Ponte Messina: ingegneri divisi, da cattedrale nel deserto a svolta per l’Italia

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Ponte sullo Stretto di Messina, gli esperti si dividono. Di Dio: “Da solo unitile, serve un piano globale”. Muscolino: “Senza non avremo mai le infrastrutture”

ponte-sullo-stretto-di-messinaDa solo il ponte sullo Stretto sarebbe come la cattedrale nel deserto“. Vincenzo Di Dio, presidente  dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Palermo, amplia i  termini del ragionamento. E nei giorni in cui il ponte che dovrebbe  collegare la Sicilia al resto d’Italia è tornato d’attualità  rilanciato dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, e, prima di  lui, dal governatore siciliano, Nello Musumeci, spiega che la  questione non può essere “ponte sì, ponte no”. “Se si propone la  costruzione di una cattedrale la risposta potrebbe essere a priori sì  – dice all’Adnkronos -, ma se la cattedrale è nel deserto la risposta  può diventare no e se si considera la possibilità di costruire tante  chiese più vicine ai fedeli invece della cattedrale, la risposta  potrebbe essere un forse”. Il tema, allora, andrebbe posto in maniera diversa. Bisogna chiedersi, è la tesi del numero uno degli ingegneri di Palermo, “se il Governo  nazionale ha intenzione di fare dell’Isola quella piattaforma che per  vocazione e collocazione geografica la Sicilia può essere nell’area  del Mediterraneo. Se sì, è chiaro che il ponte è una delle opere da  realizzare in questo contesto“.

ponte-stretto-22Ma non l’unica, avverte Di Dio. Perché “avrebbe poco senso l’attraversamento rapido dello Stretto se le merci continuassero a viaggiare su autostrade come la Palermo-Catania, la  Catania-Messina o la Palermo-Messina nello stato in cui oggi si  trovano“. Il ponte, allora, andrebbe integrato in “un piano di rinnovamento  infrastrutturale globale che riguardi tutta la Sicilia” e che passi  dal potenziamento del trasporto ferroviario così come da quello  portuale e aeroportuale. “Solo un globale rinnovamento  infrastrutturale dei trasporti farebbe diventare la Sicilia hub del Mediterraneo” dice Di Dio. Una tesi che non convince, però, più di tanto, Giuseppe  Muscolino, professore ordinario di Scienza delle costruzioni  all’Università di Messina, che per anni ha lavorato al progetto  facendo parte anche del Comitato scientifico della società Stretto di  Messina. “Senza il ponte le infrastrutture non le avremo mai – spiega all’Adnkronos -. Questa è una certezza, lo abbiamo visto in tutti questi anni“. Anni in cui il progetto, che nel 2011 sembrava a un  passo dalla posa della prima pietra, ha subito continui ‘stop and go’. “Il progetto esecutivo doveva essere cantierabile in un anno se il  Cipe avesse approvato l’ultima modifica” ricorda Muscolino. Un’opera  imponente quella pensata dal pool di esperti che al progetto ha  lavorato per oltre 15 anni: lungo circa 3,3 chilometri, sei corsie  stradali e due binari per una larghezza di circa 60 metri, con torri  alte quasi 400 metri. “Nella prima fase, circa 30 anni fa – spiega il  docente universitario -, si pensava di fondarle nel mare, ora la  tecnologia si è evoluta e le torri saranno al villaggio Ganzirri, a  Messina, e a Villa San Giovanni”.

BALLOTTAGGI: ACCORINTI (NO PONTE) VINCE A MESSINAIl ponte dovrebbe essere costruito a circa 70-80 metri sopra il livello del mare per permettere il  passaggio delle navi di crociera. “Gli ambientalisti dicevano che l’ombra dell’infrastruttura poteva  disorientare la fauna ittica, ma essendo così alto è un’ipotesi  impossibile” assicura Muscolino. L’ex presidente del Senato, oggi  candidato di LeU, Pietro Grasso, sabato a Palermo ha bocciato l’opera. “Che ce ne facciamo di un ponte che congiunge due deserti? Serve solo  a qualche multinazionale, a qualche politico per guadagnare consensi”  ha detto ampliando le fila dei ‘no ponte’ che hanno nel sindaco di  Messina, Renato Accorinti, la loro bandiera. “E’ una stupidaggine. Il  ponte crea sviluppo nelle terre che collega” dice Muscolino. Un  esempio?Il ponte di Akashi Kaikyo, il ponte sospeso più lungo del  mondo che sorge in Giappone, unisce la città di Kobe sull’isola di  Honshu all’isola Awaji, un’isola che era quasi disabitata e fu  realizzato proprio per svilupparla“. Per il professore dell’Università di Messina non ci sono dubbi. “Il ponte è un’opera fondamentale per lo sviluppo della  Sicilia, che è un’isola ricca, ma troppo isolata. Messina, poi, è  un’isola nell’isola: è una città emarginata, depressa, con i giovani  in fuga”. Basti pensare alle ricadute in termini occupazionali. “Per  realizzarlo serviranno tra i 7 e i 10 anni – spiega Muscolino – e  diverse centinaia di persone“. “Ci sarà bisogno di operai, maestranze, ingegneri, tecnici, geometri, architetti, progettisti, geotecnici” gli fa eco Mario Di Paola, professore ordinario di Scienza delle  costruzioni all’Università di Palermo. “Le Università di Reggio,  Messina, Catania, Enna, Palermo e quelle del Sud in generale  beneficeranno in maniera enorme della costruzione dell’opera –  assicura all’Adnkronos – perché si dovranno fare tantissime prove. Gli investimenti in ricerca saranno enormi, con l’incremento di laboratori e centri di eccellenza riconosciuti in tutto il mondo“.

ponte-stretto-21Con gli Atenei del Mezzogiorno al centro del mondo scientifico per un  decennio per i giovani laureati si aprirebbero tante possibilità.  “Potrebbe essere una buona occasione per far tornare nell’Isola i  nostri cervelli in fuga – assicura Muscolino -. Ci sarebbero  investimenti e posti per questi giovani, cosa che il sindaco di  Messina non capisce perché ne fa una questione ideologica“. Tra le obiezioni sollevate dal fronte del ‘no’ ci sono la presenza  nell’area dello Stretto della faglia più pericolosa del Mediterraneo e i costi dell’opera. “Facendo un paragone – dice subito il professore  dell’Università di Messina -, il ponte costava poco di più della terza via metropolitana di Roma e molto di meno del Mose. Non ha un costo  stratosferico, è una delle tanti grandi opere che si realizzano in  Italia. Il problema sismico? Non esiste. Il ponte ha una struttura  molto flessibile e i terremoti non fanno danni sulle strutture  flessibili, ma su quelle rigide”. C’è poi il tema dell’impatto ambientale. “Naturalmente è un’opera gigantesca, imponente, che modifica completamente lo skyline  dello Stretto – ammette Di Paola -, ma bisogna accettare la modernità. Hanno fatto ponti sospesi dappertutto. Ha un impatto visivo, certo, ma queste sono opere meravigliose“. Di più. Secondo Muscolino il ponte  sullo Stretto potrebbe “rendere piacevole” una zona, quella in cui  sorgerebbero le torri, che “dal punto di vista architettonico non è  gradevole”. “Il ponte di San Francisco è una grossa attrazione turistica –  continua -. Noi, come comitato scientifico, avevamo suggerito  all’impresa di creare delle torri panoramiche, sarebbe come salire su  un’altezza tripla della Torre Eiffel“. Così il ponte che collega la  Sicilia al resto del Continente sarebbe “una notevole attrazione  turistica” perché “non esiste al mondo” una struttura di queste  dimensioni e “molti turisti verrebbero a visitarlo“. “Ovviamente il  paesaggio cambierebbe – prosegue Muscolino -, però un ponte fatto bene è un’opera d’arte, non solo un punto di passaggio“. E l’ostilità all’opera da parte del fronte del ‘no’ che negli anni è  stato protagonista di numerose battaglie e che a ogni annuncio di una  rinnovata attenzione al progetto si dice pronto a scendere in piazza?  “Molti messinesi oggi hanno cambiato idea” assicura Muscolino, che  ammette che sul ponte c’è stato “un errore clamoroso”.

ponte-stretto-23Di  comunicazione innanzitutto. “Berlusconi che lo ha fatto apparire come  se fosse una sua idea personale, così molti antiberlusconiani si sono  schierati a priori contro“. Il resto, è la tesi del professore  universitario, lo ha fatto l’ex amministratore delegato della società  Stretto di Messina, Pietro Ciucci. “Le prime volte – ricorda – venne a Messina con un atteggiamento poco conciliante, cercando di imporre un  progetto redatto da chi a Messina era venuto solo un paio di volte.  Serviva, invece, una persona più diplomatica, negli anni il  comportamento è cambiato, sono state accolte le richieste della città  e le osservazioni dell’Università. Ma l’atteggiamento iniziale ha  creato notevoli malumori“. Insomma l’ostilità al ponte sullo Stretto,  secondo il docente dell’Ateneo di Messina, è nata da “un difetto di  comunicazione: invece di presentare l’opera come strategica per lo sviluppo se ne è fatto un tema politico”. “O prima o dopo il ponte si farà – assicura Di Paola -,  è una questione solo di tempo. La Sicilia ne avrebbe un vantaggio  enorme, Messina e Reggio diventerebbero una sola città e ci sarebbe un flusso continuo di mezzi e persone. Io non concordo con chi dice che  sarebbe una cattedrale nel deserto“. Il suo sì al ponte è legato  allora, “non tanto all’opera in sé“, ma a quello che comporterebbe in  termini di ricchezza per tutta la Sicilia, per la Calabria, per le  Università e per l’Italia intera. Sarebbe una svolta”. E il rischio infiltrazioni da parte della criminalità organizzata? “Da cittadino comune – dice Di Paola – credo che un sistema di queste  proporzioni, con investimenti finanziari dell’ordine di una  finanziaria nazionale, avrà anche gli anticorpi per difendersi da  eventuali attacchi con controlli accurati da parte delle autorità  competenti“. Né il ponte sullo Stretto potrà diventare un’incompiuta.  “Sarebbe un affronto per l’Italia perché i riflettori di tutto il  mondo saranno puntati su quest’opera“. (Adnkronos)

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