Il reggino Francesco Canale e la vita da Performance Coach: così ha superato una prova di sopravvivenza tra freddo e pioggia, mangiando vermi | INTERVISTA

L'intervista di StrettoWeb al giovane reggino Francesco Canale, Performance Coach attualmente impegnato nel MICAP

  • Francesco Canale
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    Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb
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StrettoWeb

Una storia di riscatto personale, di voglia smisurata di libertà. Gli esami della vita già superati, altri da superare. Per poi raccontare la sua esperienza a tutti coloro che vorranno interfacciarsi con lui, uscendo dagli schemi, affrontando di petto le difficoltà e i periodi di crisi. A StrettoWeb ha deciso di raccontarsi Francesco Canale, giovane reggino classe ’97 che possiamo definire Performance Coach. “Io aiuto professionisti e imprenditori a migliorare le proprie performance e abitudini, cosicché possano ottenere più risultati nel lavoro, nelle relazioni interpersonali e con se stesse. Io non lavoro sulla mente, non vado in profondità delle cose, ma insegno ad avere più schemi da utilizzare in maniera tale da essere liberi”.

Così si definisce lo stesso Francesco, che ha deciso di parlarci di lui, della sua vita e di una scelta – di qualche anno fa – che gli ha permesso di svoltare. E’ destinato ad essere una guida per gli altri già da piccolo, Francesco, ma allora ancora non lo sapeva. Il suo “bosco” (poi vedremo cosa significa) inizia con la separazione dei genitori, quando aveva 10 anni. Da lì in poi, per lui, trovare la felicità è stato sempre più difficile. Schiavo dei condizionamenti esterni, degli schemi della vita, comincia a soffrire di attaccamento affettivo e si vede come un fallito, non riuscendo a gestire le emozioni e mollando praticamente già prima di iniziare.

Quando decide di diventare Performance Coach

Ma oggi, a metà 2024, Francesco ha preso in mano la sua vita e ora la vuole raccontare agli altri. La scintilla scatta intorno al 2021. Il mio percorso era diverso rispetto a quello attuale, ero da poco entrato in Trenitalia, ma non mi riconoscevo in quel lavoro, in quell’ambiente, in quegli schemi chiusi, come orari e non solo. Così inizio un nuovo percorso da autodidatta, con libri e corsi online, che mi fanno capire che qualcosa di diverso si poteva fare dalla normalità. Fino a che non mi imbatto in Tony Robbins, il più grande formatore e life-strategy in grado di aiutare più di 70 milioni di persone. Dopo che leggo un suo libro, unisco i puntini, entro dentro me stesso e riscopro il passato”.

La scelta importante: il MICAP

Così Francesco non ritrova solo il passato e la libertà, ma anche un futuro che a lui si apre davanti. Comincia a studiare e a interfacciarsi con clienti da “aiutare”. Ad oggi ha già le qualifiche necessarie per la mansione che ricopre, quella di Performance Coach, ma non si vuole fermare e per questo ha deciso di affrontare una delle sfide più grandi tra quelle che la sua professione impone: il MICAP, Master Internazionale in Coaching ad alte prestazioni. Il suo Presidente, giusto per farne capire l’importanza, è Roberto Cerè, coach per Ferrari, Gucci, Intesa San Paolo. “Il MICAP è un master specifico per questa professione – spiega Francesco ai nostri microfoni – improntato sull’area business. Ogni persona vive un proprio bosco nella vita, che può essere un periodo di difficoltà o crisi nel lavoro o nelle relazioni”.

Il bosco del giovane reggino è stato in Trentino, una delle sfide più dure da affrontare nei due anni di master. Una vera e propria prova di sopravvivenza di quasi una settimana. “Dal 12 al 18 maggio sono stato in Trentino, in un bosco senza nulla: uno zaino, un sacco a pelo, un coltello e quattro scatolette di cibo per arrivare a fine settimana. Ha piovuto 5 giorni su 6 che sono stato lì. Dalle 5 alle 7 di mattina non potevamo interagire con gli altri, era vietato, avevamo solo un quaderno per scrivere. Senza mangiare, col freddo, con la pioggia, non dormendo per via dei rumori e del clima. Questa cosa o l’accetti o punisci il tuo stato d’animo. Abbiamo mangiato vermi, ma basta credere in se stessi. C’è stata gente di 60 anni che dopo queste prove è tornata a credere in se stessa”.

Così Francesco introduce quello che ha vissuto, una delle sfide più dure e difficili, ma una di quelle tappe che aiutano a credere in se stessi e ad insegnare agli altri come si fa. Perché, ora che ha trovato la sua strada, Francesco vuole percorrerla in piena libertà, finalmente. Si è posto degli obiettivi a breve termine, non troppo lunghi (fino a 3 anni), e poi… chissà. Qui di seguito l’intervista completa a StrettoWeb, dove parla di lui e delle prossime sfide del Master, tra cui la partecipazione alla difficilissima Maratona di New York.

Francesco Canale racconta la sua storia: dalle difficoltà alla nuova professione di Performance Coach
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