Com’è difficile oggi essere Marco Liorni. Com’è difficile oggi essere dipendenti della Rai. Conduttori della Rai. Esposti a qualsiasi cosa. E, no, non parliamo del “grande clima di paura” attorno a Scurati (sigh!) e attorno a tutti quei giornalisti di Sinistra che si sentono censurati e vivono con l’ossessione di un fascismo che esiste solo nelle loro teste. Parliamo di altro. Parliamo di un conduttore serio e equilibrato, che conduce uno dei programmi di punta di Rai Uno – L’Eredità – e che non ha l’obbligo di dover ribadire, precisare, specificare di essere antifascista. Non ha questo obbligo perché è scontato, abbastanza banale. E perché non è importante per la posizione che ricopre.
Però l’ha dovuto fare. Perché oggi, in questi giorni e in queste ore, bisogna stare attenti a come parlare, a cosa dire e a come dirlo, più di quanto non sia già complesso nell’era del politicamente corretto, “etichetta” ormai inserita pienamente in una società che bada solo alla forma e non alla sostanza. Per (de)merito, in buona parte, sempre della stessa “frangia” ossessionata dal fascismo.
Cosa è accaduto
Ma torniamo a Marco Liorni. Cosa è accaduto al povero conduttore? Leggendo una domanda, nel corso dell’ultima puntata de L’Eredità, c’è stato un passaggio non passato inosservato e che ha acceso le menti polemiche e ossessionate dei “soliti noti”. La domanda riguardava l’iniziativa fascista della “Giornata della fede” proclamata nel dicembre del 1935 per sostenere i costi della guerra di Mussolini in Etiopia, in cui oltre 250 mila anelli furono raccolti in un giorno solo a Roma. Liorni ha definito l’iniziativa “patriottica”, scatenando un vero e proprio caos sui social.
Le precisazioni del conduttore
Questo ha fatto sì che dovesse specificare quanto accaduto. “Volevo dire, a chi possa aver pensato che stavo elogiando il fascismo e ai picchiatori da tastiera, che io sono un antifascista. Non potrei fare un elogio del fascismo. Stavo raccontando, con l’ottica di quei tempi, le emozioni che si vivevano in quei giorni”, ha chiarito in un video. “Ieri nella puntata dell’Eredità c’era una domanda che si riferiva alla Giornata della fede del 1935. Quando l’abbiamo registrata è stata una domanda che mi dava delle emozioni, perché in famiglia se ne è parlato, mio padre è nato in quei giorni, per mia nonna è stata una giornata di grande sofferenza. Per quell’Italia lì era un gesto di grande sofferenza”.
L’episodio, scandisce Liorni, è stato “visto con lo spirito dei tempi, in quel momento lì donare la fede alla Patria si faceva con uno spirito patriottico. Vi dovevo questo chiarimento, mi dispiace per chi lo ha interpretato in un modo diverso”, conclude.
No, caro Marco, non c’era bisogno di chiarire alcunché. Chi non è ossessionato, chi non vive di pregiudizi, sa bene che non c’era alcun intento fascista nel tuo intervento. Il fascismo è morto e sepolto con il suo ideatore e da lì è passata una vita. Di quei tempi non restano che i nostri nonni e i libri di storia. Ma è bene che vengano letti – e soprattutto interpretati – nella maniera corretta. Altrimenti diventa solo ossessione.