Anche negli USA sbarcano le politiche di austerità, circa 750.000 posti di lavoro a rischio

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OBAMAdi Daniele Ingemi – Alla fine anche gli States del presidente Obama sono stati costretti a tagliare la spesa pubblica. I debiti sovrani tornano a inguaiare le grandi democrazie dell’occidente. Le politiche di austerità, che a detta della maggioranza degli economisti statunitensi sarebbero la principale causa della grave recessione che affligge i paesi dell’eurozona (Italia inclusa), hanno avuto la meglio anche oltre-oceano. Insomma, tutto il mondo è paese diranno a Washington. In pratica questi tagli alla spesa pubblica prevedono risparmi per 85 miliardi di dollari nei prossimi sette mesi. Una cifra che di certo servirà ad allievare il debito pubblico a stelle e strisce, ma con delle pesanti ripercussioni in termine di occupazione e rallentamento della debole crescita economica registrata nel 2012. Secondo alcune stime della Casa Bianca l’austerità metterà a rischio circa 750.000 posti di lavoro. Un numero che di certo avrà delle pesanti ripercussioni, anche perché l’incremento della dissocupazione deporrà a favore di un rallentamento della crescita del PIL, già messo a dura prova dalla pesante recessione che attanaglia le nazioni dell’Europa meridionale. Il Pentagono vede il proprio bilancio ridursi del 13 % fino alla fine dell’esercizio fiscale a Settembre. Ma vi saranno ripercussioni anche in altri campi, come quello dell’istruzione, della spesa sociale e della sanità. Il Fondo Monetario Internazionale ha già avvertito: i tagli potrebbero avere un impatto globale e provocare un rallentamento della crescita. Di certo le colpe non vanno attribuite solo al presidente Obama, che pur parlando di tagli alla spesa pubblica, ha cercato di trovare un accordo al Congresso, con il partito repubblicano. Accordo che purtroppo non è andato a buon fine, ed ora a pagare circa 750.000 americani, che dall’oggi al domani si troveranno senza un lavoro. Ma quello che preoccupa gli analisti saranno le ripercussioni sul medio/lungo termine, che rischiano di compromettere la già debole crescita economica americana.

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