Palermo, 5 arresti per estorsione su attività agro-pastorali con l’aggravante mafiosa

Le indagini hanno permesso di ipotizzare "il pervasivo controllo e la gestione illecita delle attività agro-pastorali"

StrettoWeb

La polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha eseguito, questa mattina, una misura cautelare nei confronti di 5 soggetti, due dei quali già condannati in via definitiva per associazione mafiosa, ritenuti responsabili, spiega una nota della Questura di Palermo, di una serie di “condotte reiterate di estorsione ed illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravati dal metodo mafioso e di aver agevolato l’associazione mafiosa denominata cosa nostra“.

Le indagini, condotte dallo SCO, dalla SISCO di Palermo e dalle squadre mobili di Agrigento e Palermo hanno permesso di ipotizzare “il pervasivo controllo e la gestione illecita delle attività agro-pastorali” sul territorio girgentano di Santa Margherita del Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia fino al confine con Contessa Entellina (Pa).

Gli indagati, sottolinea la questura, “avvalendosi della indiscussa forza intimidatoria derivante dall’essere riconosciuti quali esponenti di vertice del mandamento mafioso di Santa Margherita di Belice, avrebbero attuato un incisivo controllo sull’economica agro-pastorale dell’area nonché sul connesso utilizzo dei fondi agricoli dell’entroterra belicino“.

In particolare, sono stati registrati diversi episodi in cui gli indagati, avvalendosi del metodo mafioso, “avrebbero costretto i proprietari ed i gestori dei terreni agricoli a cedere la disponibilità di ampie aree di terreno da adibire al pascolo abusivo del bestiame, imponendo il pagamento di canoni irrisori che, in taluni casi, non sarebbero stati nemmeno corrisposti“.

Il controllo dei terreni agricoli si sarebbe tradotto, in alcuni casi, anche in un divieto di esercitare attività agricole collaterali che “alterassero il libero pascolo delle greggi, così imponendo di fatto uno stringente predominio su beni immobili altrui, anche funzionale alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla produzione lattiero- casearia“. In tale contesto si sono registrati anche episodi di danneggiamento, come l’incendio, il taglio delle colture o il furto di bestiame, “consumati da ignoti“, a danno di quei proprietari che avevano deciso, contravvenendo ai voleri impostigli dagli indagati, di adibire i terreni a coltivazioni che avrebbero limitato il pascolo delle greggi.

In tale contesto di criminalità rurale, le indagini, prosegue la nota della questura di Palermo, “si sono avvalse anche del contributo dichiarativo di alcune vittime che si sono opposte al ‘sistema di controllo’ del settore, facendo venire in rilievo anche taluni episodi in cui, all’esito della trebbiatura operata dai proprietari, le derrate sarebbero state indebitamente acquisite ed imballate dagli indagati, senza versare alcun corrispettivo“.

Lo “spessore” dei soggetti coinvolti nelle investigazioni ha evidenziato anche momenti di tensione interna legati al tentativo di alterare gli equilibri del ‘cartello’ stesso; “contrasti sempre appianati in una logica di convenienza e di reciproca tutela dei meccanismi di controllo del territorio“. Il provvedimento eseguito oggi, emesso dal gip di Palermo, si fonda, conclude la nota della questura, “su gravi indizi di colpevolezza e su un quadro indiziario emerso nel corso delle indagini“, le responsabilità penali dei fatti registrati saranno accertate in fase di giudizio.

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