Ceccato 98 – Paolo e le ceste dei bergamotti

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Mio fratello Paolo era andato a lavorare nello stabilimento di trasformazione del bergamotto del paese. Mio padre era riuscito a farlo assumere grazie ad un suo cugino responsabile della fabbrica. Si facevano tre turni durissimi nelle ventiquattro ore, perché le macchine non si fermavano mai. Erano tre mesi intensi da novembre a febbraio. In quei tre mesi si spandeva per l’aria un profumo meraviglioso ed indescrivibile. Dono della natura alla nostra bella terra.

Mio padre però non era tranquillo, perché sapeva la pesantezza di quel lavoro. Ogni sera, finita la raccolta in campagna, coglieva l’occasione per passare, a cavallo della ceccato 98, dalla fabbrica, per accertarsi di cosa stesse facendo Paolo. D’altra parte mia madre lo assillava con le continue lamentele circa il lavoro del “figghiolu”.

Quando potevo, coglievo l’occasione anche io per andare con mio padre, anche per avere così l’opportunità di sbirciare nella fabbrica, cosa normalmente impedita a noi bambini, per ovvie ragioni di sicurezza.

La lavorazione del bergamotto mi affascinava. Quell’agrume dava pane e lavoro alla nostra gente. Non vi era famiglia al paese che, direttamente o indirettamente, non traesse sostentamento dal bergamotto.

Arrivammo al capannone quasi all’imbrunire. Dentro vi erano due camion in coda dai quali bisognava scaricare le ceste. L’operazione veniva svolta con una sorta di passamano. Un primo operaio sul camion porgeva la cesta ad un secondo operaio a terra, che a sua volta, trasportandola per alcuni metri a spalla, la porgeva ad un terzo operaio, che a sua volta la accatastava in fondo al capannone. Le ceste, così accatastate, aspettavano il turno per essere immesse nelle vasche di lavorazione. Da quelle pile già usciva un aroma inconfondibile.

Gli operai che. a gruppi di tre, scaricavano i camion erano tanti, sembravano tante formiche. A Paolo, malgrado la giovane età, spettava la mansione dell’operaio numero due. Troppo faticosa purtroppo.

Ma Paolo la affrontava, come tutto del resto, con la solita serenità ed allegria che lo contraddistingueva. Mentre lavorava raccontava agli altri operai storielle, barzellette ed aneddoti. Rimasi stupito nel vedere questi come rimanessero talmente attratti da dimenticare il peso che tenevano sulle spalle ed a volte fermarsi anche ad ascoltarlo, senza riporre la cesta. Evidentemente raccontava loro barzellette che rendevano il “peso” del lavoro più lieve.

Capii allora che mio Fratello Paolo era un grande lavoratore ma, come Pasquale del resto, aveva una bella favella!!!

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