

Ma davvero pensiamo che il problema della Fenice Amaranto sia l’allenatore? Veramente la società è convinta che esonerando il tecnico si risolva ogni situazione, si vinca ogni partita, anche i playoff e magari pure questo fantomatico ripescaggio? Trocini non rischia (e non avrebbe senso oggi un suo esonero), ma la proprietà ha fatto ampiamente intendere che non è contenta. Ha scaricato ogni colpa sulla squadra e su di lui, non nascondendo una situazione che non è proprio rosea, al netto di tutto. L’area tecnica, cioè Pellegrino, è convinta di aver messo a disposizione del trainer un’ottima squadra. Da par suo, l’allenatore sa che ci sono dei limiti, e anche tanti, e fa quel che può.

E’ questo il nocciolo della questione. Su StrettoWeb abbiamo sempre difeso squadra e allenatore. Quest’ultimo fa quel che può, ha fatto quel che può, e il quarto posto non può che essere un miracolo, nel contesto di una vicenda che pone comunque l’annata, la classifica e tutto il contorno all’interno di uno dei punti – se non forse IL punto – più bassi della storia.

E’ vero: la stagione è quasi terminata e non si vede un briciolo di gioco, palleggio, dominio. Ma si dimentica forse che siamo in Serie D, una categoria in cui un giocatore (o più giocatori) incide tantissimo, più dell’allenatore. Oppure pensiamo che il Trapani, o il Catania dell’anno scorso, avessero bisogno di chissà quale Guardiola per stravincere il campionato? In Serie D c’è un’unica ricetta per vincere, che non funziona per forza in Serie A o B per esempio: avere i calciatori forti, di categoria superiore, che sappiano fare la differenza.

La Fenice Amaranto, tutto questo, non ce l’ha. Ed è assurdo che la proprietà scarichi ogni responsabilità sugli altri, non assumendosene neanche un po’. E’ un atteggiamento presuntuoso e tutt’altro che umile. Significa pensare che si possa vincere un campionato di Serie D – perché questo è stato scritto nel business plan – con Bolzicco, che mai aveva giocato in Italia e che è arrivato a stagione inoltrata. E che mai aveva migliorato la sua “non fama” di bomber d’area. Oppure la proprietà pensava che andasse bene Rosseti, che è più in infermeria che in campo (e non quest’anno, ma da sempre). Pensava che bastasse regalare a Trocini gente come Porcino o Adejo, che nell’ultimo periodo ha giocato pochissimo (Adejo non giocava da un anno), o calciatori come Ricci (poi andato via), Mungo e simili, che erano svincolati, eppure doveva esserci qualche motivo se a settembre nessuno li ha ingaggiati.

E se Barillà ha tolto spesso le castagne dal fuoco (ha fatto questa scelta perché era a Reggio, per amore della sua città e per la voglia sfrenata di tornare a giocare, ma anche lui era fermo da un anno e più), l’unico acquisto che può dirsi azzeccato tra gli over è Martinez, che pure ha perso il posto per la regola degli Under in D. Non si dimentichi, poi, che a salvare la squadra nelle ultime settimane è stato sempre un ragazzino, Marcel Perri.

In Serie D non si vince con le vecchie glorie, con gli attaccanti argentini che esultano come Batistuta, con gente svincolata ferma da mesi. Si vince acquistando gente funzionale, in forma (a settembre sarebbe bastato andare a pescare da calciatori di Serie C o alta Serie D che avevano svolto la preparazione, senza nascondersi dietro inutili scuse legate all’alibi dell’inizio in ritardo), che conosce il campionato e che ha fame. Se non lo si fa, non si può pretendere che un allenatore diventi magicamente un fenomeno e trasformi i calciatori in altrettanti fenomeni.

Ancelotti spesso dice che se ha vinto tanto è stato grazie ai calciatori che allena e che ha allenato. Ma forse stiamo andando fuori tema, troppo fuori tema. Non scomodiamo il buon Carletto. La società si assuma ogni responsabilità. Questo campionato è già un fallimento, e lo diciamo da tempo, senza assegnare alcun tipo di alibi che non esiste. Trocini ha fatto il possibile. E va solo ringraziato.

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