Nello Stretto di Messina avvistata la medusa Cassiopea: ma nessun pericolo, si tratta di un esemplare innocuo [FOTO]

  • Danilo De Domenico
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Avvistata nello Stretto di Messina la medusa Cassiopea, questo splendido esemplare, appartenente alle classe degli scifozoi,  è una medusa endemica del Mediterraneo

Danilo De Domenico
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Elegante, sinuosa, leggiadra e totalmente innocua. Durante questa calda estate sono stati parecchi gli avvistamenti in riva allo Stretto di Messina della bellissima Cotylorhiza tuberculata, meglio nota come il nome di Cassiopea Mediteranea. Questo splendido esemplare, appartenente alle classe degli scifozoi, ed è una medusa endemica del Mediterraneo.

La Cassiopea, può raggiungere anche i 35 cm di diametro e si muove “in compagnia” di piccoli pesci, come  ricciole e i cosiddetti  sugherelli, cioè i  Trachurus o Boops o Seriola, che appena nati trovano  rifugio e nutrimento tra i suoi tentacoli. Questo esemplare è  una specie che preferisce nuotare a pochi metri di profondità e che deve i suoi colori alle zooxantelle, alghe unicellulari simbionti.
L’avvistamento di queste meduse nelle nostre acque può essere addebitabile ad una serie di fattori, tra cui  i cambiamenti climatici, la pesca intensiva e l’impoverimento delle specie ittiche che si nutrono di plancton. Nonostante le dimensioni,  la Cassiopea Mediterranea non è urticante, quindi, in caso di avvistamento  nessuna paura. Il consiglio degli esperti è di non catturarle. Per quanto in generale le meduse siano da sempre “il terrore” dei bagnati, va ricordato che esse hanno un ruolo ecologico importantissimo, perchè fungono da filtro per l’acqua di mare e contribuiscono al mantenimento della catena alimentare nei fondali.  Di seguito gli splendidi versi che la poetesse messinese Maria Costa volle dedicare ai “Bromi”, le meduse dello Stretto di Messina:

S’avànzunu sti strani ballarini

cu vesti viola chiarii, trasparenti:

si nnacarìunu, vennu lenti lenti,

tutti zareddi, stràscichi e nastrini.

A voti ssimìgghiunu umbrillini, 
fatti i n’attista cu li sacramenti;
doppu l’unna, spinciuta dà currenti, 
i mmesti ò scaru stanchi e morticini. 

E mmùsciunu ddà supra dà rina,

mmatàffunu. U ballu ora finìu

riddutti, nnimaleddi, in gilatina.

Pi iddi u sipàriu si chiudìu, 
mènnuli amari di l’acqua marina,
ma ntò me cori un cantu già ciurìu.     

 

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