Reggio Calabria, giornata di studi “Gioacchino Murat: un Re tra storia e leggenda”

Reggio Calabria, i risultati ed il video della XXIX edizione sulla figura del sovrano del Regno di Napoli

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Si è svolta nella giornata di domenica 13 ottobre la XXIX edizione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone” sul tema “Gioacchino Murat: un Re tra storia e leggenda”. Alla conversazione, organizzata da remoto, hanno partecipato, in qualità di relatori, la ricercatrice toscana Elena Pierotti e Gianni Aiello (presidente delle due co-associazioni organizzatrici). La giornata di studi, giunta alla XXIX edizione, ha avuto il merito, in questo arco di anni, di ospitare, studiosi, accademici, ricercatori, appassionati di storia, istituti museali, associazioni, i discendenti delle famiglie Bonaparte e Murat, creando così un’agorà di incontro confronto. Tale periodo, definito dallo storico calabrese Umberto Caldora come “decennio francese”, e tale fase storica, è stata oggetto di analisi su diversi aspetti relativi a fatti e personaggi che hanno operato nel corso di quegli anni.

Le giornate di studio, organizzate dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone”, poggiano le loro basi sull’analisi di svariati documenti, facenti parte di un periodo storico che ebbe il merito di portare in Italia le esperienze e le conseguenze della rivoluzione francese, tramutando il quadro politico e sociale del nostro territorio, ancora ancorato ad un sistema feudale. Nel corso della nuova edizione hanno fatto seguito gli interventi della ricercatrice toscana Elena Pierotti su “Gioacchino Murat in Corsica” e di Gianni Aiello (Presidente delle due co-associazioni organizzatrici) sul tema “Il ritorno dei Murat sul territorio reggino dopo 173 anni”. La gradita ospite delle due co-associazioni, la ricercatrice lucchese Elena Pierotti, ha analizzato il tema “Gioacchino Murat in Corsica”, dando lettura ad alcuni documenti degli archivi toscani e dello stato Vaticano.

Cenni storici

In quei carteggi sono inseriti dei passaggi molti importanti relativi alle vicende che precedettero la fucilazione, dopo un processo sommario, in quel di Pizzo, del 13 ottobre 1815. Altri dati di notevole interesse storico sono stati ricavati dalla ricercatrice toscana Elena Pierotti, dalla consultazione di alcune riviste, come ad esempio “Archivio di Corsica”, diretta nella prima metà del XX secolo da Gioacchino Volpe, dove furono messe in rilievo, con provati documenti, le vicende che condussero Gioacchino Murat in Calabria nell’ottobre del 1815, dove trovò la morte. Sul menzionato periodico, lo storico Ersilio Michel scrive che […].

Il 25 agosto 1815, dopo i pericoli e le peripezie patite in Provenza, Gioacchino Murat, accompagnato da pochi seguaci, sbarcava clandestinamente, com’è noto, a Bastia, forse ancora incerto sul partito cui appigliarsi per avvincere di nuovo a sé quella fortuna che pareva l’avesse abbandonato. La notizia del suo arrivo si spargeva presto tra i cittadini e da Bastia si propagava rapidamente nei vari luoghi dell’Isola, richiamando a Vescovado, dove l’ex Re si era ritirato, subito dopo lo sbarco, numerosi Córsi, che a Napoli, negli anni precedenti, avevano militato sotto di lui, o vi avevano coperto uffici civili. Dall’Isola, come è facile immaginare, la notizia veniva presto trasmessa a Livorno, a Genova, a Civitavecchia, a Napoli.[…]. Nella parte continentale della Penisola italiana, per evitare che i tanti estimatori del Re Gioacchino Murat, potessero raggiungere l’isola della Corsica, vennero attuate delle linee guida per evitare ciò da vari Sovrani della Penisola e dalla stessa Austria temevano i movimenti dell’ex Sovrano. Si temevano soprattutto alcuni uomini al seguito di Murat, qui descritti come Córsi che, fedeli sostenitori del partito bonapartista, avrebbero potuto destabilizzare le decisioni politiche prese a Vienna.

Il console pontificio a Bastia riferiva il 10 settembre quanto aveva osservato e saputo e dichiarava insieme la necessità che di tutto fossero ragguagliati i Consoli delle Potenze alleate: […] otto delle più grosse barche di questo porto sono state in parte comprate e in parte noleggiate dai segreti agenti di Murat, né si è guardato al prezzo per ottenerle dai proprietari; ed una filunga bene equipaggiata è stata pure noleggiata […]. A preoccuparsi fu soprattutto lo Stato Pontificio, che pure ospitava al suo interno alcuni napoleonidi. Gioacchino Murat era pur sempre un napoleonide “sui generis”, che agli occhi dei patrioti poteva apparire un personaggio legato ormai al passato, ma allo stesso tempo capace di far rivivere più di altri quei principi scaturiti dalla rivoluzione che produssero gli avvenimenti di quegli anni.

Il Cardinale Consalvi, Segretario di Stato vaticano, raccomandava una particolare vigilanza al Delegato apostolico di Civitavecchia: “La permanenza di Murat nell’isola di Corsica apriva una strada alle clandestine corrispondenze epistolari tra quell’Isola e lo Stato Pontificio. Le lettere che pervengono dalla via di mare e specialmente da quel luogo sospetto meritano una particolare sorveglianza […]”. La mattina del 4 ottobre 1815 una nave inglese portò la notizia della partenza del Murat a Civitavecchia e consegnava lettere per il Cardinale Consalvi e per il Console inglese che quel delegato, Monsignor Giovanni Antonio Benvenuti. Come è noto, le pessime condizioni meteorologiche, non permisero alle imbarcazioni di Murat di effettuare la rotta di navigazione che era stata organizzata in precedenza, e l’8 ottobre, dopo varie peripezie, Murat sbarcava a Pizzo Calabro, dove, dopo un processo sommario, venne fucilato il 13 ottobre del 1815. La vicenda di Murat mise in evidenza il ruolo accessorio ma allo stesso tempo essenziale sul piano politico di zone cuscinetto, come ad esempio la Corsica; un’isola che per la sua posizione geografica e la sua condizione di territorio francese, potette ospitare patrioti di ogni colore e nazionalità, spesso ricercati dalle varie polizie.

Murat trovò qui terreno fertile, visti i suoi trascorsi con Napoleone I, ma allo stesso tempo rimase abbagliato dalle promesse che senza ogni dubbio gli erano state fatte, nel tentativo di raggiungere Napoli. Si trattava con ogni evidenza solo di promesse, ed infatti ne rimase travolto. La parola è passata a Gianni Aiello (Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone”) che ha trattato il tema “Il ritorno dei Murat sul territorio reggino dopo 173 anni”. In buona sostanza si tratta della sequenza degli eventi che si svolsero il 13 ottobre del 1998, data relativa alla quarta edizione della giornata di studi “Gioacchino Murat: un Re tra storia e leggenda”. Foto, attestati benemeriti, corrispondenza epistolare, reportage giornalisti a riguardo il soggiorno dei discendenti del Re di Napoli sul territorio reggino dopo ben 173 anni. Il 13 ottobre del 1815, dopo un processo sommario, veniva fucilato Gioacchino Murat in quel di Pizzo Calabro. Il 13 ottobre alle ore 17 i diretti eredi di quel Sovrano illuminato fanno il loro ingresso nel Palazzo dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, insieme a due ministri della Real Casa. Questa coincidenza – come riportato sulle pagine de “La Città del Sole” (novembre 1998) voluta dagli organizzatori per la commemorazione, genera un brivido, quando alla numerosa platea viene chiesto un minuto di raccoglimento per onorare il Re Murat e ricordare quel tragico momento.

Dall’archivio delle due co-associazioni reggine vengono così ricordate carte, lettere, fotografie, che non sono “reperti” impolverati ma sono da considerarsi come elementi narrativi, dove micro a macro storia si incontrano per tornare ad essere elementi narrativi delle storie di cui sono testimoni. Il passato ed il presente che si incontrano: quanto narrato dai corrispondenti al seguito delle truppe napoleoniche e murattiane sul territorio calabrese, rivive in altre testimonianze. Durante il mio breve soggiorno – ricorda nel momento della conferenza il discendente del Re di Napoli – ho avuto modo di conoscere persone molto semplici ed attive come gli abitanti dei luoghi visitati in questi giorni nella provincia reggina come Scilla, Piale, Seminara, Pentidattilo, Reggio Calabria.

La permanenza dei discendenti di Gioacchino Murat sul territorio caratterizzata anche da una serie di impegni culturali per visitare le realtà del territorio come il Liceo linguistico della Città, il Museo della Magna Grecia, l’Archivio di Stato e quello Diocesano, il Piccolo Museo San Paolo, il castello di Scilla, il campo di Piale che venne designato nell’estate del 1810, quartiere generale del Re di Napoli, Gioacchino Murat per la conquista della Sicilia. Gioacchino Murat, dal Campo Reale di Piale, comandò la costruzione di tre forti, che contenessero gli eventuali contrattacchi anglo-borbonici. Due di queste “batterie” furono addossate alle torri cinquecentesche del Piraino, a Piale, e del Cavallo, sul promontorio di Caporafi, mentre il terzo forte fu costruito alla marina di Pezzo. Le conversazioni culturali organizzate dal Circolo Culturale “L’Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone”, sono articolate in giornate di studi, si rinnovano annualmente a far data dal 1995. Rappresenta un giusto momento di riflessione, in Calabria, dove si rievoca la figura di Gioacchino Murat nel giorno della sua scomparsa, caratterizzato dalla presenza di autorevoli studiosi. La storiografia ufficiale ha oscurato la sua azione democratica, tesa al liberalismo ed alla costituzione di una nazione, un Regno unito, indipendente, secondo i modelli illuministici.

Il periodo, comunemente indicato come “decennio francese”, ha inizio il 14 gennaio 1806, giorno dell’entrata in Napoli di Giuseppe Bonaparte, fino all’amministrazione di Gioacchino Murat, che rimase a governare il Regno fino al marzo 1815. Le giornate di studio poggiano le loro basi sull’analisi di svariati documenti, facenti parte di un periodo storico, che ebbe il merito di portare in Italia, le esperienze e le conseguenze della rivoluzione francese, tramutando il quadro politico e sociale del nostro territorio, ancora ancorato ad un sistema feudale. La figura di Gioacchino Murat che a Pizzo Calabro viene ricordato perché qui trovò la morte nel 1815 è stata a lungo mistificata. E tutt’ora continua ad esserlo. La storiografia ufficiale lo vuole prima in lotta di collisione col cognato Imperatore Napoleone I°, pronto a tradirlo per ottenere un posto al sole.

Poi impegnato nelle vicende rivoluzionarie del 1815 che lo volevano farsi promotore di un’Unità nazionale italiana ante litteram, che non aveva al suo attivo le giuste premesse. Il Re di Napoli Gioacchino Murat, durante i cento giorni di Napoleone, dichiara guerra all’Impero austriaco per impedire il tentativo di restaurazione dei Borbone sul trono napoletano e, allo stesso tempo, per sostenere l’Imperatore francese.

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