“Votami che ti prometto”: quando le Comunali in Calabria diventano telenovelas

Candidati scongelati, alcuni presi dalla terra, altri presi per errore: tra pettegolezzi e mmucciatine, diamo il via alle Comunali

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“I have a dream” diceva Martin Luther King. O “I have a drink” come riporta Totò Cuffaro (ognuno ha le sue priorità). Fatto sta che pure io, che non disdegno né fantasticare e né bere, ho un sogno. Io restringo, però, un pochetto il raggio d’azione: non punto ad un territorio vasto come gli USA, e neanche a competere con la ‘nobilissima’ Democrazia Cristiana di cuffariana memoria. Il mio sogno riguarda solo questo pezzetto alla punta dello stivale, la Calabria. In particolare, sogno che l’evento più atteso ogni 5 anni dai Comuni, quello delle Amministrative, venga abbinato ad una campagna elettorale “pulita”, dal primo all’ultimo giorno.

Votami che ti raccomando!

Ma, come tutti i bei sogni, anche questo rimarrà tale e, sapete, forse lo comprendo: perché togliere il piacere ai calabresi di scornarsi durante le comunali è come togliere i canditi dal Panettone: un’oscenità! E poi diciamocela tutta, le campagne elettorali sono divertenti: fino al giorno prima non si sapeva nulla. Il giorno dopo la soffiata dei papabili a sindaco, si apre il vaso di Pandora e tutte le mmucciatelle (segreti) vengono fuori.

E ti ricorderai pure della nuora dell’amico del cugino di 3° grado dell’assessore che ha fatto i denti alla prozia del Sindaco ed è per questo che ora ha lo studio in facc’ a piazza. Che poi magari la Dottoressa lo studio l’ha aperto da sola, magari ha comprato il locale o forse le è stato affittato. Ma a nessuno importa: ha lo studio in mezzo al paese e quindi è raccomandata.

Votami che ti dico tutto!

Che belle, le elezioni! Mi ricordo da piccola, nel mio paese a Trebisacce, che mettevano noi bambini davanti ad applaudire, pur non sapendo manco chi fosse il tizio che stesse parlando. Oppure ridacchiavamo, con la mano davanti alla bocca, perché c’era cumpa Pepp che fino a ieri portava la cicoria al mercatino del giovedì, oggi invece si trova sul palco a cercare di leggere 4 righe che qualcuno gli ha scritto. E non azzecca una vocale, cumpa Pepp. E meno male anche, altrimenti non sarebbe caratteristico.

Col passare degli anni, il mio sguardo ha cominciato a vagare oltre l’elettorato trebisaccese fino ai Comuni vicini. E che emozione è stata, andare ad un comizio di Rocca Imperiale, ormai divenuto leggenda nell’Alto Jonio Cosentino, dove ormai parlare era superato: a Rocca erano così avanti che il programma manco lo avevano fatto, ma hanno invece inscenato una bella telenovelas che Esmeralda scansati!

Quale modo migliore che accaparrarsi i voti se non raccontare che il candidato all’opposizione fa le corna alla moglie? E poi la suspense: “se volete sapere con chi, venite al prossimo comizio!“. Roba che i marketer di oggi con i loro Master alla Bocconi potrebbero solo allacciargli le scarpe.

Votami che ti aggiusto la strada!

E poi sono arrivati i social. Il pettegolezzo, dalla piazza, si è spostato su Facebook: aspiranti sindaci con fasce fatte a mano, la foto seriosa con lo sguardo penetrante, di fronte al Municipio o a qualunque posto pubblico, per “farsi vedere in giro”. E quelli che invece, a tre mesi dalle elezioni, resuscitano come Gesù nel giorno della Pasqua? Loro sono i miei preferiti, insieme a quelli che asfaltano, rattoppano, aggiustano e riparano.

Poi ci sono i “coccolini” che diventano affettuosi i quali, in cerca di consensi, salutano a destra e a manca e obbligano pure la famiglia! Ricordo con gran piacere la moglie di un ex sindaco trebisaccese – uno dei tanti che hanno portato il Comune al commissariamento – compagna di classe di mia zia, fino ad allora non calcolata di striscio.  La signora in questione ha cominciato a correre che manco Usain Bolt, dribblando la gente al mercato, per buttarle le braccia al collo e stringerla per un caloroso saluto “all’amica mia”. Non sto manco a dirvi che mia zia, orripilata, le ha chiesto “e tu cu sì?”.

Votami che ti pago le bollette!

E poi ci sono loro, i candidati “per caso”: tizi che fino all’altro giorno stavano al Bar del paese. Poi, chissà per quale strano motivo, qualcuno che conta di più decide di usarli come pedina, per raccattare voti alla gente “terra terra” (ci tengo a dire che si tratta di una citazione di cui non posso, purtroppo, riportare la fonte). Chissà, dicevo, cosa scatta nella testa di queste persone che decidono di mettersi lì e, come Gesù in Croce – giusto per rimanere in tema – si pigliano botte (figurate) e sputi in faccia (letterali).

Una fioca luce sembra accendersi in fondo al tunnel e, mossa da un moto di speranza, penso che anche loro hanno capito. Forse, anche loro, vivono secondo il dettame di “I have a dream”? Forse, anche loro, vogliono lottare per costruire un futuro migliore? O, forse, qualcuno gli ha promesso le bollette pagate e la spesa a casa? Ai posteri l’ardua sentenza. Io intanto mi preparo, ne vedremo delle belle.

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