Reggio Calabria, maxi blitz contro la ‘Ndrangheta: duro colpo alla cosca Serraino, tra gli arrestati c’è ex Assessore comunale e il titolare del colosso “Fallanca Colori”. 24 in manette tra la città e Lona Lases [NOMI e DETTAGLI]

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Reggio Calabria, operazione Pedigree 2: duro colpo alla cosca Serraino

Alle prime ore della mattinata odierna, a conclusione di complesse e articolate indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni BOMBARDIERI, nell’ambito del procedimento penale n. 4631/20 R.G.N.R. D.D.A Mod. 21- convenzionalmente denominato “Pedigree 2”, la Squadra Mobile e i Carabinieri del ROS di Trento e Reggio Calabria hanno dato esecuzione al Decreto di Fermo nei confronti di 5 soggetti indiziati del delitto di associazione mafiosa in quanto appartenenti all’articolazione di ‘ndrangheta denominata cosca SERRAINO.

Contestualmente, è stata data esecuzione – dai Carabinieri del ROS di Trento – ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal GIP del Tribunale di Trento, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nell’ambito del procedimento convenzionalmente denominato “Perfido”, a carico di 19 soggetti indagati, a vario titolo, per i delitti di associazione mafiosa (locale di ‘ndrangheta di Lona Lases, proiezione della cosca Serraino nella provincia di TRENTO), scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione o mantenimento in schiavitù.

L’inchiesta convenzionalmente denominata “Pedigree2”, coordinata dai Sostituti Procuratori della Repubblica di Reggio Calabria, Stefano MUSOLINO, Walter IGNAZITTO e Sara AMERIO, ha portato al fermo di indiziato di delitto e sequestro preventivo d’urgenza emesso, sussistendo il pericolo di fuga, nei confronti dei seguenti soggetti, ritenuti tutti responsabili di associazione mafiosa [cosca Serraino]:

  1. Antonio SERRAINO, detto “Nino”, nato a Cardeto [RC] il 19.2.1980, residente a Reggio Calabria, attuale reggente dell’omonima cosca di ‘Ndrangheta, figlio del defunto Domenico Serraino [cl. ’45, detto “Mico”] e nipote del defunto Serraino Francesco classe 1929 alias “il boss della montagna”.
  2. Francesco RUSSO, detto Ciccio “lo Scalzo” o “’u Scazzu”, nato il 24.08.1973 a Cardeto [RC], residente a Reggio Calabria;
  3. Antonino FALLANCA, nato a Cardeto [RC] il 13.8.1954, residente a Reggio Calabria [RC];
  4. Paolo RUSSO, detto “Zamburro”, nato a Cardeto [RC] il 2.10.1961 ed ivi residente;
  5. Sebastiano VECCHIO, detto “Seby”, nato a Reggio Calabria l’8.2.1973, ivi residente, Assistente Capo Coordinatore della Polizia di Stato, in forza presso il Compartimento Polizia Ferroviaria di Venezia e attualmente sospeso dal servizio in forza di un provvedimento disciplinare.

L’indagine Pedigree 2:

  • riassume gli ulteriori esiti di articolate investigazioni, condotte con l’ausilio di molteplici presidi tecnici di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche e con l’apporto dichiarativo di numerosi collaboratori di Giustizia reggini, anche recenti;
  • costituisce il seguito dell’operazione “Pedigree”, nell’ambito della quale la Squadra Mobile di Reggio Calabria, il 9 luglio scorso, ha tratto in arresto – in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, emessa dal GIP presso il locale Tribunale – capi e gregari della cosca SERRAINO;
  • è integrata dalle risultanze di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Trento, condotta dai Carabinieri del R.O.S. del luogo a carico di un’articolazione della cosca SERRAINO operante in Trentino Alto Adige, in costante contatto con gli esponenti più autorevoli della “casa madre” reggina. Convergenze di rilievo investigativo hanno portato al coordinamento promosso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e Trento sotto l’egida della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Le indagini, complessivamente considerate, hanno consentito di accertare che il ruolo apicale in seno alla consorteria mafiosa è attualmente ricoperto da SERRAINO Antonio, detto “Nino”, figlio del defunto Domenico SERRAINO classe1945, inteso “Mico”, fratello di Alessandro SERRAINO classe 1975 detto “Lisciandro”. Il suo ruolo di vertice all’interno dell’omonima cosca è stato tratteggiato anche dai collaboratori di Giustizia che lo indicano quale esponente di spicco dell’associazione mafiosa con un profilo più riservato rispetto a quello del fratello Alessandro, ma ugualmente strategico e di rango verticistico, particolarmente rivolto alla cura degli aspetti nevralgici legati alle infiltrazioni nell’economia ed ai rapporti con la politica e le istituzioni, sebbene abbia finito per assumere, nel corso degli ultimi anni, dopo l’arresto del fratello Alessandro e del cognato GIARDINIERE Fabio [coinvolti nel procedimento c.d. Epilogo], un ruolo maggiormente operativo prendendo in mano le redini della ‘ndrina soprattutto nella gestione delle estorsioni enella suddivisione dei proventi illeciti del sodalizio.

RUSSO Francesco classe1973, detto “Ciccio lo scalzo”, è stato indicato dai collaboratori di Giustizia come storico componente della cosca SERRAINO con il ruolo direttivo in seno alla consorteria mafiosa di “capo società” che aveva presieduto i riti di affiliazione e che, dopo la sua recente scarcerazione nel 2017, aveva mantenuto un ruolo apicale, interloquendo direttamente con il capo della ndrina Nino SERRAINO. Le dichiarazioni dei collaboratori trovano concreto riscontro nelle risultanze dell’indagine condotte dalla Squadra Mobile nell’ambito dell’operazione “Pedigree” eseguita in data 9 luglio 2020, nonché nelle indagini condotte dal ROS di Trento sotto l’egida di quella DDA. In alcune conversazioni, esponenti di vertice e sodali trentini della cosca SERRAINO descrivono RUSSO Francesco come un soggetto serio e azionista pericoloso, pronto a recarsi all’occorrenza in Alto Adige per dare manforte alla compagine mafiosa di quel territorio.

Al ruolo di Antonino FALLANCA – amministratore unico della “Fallanca Colori s.r.l.”, ditta che si occupa di produzione e commercializzazione all’ingrosso ed al minuto di vernici, colori, ferramenta, bricolage, di prodotti per l’edilizia e legname –hanno fatto riferimento i collaboratori di Giustizia, che lo indicano come affiliato di elevato lignaggio criminale della cosca SERRAINO, la cui crescita imprenditoriale è stata alimentata dai suoi rapporti privilegiati con le ndrine SERRAINO e ROSMINI. Dalle indagini è emerso come il FALLANCA abbia sfruttato il suo ruolo di esponente di vertice di una delle più temibili cosche di ‘ndrangheta, per indurre gli imprenditori locali ad avvalersi dei servizi resi dalla propria impresa.

I collaboratori di Giustizia, nel corso dei recenti interrogatori, nel rievocare il passaggio alla “società maggiore” e il conferimento della dote della “Santa”, avevano indicato – tra i partecipanti al rito – un soggetto soprannominato “Zamburro”. Gli accertamenti esperiti dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, delegata sul punto dai magistrati della locale DDA, hanno consentito di identificare il predetto in Paolo RUSSO classe1961. Anche gli esiti provenienti dalle indagini della D.D.A. di Trento suggellano la genuinità del racconto dei collaboratori di giustizia.

Le intercettazioni documentano la solidarietà criminale di “Zamburro” con gli esponenti del locale altoatesino e testimoniano – perfettamente in linea con quanto dichiarato dai collaboratori – la caratura mafiosa di RUSSO Paolo, in grado di “battezzare” nuovi sodali.

A carico di Sebastiano Vecchio, detto “Seby”, Assistente Capo Coordinatore della Polizia di Stato in forza al Compartimento Polizia Ferroviaria di Venezia, attualmente sospeso dal servizio per motivi disciplinari, nonché, per diversi anni, consigliere comunale ed assessore a Reggio Calabria dove ha rivestito anchela carica di Presidente del Consiglio Comunale, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha disposto il fermo di indiziato di delitto per associazione mafiosa sulla base di plurime chiamate in correità, riscontrate peraltro dagli esiti di alcune intercettazioni effettuate nell’ambito del procedimento Pedigree – dalle quali è stato delineato a suo carico un gravissimo quadro indiziario.

Il predetto è stato:

  • dal 2002 al 2007 consigliere della VII Circoscrizione San Giorgio – Modena – San Sperato;
  • dal 22 giugno 2007 al 5 luglio 2010 assessore alla Pubblica Istruzione della seconda giunta Scopelliti del Comune di Reggio Calabria;
  • dal 20 giugno 2011 al 10 ottobre 2012 Consigliere del Comune di Reggio Calabria, rivestendo, contestualmente, la carica di Presidente del Consiglio.

Diversi collaboratori di giustizia – tutti di comprovata affidabilità – hanno descritto VECCHIO Sebastiano come soggetto legato, a doppio filo, alla cosca SERRAINO e ciò a dispetto dei ruoli istituzionali dallo stesso rivestiti. Il VECCHIO, poliziotto a lungo dedicatosi all’attività politica, in tale doppia veste non ha esitato ad interloquire con i SERRAINO e con altri esponenti della criminalità organizzata reggina, ricavando benefici elettorali ed assicurando ai suoi sodali una ventennale “messa a disposizione” per venire incontro alle loro più svariate esigenze.Subito dopo la sua elezione e la successiva designazione quale Assessore alla Pubblica Istruzione, erano sorte, però, impreviste tensioni con gli esponenti del sodalizio mafioso, degenerate persino nel danneggiamento incendiario di due autovetture di SebastianoVECCHIO.

I resoconti dei citati collaboratori – oltre che riscontrarsi reciprocamente – trovano una incisiva conferma in un episodio rappresentativo dell’estrema vicinanza di Sebastiano VECCHIO alla ‘ndrina dei SERRAINO.Il 12 marzo 2010, VECCHIO – all’epoca assessore del Comune di Reggio Calabria – prendeva parte, presso la chiesa di San Sperato, ai funerali del boss Domenico, inteso “Mico” SERRAINO, capo della cosca, già sottoposto al regime carcerario ex art. 41 bis ord. pen., fratello del defunto Francesco [Don Ciccio, “re della montagna”] e padre di Alessandro [detto “Lisciandro”] e dell’odierno indagato Antonio, inteso “Nino” SERRAINO. Quella presenza non poteva che essere motivo di vanto per la storica ndrina reggina, che – agli occhi della popolazione e delle cosche alleate – si fregiava dell’ultima riverenza, attribuita al suo capo, da un rappresentante delle istituzioni.Ciò a maggior ragione perché il Questore pro tempore– tenuto conto della personalità del deceduto – aveva emanato apposita ordinanza con cui vietava il trasporto della salma in forma pubblica e solenne.

È emerso, inoltre, anche grazie alle intercettazioni telematiche ed ambientali disposte nel corso dell’indagine Pedigree, come il VECCHIO abbia intessuto illecite cointeressenze con gli esponenti della cosca SERRAINO sino ad epoca recentissima, concorrendo nell’intestazione fittizia di un ristorante in realtà riconducibile al pregiudicato Maurizio CORTESE, incontrando quest’ultimo durante la latitanza e fornendo informazioni riservate ai membri dell’associazione mafiosa.

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Contestualmente, è stato eseguito il sequestro preventivo disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia a carico della società “Fallanca Colori s.r.l.”, con sede a Reggio Calabria, e relativo patrimonio aziendale [comprensivo di beni immobili, mobili registrati e disponibilità finanziarie], intestata ai familiari di FALLANCA Antonino, amministratore unico della società.

La Direzione Distrettuale Antimafia reggina ha ritenuto necessario procedere al sequestro preventivo di tale attività imprenditoriale, in quanto risultata in rapporto di conclamata strumentalità con il reato di associazione mafiosa contestato a FALLANCA Antonino.

Reggio Calabria: fermo di indiziato di delitto, emesso dalla locale Procura Distrettuale, a carico ulteriori di 5 soggetti

Nella mattinata odierna i Carabinieri del R.O.S. e dei Comandi Carabinieri di Trento, Roma e Reggio Calabria hanno dato esecuzione a una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Tribunale di Trento, su richiesta della locale Procura della Repubblica, a carico di 19 soggetti indagati a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta, scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione o mantenimento in schiavitù.
Contestualmente il ROS unitamente alla Polizia di Stato di Reggio Calabria, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla locale Procura Distrettuale, a carico ulteriori di 5 soggetti pure indagati per associazione mafiosa e di altri gravi delitti, sui quali sono state registrate, in fase di indagine, convergenze investigative che hanno quindi portato al coordinamento investigativo, sotto l’egida della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, tra le Procure della Repubblica di Reggio Calabria e Trento.
Il risultato costituisce esito di una articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri che ha accertato esistenza e operatività di una Locale di ‘ndrangheta in Lona Lases (TN) ma avente influenza sull’intera provincia di Trento, quale proiezione della omonima struttura operante in Cardeto (RC), in particolare delle cosche reggine “SERRAINO”, “IAMONTE” e “PAVIGLIANITI”.
L’indagine, nel documentare nuovamente l’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria, consente di confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto nelle regioni del Nord Italia caratterizzate da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale. In tali territori sono state, infatti, ricostituite le articolazioni criminali di base della ‘ndrangheta, definite Locali, le quali hanno mutuato da quelle calabresi le regole di funzionamento e le forme delle iniziative criminali. Le suddette ramificazioni, presenti in Italia ma anche all’estero, seppur dotate di una certa autonomia operativa, sono legate alla ‘ndrangheta dei territori calabresi di origine a cui rispondono del loro operato e dipendono sotto un profilo regolamentare ed organizzativo. Per quanto concerne il Trentino Alto Adige, la complessiva attività investigativa ha permesso di ricostruire come il processo di insediamento della ‘ndrangheta nella Val di Cembra sia collocabile tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso, verosimilmente poiché attratta dalla ricca industria legata all’estrazione del porfido.
Le attività, che si sono sviluppate a partire dal 2017 ed hanno impegnato le varie articolazioni del ROS presenti sul territorio nazionale, hanno inoltre consentito di definire:
– ruoli e funzioni degli affiliati all’interno della Locale trentina, al cui vertice è posto MACHEDA Innocenzio coadiuvato dagli altri esponenti di rilievo identificati in AMBROGIO Domenico, dai fratelli BATTAGLIA Pietro e Giuseppe, da MORELLO Domenico e da COSTANTINO Demetrio, tutti imprenditori nel settore del porfido e dell’edilizia;

– gli assetti della Locale di Cardeto (RC) il cui vertice è stato individuato prima in ARFUSO Saverio e successivamente in FALLANCA Antonino, legato alla cosca “SERRAINO”;
– i costanti rapporti tra le due Locali, nelle persone dei Capi Locale, per la trattazione di problematiche associative e per la programmazione di attività illecite;
– il ruolo dell’associazione Magna Grecia che, formalmente centro di aggregazione culturale, è stata utilizzata come luogo di riunione dei sodali e strumento per la raccolta di fondi da destinare al sostentamento dei compartecipi arrestati.

Sotto il profilo delle attività criminali, è emerso come gli esponenti della Locale di ‘ndrangheta in Lona Lases (TN) abbiano assunto il controllo di fatto del settore dell’estrazione e della lavorazione del porfido, maggiore risorsa economica del luogo, attraverso un processo di progressiva infiltrazione del pertinente tessuto imprenditoriale, avviato da BATTAGLIA Giuseppe. In tale ambito imprenditoriale, oltre a sistematiche attività di vessazione ed intimidazione sulle maestranze, è emerso come siano state avviate operazioni speculative attraverso la commercializzazione dei semilavorati in nero e la falsificazione dei bilanci di esercizio delle imprese a loro riferibili.
Inoltre, è stato riscontrato come sia stata pianificata la progressiva infiltrazione della politica locale attraverso l’inserimento dei sodali negli organi di governo comunale di Lona Lases all’evidente fine di condizionarne l’attività politica e amministrativa. In tale contesto, oltre ad aver intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile (imprenditoria, istituzioni, politica), è stato anche offerto il sostegno elettorale ad alcuni candidati in vari appuntamenti elettorali per il rinnovo di vari enti locali.
Altresì, è stata accertata l’operatività di una seconda consorteria mafiosa attiva a Roma i cui membri, sotto la direzione di MORELLO Domenico organico alla Locale di Lona Lases, erano preposti alla gestione di diverse imprese operanti in Trentino e nel Lazio che, nei programmi degli indagati, sarebbero state funzionali all’esecuzione di articolate attività di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, di fatturazioni per operazioni inesistenti e per permeare gli ambienti istituzionali.
Da ultimo, il ROS unitamente alla Guardia di Finanza di Trento è stato delegato all’esecuzione di un decreto di sequestro di beni mobili e immobili, nonché rapporti bancari per un controvalore di 1.500.000 €, riconducibili ai soggetti destinatari del provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Trento.

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