Libia; una transizione strapiena di insidie. Rischi anche per l’Italia

StrettoWeb
Ribelli libici per le strade di Sirte

Quello che più preoccupa le cancellerie occidentali è il forte vuoto di potere che si è venuto a creare in un paese cosi vasto, come la Libia, all’indomani della morte di Gheddafi. Tutto si può dire meno che la Libia sia un paese liberato. Sono tanti i nodi da sciogliere. L’uccisione del Rais non è stata ben vista da tutto il popolo libico, soprattutto da buona parte delle tribù del Fezzan e della Tripolitania meridionale (tra queste ci sono i Warfalla) che gli erano rimaste sempre fedeli, fino alla morte. Per loro (parliamo di quasi 2.000.000 di libici) Gheddafi verrà ricordato come un martire che ha sacrificato la propria vita per difendere la terra natale dalla barbarica invasione occidentale. Non per caso proprio nel Fezzan, in pieno deserto, vi sono città, come Gat (non lontano dal confine algerino), e villaggi, che continueranno a sostenere quelle che erano le ideologie del Rais di Libia, ormai divenuto il simbolo e vittima di quello che a parere di molti libici viene definito il nuovo colonialismo dell’occidente. Intanto alcuni analisti internazionali vedono per la Libia un serio rischio di “somalizzazione” che potrebbe portare un intero paese nel caos più totale, con infiltrazioni qaediste che porteranno forti destabilizzazioni etniche e claniali, pronte a minare la strada all’avvento di un governo di unità nazionale capace di governare e portare un po’ di ordine in un paese dove le armi pesanti e gli RPG, in mano ai civili, vengono barattati quotidianamente in cambio di generi di prima necessità, come pane e acqua. Di certo una “somalizzazione” della Libia avrà delle ripercussioni ampiamente negative per tutti quei paesi europei, in primis l’Italia, che si troveranno ad affrontare mille problematiche davanti casa. Questa previsione, non proprio rosea per la politica estera del nostro paese, ma anche per i paesi, come Francia e Gran Bretagna, che hanno armato i ribelli libici per abbattere dall’interno Gheddafi, al momento ci sembra un po’ troppo affrettata, ma non di certo impossibile. Molto più probabile e l’eventualità di un possibile smembramento, quindi della realizzazione di nuovi stati, delle due grandi macro-regioni, la Cirenaica e la Tripolitania, che ad oggi formano la Libia che noi tutti conosciamo. Tra Cirenaica e Tripolitania, anche sotto il regno (da “gabbia dorata”) di Gheddafi, non sono mai mancate le tensioni e gli scontri per le notevoli differenze di tradizioni culturali, ma anche religiose, che da secoli influenzano le due macro-regioni. Appare ben chiaro ad oggi come la Cirenaica, al momento principale protagonista della rivoluzione libica che ha smantellato la solida dittatura di Gheddafi, non possa riuscire a governare i popoli della Tripolitania e viceversa. Mettere d’accordo le varie componenti della società civile libica (CNT), fra questi troviamo i vecchi generali dell’esercito libico poi passati con i ribelli e le milizie islamiste della Cirenaica che sotto le tirannia di Gheddafi subivano pesanti persecuzioni, non è un compito facile, anzi, è molto probabile un fallimento che potrebbe portare, Mahmud Jibril, capo dell’attuale governo provvisorio del Consiglio di Transizione (nato a Bengasi), a un nulla di fatto che si tradurrebbe nelle sue immediate dimissioni.

Ma in questa situazione di perenne incertezza Al Qaida starà a guardare ?

Nel serpentaio libico, pronto ad inguaiare mezzo occidente, la rete terroristica di Al Qaida, molto attenta agli umori politici del mondo arabo, non starà di certo a guardare dalla finestra, ma scenderà in campo, pronta a dare il giusto supporto morale e materiale. Le strategie dei gruppi di Al Qaida, operanti in “franchising” in tutto il nord-africa, con contiguità dalle dimenticate terre somale fino al Sahara occidentale, vedranno un pieno appoggio sul campo (in basso profilo) tramite l’inserimento di formazioni ed elementi (dalla Cirenaica) vicini alla corrente dei “Fratelli musulmani”, che in Egitto è già data per vincente (li il rischio di una deriva islamica radicale e anti-Israele è più rilevante) a seguito dei proseliti di massa che hanno infiammato la piazza del Cairo, recentemente teatro di gravi atti persecutori nei confronti della minoranza cristiana “copta” che in Egitto ha una tradizione secolare. Per questo motivo non sono da escludere le penetrazioni della ideologia “cairote”, dal vicino Egitto, quella che ha portato alla realizzazione del terribile attentato del 11 Settembre 2001 che tuttora, per molti analisti, rappresenta il punto di svolta per lo spostamento degli equilibri geo-politici mondiale fra occidente ed oriente.

Jibril, il capo del consiglio nazionale transitorio in Libia
Condividi