Bollo auto: novità, storia ed evoluzione

StrettoWeb

Earn-Cash-from-CarIl bollo auto, una delle tasse più odiate dagli Italiani, quest’anno è stato oggetto di numerose ipotesi ed annunci da parte del governo, opposizione e associazioni di categoria.

Prima puntata. Giugno 2014. Bozza di legge del governo Renzi. Aumento del 12% della tassa regionale, ma eliminazione del superbollo per le auto con oltre 185kw (che non sono necessariamente vetture di lusso), il tutto accompagnato anche dall’addio all’IPT (imposta provinciale di trascrizione). Quest’ultima sarebbe stata sostituita con l’IRI , imposta regionale di immatricolazione, calcolata come il bollo tenendo conto di alcuni parametri come potenza ed emissioni con la discrezionalità offerta alle regioni di poter aumentare il tributo fino al 30%. Insomma, quando si dice che con la coperta corta bisogna scegliere, o copre i piedi, ma si rimane con gran parte del corpo scoperto, o copre la restante parte rimanendo con i piedi scoperti. Il tutto contornato da un possibile smantellamento del PRA e creazione del documento unico di circolazione, fondendo il libretto e il certificato di proprietà, a tutto vantaggio degli automobilisti italiani.

Euro Car MoneyNel frattempo passa l’estate e il tutto rimane in vacanza e cade nel dimenticatoio….ma all’improvviso, pochi giorni fa inversione di rotta con la seconda puntata: l’Onorevole Daniele Capezzone il 7 ottobre 2014 propone in Commissione Finanze l’abolizione della tassa di possesso per i primi tre anni dall’immatricolazione, che diventerebbero cinque nel caso di vetture ibride, elettriche o alimentate a gas. Successivamente, e quindi per tutti i mezzi già circolanti, la rivisitazione del calcolo della tassazione sulla base esclusiva delle emissioni inquinanti. In sostanza, più inquini più paghi.

Il che fa presupporre l’ennesimo tentativo di spostare quella coperta troppo corta, andando così a colpire le fasce più deboli che un’auto nuova non possono permettersela e che di conseguenza avendo un veicolo con qualche anno sulle spalle si troverebbero con un mezzo definito inquinante e perciò da tassare sempre di più.

Ma ripercorriamo insieme la storia tanto travagliata e tutta italiana della tassa automobilistica, così per farci un’idea di come sia oggi strutturata e calcolata.

Viene introdotta nel lontano 1953, con il D.P.R. 5 febbraio 1953 N° 39 come tassa di circolazione.

Nel 1976 nel vocabolario italiano viene inserita una nuova parola, ovvero “superbollo”, già perché da quell’anno e fino al 1997 le vetture diesel e a gas furono soggette a una sovrattassa che annientò il commercio di quei veicoli sul territorio italiano, a tutto vantaggio delle motorizzazioni benzina.

Nel 1982 venne trasformata in tassa di possesso, ovvero va pagata anche se il veicolo non circola (per esempio se guasto o per impossibilità economica di utilizzarlo), e quì già c’è da tirare le orecchie, in quanto tutt’ora in stati come la svizzera o la germania si può essere liberi di decidere di non utilizzare per un lasso di tempo il veicolo e quindi non dover nulla in tassazione.

Nel 1999 la competenza e la riscossione passa alle regioni. Nel 2000 viene prevista l’esenzione per i veicoli trentennali.

Ma ancora tutto può accadere, e nel 2006 il governo prodi senza scomodare il termine superbollo, di fatto lo reintroduce prevedendo un aumento a partire dai 100kw di potenza dell’automezzo. A seguito dell’emendamento del governo, le vetture euro zero dovettero pagare 4,5 euro per ogni kw aggiuntivo ai 100, le auto euro 1 4,35 euro per ogni kw aggiuntivo, 4,20 euro le auto euro 2 e 4,05 euro le auto euro3. Nonchè 3,87 euro in più per le euro 4 e 5. Questo va sommato alle rispettive tariffe per kw che per esempio dalle euro 4 in poi è di 2,58€/kw.

Tanto per fare un esempio pratico, una moderna Vw Golf 2.0 TDI 150cv (110kw) senza l’introduzione di questa super tassa avrebbe pagato solamente (si fa per dire) 283,9€ al posto di 322,9€ (in calabria esattamente 326,60€ per via della possibilità concessa alle regioni di aumentare la tariffa).

Passa qualche anno ed arriva la crisi, ed ecco che il governo berlusconi nel 2011 riesuma il termine “superbollo” : i veicoli di potenza superiore ai 225kw devono una tassa erariale di 10€ al kw eccedente tale soglia.

Da pagare immediatamente per quell’anno, retroattivamente, a mezzo modello F24. Pena sanzione del 30%.

Magari senza tenere conto che qualche sfortunato possessore di un’auto colpita dal balzello non fosse in grado di uscire improvvisamente 500-1000€ nei casi migliori.

Passa non qualche mese, qualche settimana, che il governo Monti appena insediato modifica la norma rendendola ancor più salata, abbassando la soglia a 185kw/250cv (dopo aver vociferato addirittura 125kw/170cv) e raddoppiando la tariffa a 20€ al kw per le vetture che non abbiano più di 5 anni dalla data di costruzione, che si calcolano dal gennaio successivo a quella data. Per le vetture con più anni, fino al 10° anno di età la maggiorazione si abbassa a 12€/kw, fino al 15° anno a 6€/kw, e fino al 20° anno a 3€/kw. Il tutto sempre fa far fronte con modello F24, pena sanzione del 30%.

Peccato che ad oggi, le stime relative al gettito generato dall’introduzione del superbollo, si siano rivelate palesemente errate avendo annullato praticamente le vendite delle vetture di questo segmento, facendo quindi perdere incasso di iva ed ipt, ed inoltre avendo spinto i proprietari a disfarsene svendendole a commercianti esteri, che con 80€ di radiazione per esportazione possono acquistare da noi i veicoli e portarli nel loro paese, in questo caso facendo perdere alle regioni l’incasso del bollo tradizionale, iva sulle riparazioni, tassazione sulla rca, passaggi di proprietà. Una sorta di autogol che ha provocato danni incalcolabili al settore, mettendo alla stretta i commercianti spesso costretti a chiudere l’attività e quindi a generare perdita di posti di lavoro.

Il gettito fiscale previsto per tale sovratassa era di 170 milioni di euro, ma solo nel 2012 si è determinata una perdita complessiva, tra minori entrate fiscali e mancato introito, di circa 140 milioni di euro così suddivisa: per lo Stato 93 milioni di gettito Iva e 13 milioni di superbollo; per le Regioni 19,8 milioni di mancato pagamento del bollo; per le Province 5,2 milioni di mancata IPT e circa 9 milioni di tassazione su Rca. E non ancora finita quì. L’introduzione di questa norma ha generato vantaggio anche ad associazioni criminose che hanno studiato modi più o meno legali per evadere questa tassa e non solo, immatricolando fittiziamente i veicoli all’estero, sotto forma di falsi leasing o di “prestiti” da parte di prestanome. Non a caso è inspiegabilmente aumentato il numero di vetture targate estere circolanti nel nostro paese, quasi sempre guidate da italiani che non hanno mai avuto a che fare con l’estero. Questi mezzi inoltre difficilmente possono essere sanzionati per le infrazioni stradali, dato che all’estero le nostre multe non arrivano e comunque non possono avere effetto di riscossione coatta.

Pertanto un danno complessivo incalcolabile riconosciuto pubblicamente anche da politici e governanti.

Che però, per qualche oscuro motivo, stenta a trovare la via d’uscita.

Il superbollo, per precisare, non è certo la tassa inizialmente sbandierata come sul lusso o relativa a prestigiosi suv, basti pensare che ne è soggetta anche una tutt’altro che lussuosa Seat Leon 2.0 (semmai sportiva, comoda e sicura, ma non certo di lusso), o una vecchia BMW che vale 5000€, auto che in alcun casi possono pagare annualmente tra bollo e superbollo buona parte del loro valore di mercato o addirittura superarlo.

Di conseguenza il mercato ha cercato di trovare una soluzione, e ultimamente molte case automobilistiche di un certo livello propongono versioni specificatamente depotenziate per non pagare la sovratassa, modelli sì di lusso, con listini che possono tranquillamente superare i 100000€, due esempi pratici sono la Porsche Panamera e la Maserati Ghibli, entrambe in motorizzazione diesel, che fermano la loro potenza a 184kw (il superbollo scatta a 185kw).

Si ha pertanto il paradosso che auto vecchie o nuove di basso gamma ne siano soggette, e che veri e propri lussi ne siano in qualche modo esentati; inoltre va ricordato che riportare una vettura alla sua potenza originaria è ormai un gioco da ragazzi grazie alla gestione elettronica dei parametri, ed in questo modo le versioni depotenziate possono vantare potenze ben superiori infischiandosene del fisco ed in tutto anonimato.

Quale sarà alla fine dei giochi la sorte per questi balzelli, tanto dannosi per l’automobilista italiano sempre più al verde quanto per il commercio che ruota intorno all’auto, che, è bene ricordare, consiste in un bel 12% del PIL nazionale?

Condividi