Il melodracma ateniese: la democrazia effervescente

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Tsipras usa sempre la stessa strategia: messo all’angolo, rompe gli indugi e va alle urne. Salvo poi scordarsi l’esito delle elezioni

Alexis Tsipras - foto LaPresse
Alexis Tsipras – foto LaPresse

Sei elezioni parlamentari negli ultimi otto anni è uno score di tutto rispetto che rende giustizia a quanti sostengono la natura prettamente ellenica del concetto di democrazia. Tutto giusto, per carità, ma qui si esagera: la Grecia di oggi, sotto il profilo della stabilità interna, somiglia parecchio all’Italia della Prima Repubblica, che certo non spiccava per la sua capacità di attrarre investimenti. Così ad un’economia dissestata, e con un indebitamento vertiginoso, ad una struttura sociale corrosa dalla corruzione, si aggiunge lo spensierato gioco parlamentare e la volontà politica – espressa puntualmente da talune forze – di azzoppare chi ha appena concluso un accordo coi creditori. Stavolta la parte del cattivo è toccata alla minoranza di Syriza, e che la sinistra si presenti in ordine sparso di fronte al proprio elettorato non è certo una novità per i paesi mediterranei. Ma tant’è.

Europarlamentari a sostegno di Tsipras - foto LaPresse
Europarlamentari a sostegno di Tsipras – foto LaPresse

I giornali italiani, gli stessi che si erano presi una sbandata per i muscoli di Varoufakis e per il suo stile sbarazzino, adesso inneggiano al líder máximo del Partenone, quello che, dopo aver concluso un’intesa coi partner comunitari, ha inaugurato la crisi di governo rimettendo agli elettori il giudizio ultimo. L’impressione, però, è che Tsipras utilizzi sempre la stessa tattica per uscire dal guado, con la speranza di riuscire a farla franca volta dopo volta.

Facciamo un passo indietro e torniamo alle fasi concitate d’inizio estate. Dopo aver adottato un atteggiamento irresponsabile di fronte a chi, coi propri spiccioli, garantiva non il futuro ma il presente di Atene, il primo ministro decise di rompere i negoziati e di convocare a sorpresa un referendum dall’esito scontato. Lo stile della domanda posta all’opinione pubblica greca era quasi surreale e suonava pressappoco così: volete voi altra austerità? Incassato, pertanto, l’ineluttabile consenso delle urne, Tsipras capì di essere finito in un vicolo cieco. A quel punto il problema non era più quale intesa trovare coi creditori, ma come salvare il paese in un consesso in cui tutti ti guardavano di sbieco. Cambio di musica, giro di valzer e passo: poche piroette portarono il premier ad imbastire un accordo di gran lunga più oneroso rispetto a quello inizialmente previsto dall’odiatissima Germania. Ma le mutate condizioni politiche avevano ulteriormente destabilizzato lo scenario nazionale, per cui attorno a quel “prendere o lasciare” si consumava sostanzialmente il “melodracma ateniese”.

Alexis Tsipras, Referendum Grecia - foto LaPresse
Alexis Tsipras, Referendum Grecia – foto LaPresse

Adesso con lo stesso spirito Tsipras ha capito di non avere più una maggioranza a suo seguito. Poteva scegliere due vie: aprire alle opposizioni costruttive, e salvare questa legislatura producendo dei risultati concreti per la ripresa economica; o tentare l’ennesimo azzardo elettorale, cercando di buttarla sul suo sopraggiunto profilo da statista, sull’appeal responsabilmente radicale, a differenza degli incoscienti che lui stesso aveva portato alla guida del paese.

Non sappiamo quale sarà l’epilogo del guazzabuglio ellenico: certo è che oggi, ad essere confusi, non sono tanto gli Stati dell’Unione, ormai rassegnati a questa farsa, quanto gli elettori greci, costretti a rincorrere il proprio Governo nella speranza che il mandato ricevuto non sia disatteso ventiquattr’ore dopo l’esito elettorale. E’ la democrazia 2.0: effervescente naturale.

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