“Non idoneo alla guida perchè gay”, ecco il caso del ragazzo catanese oggi risarcito dalla Cassazione

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Dopo 15 anni e un iter giudiziario tortuoso Danilo Giuffrida sarà ripagato del danno subito

giuffrida-danilo-rDanilo Giuffrida è il soggetto di una storia tra il raccapricciante e il ridicolo ceh coinvolge la Pubblica Amministrazione Italiana. Tutto inizia quando Danilo, che nel 2001 era un ragazzo catanese di 19 anni, si presenta al servizio di leva per arruolarsi. “Gli ho detto subito la verità, che ero omosessuale” –  dichiara il ragazzo – che di tutto punto si sentì rispondere: “e noi come facciamo a crederci?”. “Ma se ve lo dico io”. “No guardi”, gli risponde il medico serissimo, “si iscriva all’Arci gay. Così attesta la sua omosessualità”. Danilo come gli hanno detto si iscrive all’Arci gay e dopo due mesi si vede arrivare a casa la lettera della Motorizzazione in cui gli viene comunicato che non ha le capacità piscofisiche per ottenere la patente e che quindi deve sostenere una visita speciale.

«Non capivo perché. Mi sono fatto accompagnare da mia madre in questo posto che era tipo un centro di igiene mentale ed ero lì in mezzo a uno senza un occhio, a della gente senza un braccio, ad altri che erano sordi. Mi fanno questa visita e salta fuori che io sono omosessuale e che la Motorizzazione è stata informata dalla Marina Militare. Poi mi danno questo documento che dev’essere rinnovato ogni anno, come a vedere se io guarisco o peggioro, che ne so. E’ quando ho visto quello che mi sono infuriato». Nella cartella medica di Danilo Giuffrida compare la voce “disturbo dell’identità sessuale”.

danilo-giuffridaDanilo si trova coinvolto in un caso di omofobia  e di chiusura mentale, ma decide di reagire anche in nome di quei ragazzi che avrebbero taciuto e se ne sarebbero fatti una colpa. “Perché se al posto mio, che ho una famiglia comprensiva e forte alle spalle, ci fosse stato un altro ragazzino solo e spaurito, non so se avrebbe avuto la forza di metterci la faccia” dichiara il ragazzo catanese.

Danilo non ha paura di fare scalpore e dichiara “voglio solo giustizia”, si rivolge ad un avvocato, Giuseppe Lipara  e ingaggia una battaglia legale contro i ministeri della Difesa e dei Trasporti per violazione della privacy e discriminazione sessuale chiedendo un risarcimento di 500mila euro. Il Tar nel 2008 gli dà ragione e il Tribunale sentenzia pure che dev’essere rimborsato almeno 100mila euro, solo che a Catania i giudici decisero di no: bastano 20mila. Danilo non ci sta, così il caso scottante passa al tribunale di Palermo. Solo dopo un iter giudiziario di 15anni la Cassazione riconosce che c’è stato “un vero e proprio comportamento omofobico”, “intollerabilmente reiterato”, da parte della pubblica amministrazione e ordina un risarcimento corrispondente alla “gravità dell’offesa”. Con le sentenza depositata oggi  la Terza sezione civile della Cassazione ha disposto il rinvio del caso, per riquantificare al rialzo la cifra, che dovrà essere stabilita da un nuovo tribunale d’appello. “Ma è vero? Non ci posso credere”, è la prima reazione al telefono di Danilo, che oggi è diventato un uomo, ha 34 anni ed è protagonista di questa storia da quando aveva 20. “E’ la vittoria della giustizia, nella quale ho sempre creduto. Non è la mia vittoria personale, ma di tutta la comunità: sarebbe potuto accadere a chiunque”.

È incredibile che tutto ciò sia accaduto e che sia stata violata la libertà sessuale di un ragazzo di 19 anni di cui si è messo in dubbio l’idoneità fisica di guida solo perché gay. Oltre che essere un grave caso di razzismo esso appare come un caso di madornale ignoranza verso delle situazioni che se approfondite da chi è discriminatorio verso queste si scoprirebberro non tanto diverse dalle proprie.

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