Calabria e Sicilia, l’Expo sfuma e qui si chiacchiera: i fallimenti di Crocetta, Oliverio, Accorinti e Falcomatà

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Dalle Regioni alle Città Metropolitane di Reggio e Messina: così buttiamo al vento le opportunità

Foto LaPresse
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Era il 26 aprile quando un baldanzoso Rosario Crocetta annunciò senza mezzi termini che la Sicilia era pronta per l’Expo.  Nella cornice del museo regionale Salinas di Palermo, il Governatore polemizzò con quanti – nelle settimane precedenti – avevano denunciato l’assenza di una cabina di regia, un’assenza che nel medio periodo avrebbe potuto incidere sulla partecipazione all’evento. “Non solo andremo all’esposizione internazionale, ma siamo stati i primi a completare il nostro spazio” scandì Crocetta inneggiando alla rivoluzione. Una rivoluzione che, nei programmi dell’Esecutivo regionale, sarebbe passata obbligatoriamente dall’Expo: del resto se è vero che il Prodotto Interno Lordo crescerà dell’1,5%, vuoi che una Sicilia preparata a cogliere la sfida non tragga beneficio da un evento mondiale sulla biodiversità alimentare?

La condizione, però, era che l’isola fosse in rampa di lancio per affrontare le criticità che sarebbero potute emergere. E invece pochi giorni dopo l’inaugurazione dell’esposizione, il dirigente del cluster siciliano, Dario Cartabellotta, ha annunciato la sospensione delle attività stante i rischi per la sicurezza degli operatori e dei visitatori.

Ma cos’è successo di tanto grave da indurre una regione che puntava forte sulla manifestazione a ritornare sui suoi passi, manco fosse un giro di valzer? padiglione sicilia expoE’ successo che la pioggia battente sul cielo lombardo finiva dritta dritta all’interno del padiglione Bio-Mediterraneo, che i locali erano sporchi e allagati ed il pubblico si teneva ben lontano da quello sfigatissimo presidio. Una situazione paradossale che aveva indotto l’assessore competente, Nino Caleca, ad intimare all’organizzazione: o le cose cambiano o la Sicilia non sgancerà un euro dei tre milioni promessi. Crocetta, per stare perennemente sul pezzo, ha al tempo stesso supportato e accusato Cartabellotta: secondo il Presidente, il responsabile regionale per la kermesse avrebbe dovuto rifiutarsi di occupare quello spazio, per cui la sua scelta – ancorché corretta – è quantomeno tardiva. Un bel modo per scaricare le colpe.

In questo mare mosso di errori fantozziani, sorge un dubbio: ma quando Crocetta diceva che la Sicilia era pronta all’evento milanese, parlava a vanvera o aveva contezza della situazione? Perché se in politica le responsabilità contano, un Governatore smentito dai fatti nell’arco di dieci giorni dovrebbe quantomeno fare ammenda e ammettere di aver detto un mucchio di stupidaggini.

Non va meglio alla Calabria. Dopo aver negato i bronzi di Riace, attrattiva importante per promuovere il territorio, la Regione ha subito le intemerate di Sgarbi:

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col consueto stile moderato che da sempre caratterizza il critico d’arte, questi ha additato il padiglione regionale qualeimmagine orripilante. L’uno-due da K.O. è arrivato direttamente da Palazzo Chigi: Matteo Renzi ha spiegato che “Se la Calabria funzionasse come il Veneto tutto sarebbe risolto“. Una dichiarazione estemporanea che ha scosso la stanza dei bottoni. Apriti cielo, il Presidente Oliverio ha rivendicato la presenza significativa della sua terra all’esposizione internazionale: va bene, la Calabria non sarà il Veneto nemmeno per il Governatore, ma l’intero Mezzogiorno è stato marginalizzato da uno Stato inadempiente che dovrebbe mostrare maggior interesse e maggior rispetto per i cittadini del Sud.

Tutto giusto, per carità, ma anche qui il problema è politico: dov’era Oliverio quando l’Esecutivo nazionale ignorava le istanze calabresi? Perché questi Presidenti di Regione come delle belle addormentate si svegliano solo se pungolati nell’orgoglio, se colpiti di fronte ad una vasta platea costituita dai media nazionali?

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E’ questo il nodo centrale della vicenda. Sicilia e Calabria non sono Stati che confinano con l’Italia: fanno parte di questo paese esattamente come Veneto e Friuli, per cui se qualcosa all’Expo non va per il verso giusto, le rispettive rappresentanze politiche dovrebbero far valere il diritto dei propri elettori ad un equo trattamento. Siamo o non siamo lo Stato che organizza? Siamo o non siamo i curatori dell’evento? E allora se qualche funzionario milanese decide di relegare Sicilia e Calabria in un cantuccio, per miopia o per vetero-leghismo, la colpa è di un dirigente imbranato o di quelle Amministrazioni politiche che sono chiamate a curare gli interessi del territorio e si limitano a sventolare bandiera bianca?

Proprio restando sul territorio un capitolo a parte meritano Reggio e Messina. Sì, perché le due realtà dello Stretto stanno letteralmente buttando un’opportunità di sviluppo. giornata dello stretto falcomatà accorinti (5)Su Renato Accorinti, e sulla demagogia ideologica della Giunta che sta penalizzando la città, abbiamo detto tutto: vedere nella kermesse il trionfo delle multinazionali e del cemento per preferire, in antitesi, il concertone di Taranto vuol dire avere una sostanziale incapacità di discernere i fatti dalle opinioni. Accorinti è rimasto antagonista e Palazzo Zanca sta diventando un feudo dei sanculotti all’amatriciana, con tutto ciò che ne consegue per la cittadinanza, che pure aveva dato al “sindaco scalzo” la possibilità di riempire di contenuti la promessa di cambiamento. Dei disegni reggini dell’Amministrazione Falcomatà, invece, non si hanno notizie: sintomo di un disinteresse estremamente provinciale, che penalizza la sponda calabrese e molto rivela sull’adeguatezza di una classe dirigente convinta che gestire il territorio voglia dire non vivere ma vivacchiare. Solo così si spiega l’incredibile attenzione mediatica invocata dai primi cittadini per il riconoscimento dello Stretto quale patrimonio dell’Umanità, quello stesso Stretto che non viene fatto conoscere ai quasi venti milioni di turisti che parteciperanno, presto o tardi, all’esposizione milanese, vuoi per dogmatismo ideologico vuoi per superficialità.

Al netto della situazione, il dato è uno e incontrovertibile: il Sud sarà anche trattato con noncuranza dall’establishment “nordista” che ha investito sull’Expo, ma se anche quest’obiezione fosse vera – cosa tutt’altro che scontata – è altresì evidente che Sindaci e Governatori del Meridione sono bravi a lamentarsi e a piangersi addosso, non a curare la cosa pubblica. Quando c’è da rimboccarsi le maniche per lavorare, tutto si ferma sotto un diluvio di dichiarazioni. E tanti saluti alla ripresa.

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