I brogli alle elezioni 2020: dalla ‘Ndrangheta voti falsi per il Pd al primo turno e grande impegno per Falcomatà al ballottaggio, “conviene a tutti se vinci tu”

Maxi inchiesta "Ducale", lo scambio politico-mafioso tra il Pd di Reggio Calabria e la cosca Araniti della 'ndrangheta per eleggere Giuseppe Sera in consiglio comunale e confermare Falcomatà Sindaco dopo il primo mandato. Intercettazioni clamorose

StrettoWeb

Emergono dettagli e retroscena inquietanti dall’inchiesta “Ducale” della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha portato a 14 arresti “eccellenti” nell’ambito delle indagini sulle elezioni comunali del 2020, in cui Falcomatà riuscì a confermarsi Sindaco per il secondo mandato. L’inchiesta svela clamorosi brogli elettorali adoperati nell’interesse del Pd e dello stesso Falcomatà, sia al primo turno che al ballottaggio. Un caso che si lega a quello di Castorina, anche lui del Pd e già travolto dallo scandalo dei brogli elettorali  esploso pochi mesi dopo le elezioni. Quello di Castorina – che da capogruppo del Pd in consiglio comunale si era fatto votare persino da morti e allettati con un giro di scrutatori e presidenti di seggio complici – non era un caso isolato: in questa nuova inchiesta emerge il coinvolgimento diretto della struttura del Partito Democratico e soprattutto il tramite della ‘Ndrangheta, che invece per Castorina non era stato riscontrato.

Stavolta, infatti, si parla di “scambio elettorale politico-mafioso” in quanto la ‘Ndrangheta, e nello specifico la cosca Araniti, aveva deciso di sostenere il Partito Democratico nelle figure di Giuseppe Sera al primo turno e di Giuseppe Falcomatà in persona al secondo turno, ottenendo in cambio riscontri diretti in quanto a nomine e assunzioni negli uffici Comunali, poi effettivamente avvenute, tra cui persino il figlio del boss di Sambatello Domenico Araniti detto “il Duca“, da cui l’inchiesta prende il nome. Tutta l’indagine, infatti, ruota sulla cosca Araniti e la figura chiave è Daniel Barillà, considerato dalla Procura il referente politico della ndrina.

Falcomatà, rispondendo ai giornalisti poche ore dopo l’indagine, ha detto di “conoscere Barillà da tempo, è un incensurato” eppure secondo la Procura il Sindaco era ben consapevole – come tutti gli altri e un po’ tutta la città – dei legami molto stretti tra Barillà e la ‘ndrangheta, in quanto il 24 maggio 2019 Barillà sposava Angela Araniti, figlia del boss Domenico, “il Duca” appunto. Quello di Barillà con la ‘ndrangheta, quindi, non è un rapporto esterno, ipotizzato o lontano, ma uno strettissimo legame familiare.

La Procura della Repubblica, infatti, scrive che per chiarire il cuore dell’indagine bisogna “innanzitutto delineare la figura e il ruolo svolto nel settore politico da Daniel Barillà, genero di Domenico Araniti, “il Duca”, avendo sposato sua figlia Angela il 24 maggio 2019. Daniel Barillà – proseguono gli inquirenti – è da tempo attivo sul fronte politico locale di centrosinistra e figura tra i membri del Direttivo del Circolo PD Gallico-Sambatello, eletti il 29 gennaio 2013 contestualmente alla nomina del Segretario del suddetto organo di partito Paolo Chirico. La sua prima esperienza di politica attiva incidente sul territorio gestito dalla cosca Araniti emerge allorquando, nel mese di marzo del 2017, il tesseramento operato nell’anno 2016 dall’allora segretario Chirico venne annullato dal coordinatore Provinciale del PD Giovanni Puccio per porre un freno alle aspre polemiche, riprese dalla stampa locale, circa l’adesione al circolo di soggetti “imparentati” con il clan Araniti. Le polemiche erano, soprattutto, basate sul dato anomalo dell’aumento notevole delle tessere di iscrizione al partito nella zona di competenza del predetto Circolo, passate dalle 60 del 2014 alle 140 del 2017. A seguito delle dimissioni avanzate dal segretario Chirico, il Circolo del Partito Democratico veniva commissariato ed affidato alla reggenza di quello che vedremo essere uno dei protagonisti delle scelte strategiche elettorali della cosca in ambito regionale, ossia Giuseppe Neri, che lo guiderà fino al 2018″.

Insomma, Giuseppe Neri – oggi indagato da consigliere regionale di Fratelli d’Italia – come abbiamo già visto in un apposito approfondimento, ha una lunga carriera politica ventennale nel Partito Democratico ed è lì che si originano i suoi rapporti con Daniel Barillà e con la cosca Araniti, da sempre vicini al centro sinistra. Gli investigatori, infatti, scrivono che “Daniel Barillà, in qualità di partecipe e di collaboratore del capo cosca e proprio suocero Domenico Araniti; presenziava ai summit ed alle riunioni operative del sodalizio; manteneva i rapporti con i rappresentanti delle istituzioni e della politica; raccoglieva voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio stringendo patti elettorali politico mafiosi; agevolava l’infiltrazione della cosca nel tessuto socio economico ed istituzionale del territorio di riferimento; portava ambasciate e veicolava informazioni tra i sodali; forniva suggerimenti agli accostati per eludere i controlli delle forze dell’ordine“.

I numerosi incontri segreti tra Falcomatà e Daniel Barillà: “non ti ho mai chiesto niente, ma stavolta devi darmi una mano concreta. Vieni da me, entra dal retro”

E’ possibile – quindi – che Falcomatà non sapesse del legame tra Barillà e la ‘ndrangheta? Secondo gli inquirenti, no. E neanche dalle ricostruzioni dell’inchiesta, secondo cui Falcomatà – disperato per il risultato elettorale al primo turno – chiede personalmente l’intervento di Daniel Barillà per aiutarlo al ballottaggio, gli telefona e gli chiede di incontrarsi, offrendogli la possibilità di entrare nella sua segreteria da una porta nel retro. Perché dovrebbe entrare dal retro, di nascosto, un “incensurato che fa politica da sempre“, come Falcomatà ha definito ieri Barillà sminuendo le accuse e ignorando finanche i legami di parentela con la ‘ndrangheta? Gli incontri diretti tra Falcomatà e Barillà sono numerosi, tutti riportati nell’ordinanza. C’è anche una serata ristrettissima in pizzeria, in cui Falcomatà però decide di andare nel giorno di chiusura, per essere anche qui lontano da occhi indiscreti. “Lo sai che non ti ho mai chiesto niente, ma stavolta… stavolta mi devi aiutare” dice Falcomatà al referente politico della ‘ndrangheta, genero del boss di Sambatello, pochi giorni prima del ballottaggio con Minicuci.

E Barillà, parlando al telefono con altri esponenti politici, ridicolizza Falcomatà: emerge da un’intercettazione riportata nell’ordinanza, in cui Barillà confida ad un altro esponente del Pd locale: “ti volevo dire, ieri pomeriggio mi ha chiamato Falcomatà, mi ha detto Danielino, gli ho fatto’ già che mi chiami Danielino è male segno’, gli ho detto io. E lui ha detto ‘vediamoci appena possibile’. Sono andato a trovarlo, alle sei e mezza, tra l’altro io ero con un furgone quindi immagina tu come poteva… vabbè vado a trovarlo con un mio amico e niente, siamo stati un poco a parlare, un quarto d’ora, venti minuti, ‘guarda, io non ti ho mai chiesto niente, stavolta te lo chiedo proprio senza cose, perchè io so comunque su Catona, su Gallico’, va beh, si riferiva a Peppe Neri. E poi continua, ‘se mi volete dare una mano’, e io gli ho risposto, noi figurati, ho votato a Peppe Sera, adesso conviene a tutti che tu vinca – ho detto – quindi… No – dice – ‘ti chiedo di darmi una mano concreta, di fare un paio di appuntamenti qua e là“. Appuntamenti che poi effettivamente faranno senza sosta nei giorni successivi, quando Barillà si dice convinto della vittoria del Sindaco uscente e in varie conversazioni sottolinea come molti elettori “strutturati“, così li definisce, sosterranno Falcomatà al ballottaggio portandogli tanti voti, tra questi cita Eduardo Lamberti Castronuovo, Gianni Bilardi, Seby Vecchio, addirittura Mary Caracciolo che al primo turno era candidata nella lista di Forza Italia!

La ricostruzione dei brogli: decisive due giovanissime scrutatrici compiacenti

La Procura ricostruisce passo dopo passo come sono avvenuti i brogli elettorali, con un metodo molto più fine rispetto a quello di Castorina. Determinanti le figure di due giovanissime scrutatrici, Martina Giustra e Caterina Iannò (nella foto a corredo dell’articolo), arrestate nell’operazione di ieri (la prima ai domiciliari, la seconda all’obbligo di presentazione alla PG). Oggi hanno 29 e 27 anni, al momento delle elezioni quando hanno commesso il reato ne avevano appena 25 e 23. Tutto succede nel seggio della Sezione 88 del Comune di Reggio Calabria (allocato all’interno dell’edificio scolastico sito nella via Mario Cagliostro di Sambatello). Le carte della Procura spiegano come “Daniel Barillà, Natale Corsaro e Antonio Dascola, d’intesa con Martina Giustra, si procuravano tessere elettorali di soggetti che non potevano o non intendevano esprimere legittimamente il loro voto, recandosi presso il seggio elettorale. Martina Giustra, scrutatrice del seggio della Sezione 88, prelevava indebitamente un numero di schede elettorali, vidimate come per legge, corrispondente a quello dei soggetti indicati sopra; Daniel Barillà, Natale Corsaro e Antonio Dascola compilavano surrettiziamente (in luogo degli aventi diritto) dette schede, esprimendo il voto in favore di candidati di loro gradimento (Giuseppe Sera alle comunali del 2020, ma lo stesso sistema era usato per Giuseppe Neri alle Regionali di 2020 e 2021) e le consegnavano, clandestinamente, a Martina Giustra unitamente alle tessere elettorali ed ai documenti di riconoscimento degli elettori assenti; Martina Giustra inseriva dette schede nell’urna e annotava (falsamente) l’avvenuta manifestazione del voto (con l’indicazione del numero delle tessere elettorali e dei documenti di riconoscimento) nei registri e nelle liste elettorali (così determinando anche la falsa indicazione – operata dal presidente e dal segretario dell’ufficio elettorale, indotti in errore – dei voti validamente espressi nel verbale del seggio elettorale della Sezione 88); Caterina Iannò, nella qualità di scrutatrice del seggio della Sezione 88, dava supporto operativo a Martina Giustra, le forniva informazioni sugli spostamenti e le assenze del Presidente del Seggio (al fine di eluderne la sorveglianza), ometteva di intervenire — pur avendone il dovere — per evitare la consumazione dei falsi e delle contraffazioni degli atti elettorali di cui condivideva la responsabilità”.

L’inchiesta svela tutti i retroscena dell’operazione: “il meccanismo era semplice – scrivono gli investigatori – dall’esterno, Barillà e Dascola avrebbero recapitato le tessere elettorali degli elettori “fantasma”; Martina Giustra avrebbe quindi portato fuori dal seggio un numero di schede corrispondente per la successiva compilazione; dette schede, una volta “votate” in modo apocrifo, sarebbero state poi da Giustra reintrodotte nel seggio ed inserite nell’urna, previa registrazione. E per questo la scrutatrice pensava di portarsi avanti nel lavoro e chiedeva al Dascola l’esatto numero delle tessere elettorali recuperate, in modo da predisporre le schede necessarie. Dascola non era a conoscenza del dato, ripromettendosi di rivolgersi a Barillà, regista dell’intera operazione [Martina Giustra: “quante sono esattamente così le conto prima (…) quante sono?” Antonino Dascola: “Ora appena salgo da Dany. Ti faccio sapere con esattezza”]“.

I progettati brogli – si legge ancora nell’ordinanza – venivano infine portati a compimento: sotto la direzione di Daniel Barillà, Martina Giustra riceveva dai correi i documenti di identità e le tessere elettorali, consegnava ai predetti le schede che venivano illecitamente compilate e quindi procedeva alla registrazione dei fittizi votanti. Come concordato, nel primo pomeriggio del 20 settembre 2020 la macchina organizzativa dei brogli elettorali era in piena attività. La scrutatrice, avvisata dell’arrivo dei correi che l’attendevano all’esterno, si allontanava dal seggio per raggiungerli. Il trojan inoculato nel suo smartphone consentiva di registrare la frenesia dei momenti in cui Martina Giustra, Antonio Dascola e Natale Corsaro si scambiavano la documentazione necessaria per la manipolazione del voto, dandosi reciprocamente consigli per la riuscita del loro progetto delinquenziale. In particolare, alle ore 13.36 del 20 settembre 2020, dopo aver ricevuto l’ input da parte dì Daniel Barillà, Antonio Dascola avvisava Martina Giustra che di lì a poco si sarebbe portato fuori dal seggio [Dascola: “io 10 minuti’ “e ci vediamo” “la sotto” “quando ti scrivo esci attimo”. Giustra “allora appena arrivi dimmi che esco”]”.

elezioni comunali reggio calabria 2020
Foto StrettoWeb / Salvatore Dato

Tutti sapevano di Castorina, e Castorina sapeva di loro

Gli indagati, nel medesimo contesto, iniziavano a discutere dell’aspirante consigliere comunale Antonino Castorina e delle voci di brogli che anche ulteriori candidati stavano perpetrando con simili modalità operative. In proposito è bene fare una premessa – si legge ancora nelle carte – Analoghe operazioni di manipolazione del voto, in quello stesso contesto, erano effettuate da altro candidato alle elezioni comunali. Si trattava di Antonino Castorina, soggetto per il quale — a seguito di indagini autonomamente eseguite da questo ufficio — si è già proceduto per i medesimi titoli di reato nell’ambito di altro procedimento. Come si evince da quegli atti, tuttavia, Castorina adottava una tecnica operativa parzialmente diversa rispetto a quella degli odierni indagati: non disponendo, infatti, dei documenti di identità dei “falsi elettori”, il compiacente componente del seggio elettorale registrava i soggetti in questione annotandone l’avvenuta identificazione tramite “conoscenza personale”. Daniel Barillà ed i suoi correi avevano invece progettato un meccanismo operativo alternativo e più sicuro, avendo cura di procurarsi anche i documenti di riconoscimento dei “falsi elettori”, in modo da procedere alla “identificazione” in modo apparentemente più ortodosso. Dall’intercettazione ambientale attivata sul dispositivo in uso a Martina Giustra, si udiva la ragazza, alle ore 13.48, proferire testuali parole “esco un attimo fuori“.

Si riporta di seguito la conversazione nel tratto di interesse: all’inizio  si sentono voci di terze persone parlare all’interno del seggio, poi alle 13:48 si registra la vibrazione e la ricezione di un messaggio e quanto asserito, subito dopo, da Martina Giustra: “esco un attimo fuori”. Dopo essersi incamminata ed aver raggiunto l’estero del seggio, Martina Giustra si intratteneva a discutere con Antonio Dascola e Natale Corsaro. Dopo essersi accordati su come materialmente commettere i brogli, la giovane prendeva a raccontare ai suoi interlocutori della telefonata intercorsa tra Castorina e la presidente del seggio durante la quale, il candidato consigliere aveva invitato quest’ultima a prestare molta attenzione ad eventuali brogli compiuti nella sezione di sua competenza. Inoltre, Castorina aveva fatto presente alla sua Presidente di avere una diretta conoscenza della scrutatrice Martina Giustra. Ascoltate le parole della ragazza, i dialoganti la invitavano ad adottare tutte le cautele del caso, suggerendole di effettuare le operazioni a lei note in bagno, al riparo da sguardi indiscreti, salvo aggiungere “tu quando sei pronta.— me li prendo … mi dici “Antonio entrate”… che io entro…. vedi quanto sono …. me li prepari”. Poco dopo, Martina Giustra riprendeva il proprio posto all’interno del seggio elettorale. Quella stessa sera, Martina Giustra si soffermava a dialogare dapprima con un’altra scrutatrice, tale Angela Santoro, e quindi con la propria madre Sebastiana D’Agostino. Nel corso della prima conversazione, Martina Giustra — timorosa che qualcuno avesse intuito quanto da lei commesso — chiedeva alla collega informazioni sul punto. Apprendeva che taluni sospetti, sulle prime balenati in capo alla Presidente del Seggio (allettata al riguardo dal candidato Castorina), erano venuti meno allorché si era appurato che i votanti non erano stati identificati sulla base della mera “conoscenza personale”. Come s’è detto, infatti, il sistema di brogli escogitato dallo stesso Castorina si fondava, per l’appunto, su tale metodologia di asserita identificazione; mentre quello messo a punto da Barillà & C. prevedeva l’effettiva consegna dei documenti di riconoscimento degli elettori assenti. Tale diversa strategia si era rivelata vincente, fugando i dubbi che, pure, qualcuno aveva in principio provato ad ingenerare sulla condotta di Martina Giustra [Martina Giustra: “questo qua comunque, sa che…ogni tanto fanno queste cose, quindi lui se lo immagina e le ha detto di non lasciare tipo le cose scoperte…” Angela Santoro: “no gli ha detto solo che sei mancata “hanno fatto sicuramente qualcosa” come … (…) ha detto: (..) “la carta di identità” (…) gli ha detto: ” 110 allora è sicuro che non c’è stato niente…” (…) “conoscenza personale, non c’è niente”. Martina Giustra: “e lui ha presupposto, perchè siccome lui sa che… tipo… fanno delle volte queste cose…”].

Come si evince dalla successiva conversazione, che Giustra intratteneva con la madre, l’ingerenza del Castorina, finalizzata ad alimentare sospetti e ad indurre la Presidente di seggio a più penetranti controlli, aveva comunque sortito effetti. Avvisato di ciò, Daniel Barillà aveva infatti deciso di agire con maggiore cautela, riducendo il numero dei votanti fittizi. All’ultimo momento, ad esempio, aveva preferito non fare risultare il voto di un anziano (pare di capire, il nonno di Martina Giustra), di cui, pure, erano stati messi a disposizione la tessera elettorale ed il documento. Ed infatti, trattandosi di un invalido con difficoltà di deambulazione, la sua dichiarata (e non veritiera) presenza al seggio avrebbe potuto suscitare perplessità e attenzioni investigative. [Martina Giustra: “eh.. gli ho detto io: ” eh… ” ha detto: ” va bene allora ferma e non esageriamo” perchè tipo ne avevano qualche trenta, eh… però tipo quella di nonno non l’hanno fatta, perchè sono intelligenti, perché nonno è invalido, hanno fatto quelle di persone che si possono (ride, ndt) eh.. gli ho detto: “vedi così e così” e ha detto: ” va bene, ferma” poi… vabbuò alle tre sono…(inc.)…sono venuti…”].

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