Ceccato 98 – I nomi dei bambini, nomi belli e nomi brutti

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Mamma disse che il giorno 8 di maggio, mercoledì, bisognava recitare la supplica alla Madonna del Santo Rosario di Pompei. Mamma recitava il Santo Rosario tutti i giorni, era devota alla Vergine del Rosario. Mi confidò che avrebbe voluto mettermi il nome Rosario, dato che ero nato il 7 di ottobre. Ma le tradizioni non glielo avevano consentito, quindi io portavo il nome di un fratello di mio padre, Beniamino, che però tutti chiamavano Vincenzo, e del fratello di mia madre, Vincenzo, quello che aveva l’allevamento dei bovini, per intenderci. Mamma mi spiegò che in un primo momento avevano, con papà, valutato l’ipotesi di mettermi più nomi, magari Beniamino, Vincenzo, Rosario. Ma poi l’avevano scartata. Già mia sorella Paola (era la primogenita e portava il nome di mio nonno paterno) si chiamava anche Genoveffa (il nome di mia nonna materna, troppo brutto per poterle essere imposto da solo) e i due nomi le avevano sempre creato non poche difficoltà, procedurali.

Nella nostra famiglia i nomi non erano scelti, erano attribuiti, alla nascita. Quando uno nasceva si sapeva già come si sarebbe chiamato, senza sforzo, senza dover scegliere, senza dubbi, senza possibilità di sbagliare. Di Paola ho già detto. Poi veniva Marisa, diminutivo di Maria la nonna materna, la nonna americana per intenderci, quella che abitava accanto a zio Vincenzo. Poi veniva Paolo, il maschio primogenito, che portava il nome del nonno paterno, già omaggiato alla nascita di Paola. Poi c’era Pasquale, che portava il nome di mio nonno materno. Non si scappava, nessuna fantasia possibile o necessaria. Poi, arrivato io, i nonni erano finiti ed accontentati, si passava allora ai nomi degli zii, prima paterni e poi materni, alternativamente. Io ne accontentai due, uno paterno ed uno materno, come detto.

Mi spiaceva per mia mamma e per la Vergine del Rosario, ma pensavo giusto e motivo di orgoglio, portare il nome dei miei zii, ai quali peraltro ero molto affezionato. Quanto fossi affezionato a mio zio Vincenzo materno lo si è capito nelle storie precedenti. Ma anche a mio zio Vincenzo, paterno, Beniamino all’anagrafe, ero molto affezionato. Come lo era tutta la mia famiglia. Mia madre raccontava sempre che, durante la guerra, Beniamino, rimasto a casa, non si era mai dimenticato di lei e di Paolina, passando tutti i giorni a trovarle ed a portare qualcosa da mangiare. La riconoscenza quindi l’aveva indotta ad accantonare l’idea del nome Rosario, fuori albero genealogico.

Era bello ricordare il rispetto dei parenti anche nei nomi, che non sono belli o brutti a prescindere, ma sono belli o brutti, in funzione di chi li porta. Me ne sarei ricordato sempre.

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