L’Autonomia e l’Unità d’Italia

Con l’approvazione dell’Autonomia differenziata salta nei fatti l’unità del Paese e, insieme a questa, la solidarietà

StrettoWeb

Con l’approvazione dell’Autonomia differenziata salta nei fatti l’unità del Paese e, insieme a questa, la solidarietà. Due elementi fondamentali della nostra Costituzione. Ricordo ancora che l’unità ha rappresentato l’elemento cardine di tutto il Risorgimento che i nostri patrioti anteponevano alla stessa libertà. Non è un caso che i Padri Costituenti abbiano avvertito il bisogno di trasfondere quel sentimento unitario, in tutto il suo valore simbolico, nella nostra Costituzione. “La Repubblica, una e indivisibile, promuove le autonomie…”. Così si legge all’articolo 5. Certo che la Repubblica, le autonomie, le riconosce e le promuove, ma attraverso la forza di un Paese unito. L’idea di solidarietà è invece collocata all’articolo 2, come “adempimento di dovere inderogabile”. Appare utile ricordare che la nostra Costituzione fu la prima al mondo a introdurre in un suo articolo la parola “solidarietà”. Non so se Salvini, Calderoli e Zaia, gli artefici di questo misfatto italiano, conservino in un cantuccio della memoria questa doppia peculiarità della nostra Costituzione.

Sciagura per il Sud

Faccio fatica a pensare che l’Autonomia differenziata, oltre a rappresentare una sciagura per il Mezzogiorno sia servita anche ad altro. Per esempio, a salvare la poltrona di Salvini, diventata traballante dopo le elezioni europee, a garantire a Calderoli un’ottava legislatura e a Zaia, dopo il veto imposto dalla premier, per una quarta elezione alla guida del Veneto, un posto di ministro al primo rimpasto di governo. Ripeto faccio fatica a pensarlo. Si tratterebbe di traguardi di politica spicciola, insignificanti rispetto alla devastazione causata al Mezzogiorno dall’Autonomia differenziata. Certo adesso i presidenti di regione di centrosinistra presenteranno contro la legge un ricorso alla Consulta e nel Sud ci si mobiliterà per promuovere un referendum abrogativo che cancelli una legge ritenuta sciagurata per l’Italia tutta. Sia pure con grande ritardo il Sud sembra svegliarsi da un lungo torpore. Si dà purtroppo il caso che la legge ormai è stata ormai approvata. La divisione dell’Italia è stata formalmente stabilita.

Revisione del titolo V

Affronto infine un argomento che, specie in questi giorni, il centrodestra, specie quello meridionale, agita con frequenza. La legge che approva l’Autonomia differenziata scaturisce dalla revisione del titolo V attuata sul finire della legislatura 1996-2001 dal Parlamento con una risicata maggioranza di centrosinistra. Tutto vero. Nessuno spiega la ragione di quell’approvazione, all’apparenza illogica, che si connette invece strettamente al valore dell’unità del nostro Paese. Devo infatti aggiungere che la legge di revisione costituzionale del 2001 mirava a recuperare le spinte secessioniste della Lega di Bossi. In sostanza aveva un fine nobile. Non c’è dubbio che all’epoca il problema dell’unità, specie all’interno del governo era molto sentito. Il ministro delle riforme era Antonio Maccanico, già segretario generale della Camera dei deputati e, successivamente, segretario generale al Quirinale con Sandro Pertini, il presidente del Consiglio era Giuliano Amato e il presidente della Repubblica era Carlo Azeglio Ciampi, tre personaggi di cultura fortemente unitaria.

Bossi

Ricordo ancora che Bossi, all’epoca incontrastato segretario della Lega, aveva rotto da tempo la sua intesa politica con Berlusconi e aveva affrontato le elezioni del 1996 da solo, privo di alleanze, con la Lega compatta dietro la sua guida al grido di secessione. Aveva ottenuto un successo strepitoso: una percentuale del 10,7 per cento sostanzialmente conseguita in poche regioni del Nord. Da inguaribile istrione aveva arricchito di un’iconografia forzata l’intera sua gestualità politica. Aveva raccolto con un’ampolla l’acqua del Po alla sorgente, sul Monviso, per riversarla nella Laguna di Venezia. La Lega era ancora la Lega-Nord per la liberazione della Padania. La secessione sembrava ormai imminente. A richiederla era la parte forte dell’Italia, quella che in genere pesa molto nelle scelte del Paese.

Per evitare la secessione la condizione che la Lega lasciava trapelare consisteva, appunto, in un largo trasferimento di funzioni ai territori. Non escludo neanche che tra Bossi e qualche esponente di governo del tempo, una possibile trattativa si stata informalmente intessuta. Nasce dunque, a mio modo di vedere, da qui la modifica del titolo V volta a tenere unita la Penisola. Alla luce dei fatti odierni una classica eterogenesi dei fini. In politica assai frequente.

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