Di solito i giornalisti vengono invitati all’inaugurazione di nuovi servizi ospedalieri messi a disposizione dei pazienti e, in quelle occasione, in pompa magna, la classe dirigente mostra la sua “grande efficienza” ed “operatività”. Questa volta però, sono stato testimone diretto di un disservizio e di una vera e propria “falla” della sanità pubblica a Messina. Sabato 7 gennaio ore 15,10, arrivo al pronto soccorso del Papardo e, chiedo di poter essere visitato in quanto, il mio piede sinistro, senza alcun trauma preventivo, mostrava un gonfiore spropositato procurando grande dolore e, l’impossibilità di poggiarlo o a terra. Entrando ho notato che qualcosa non funzionava, cerco il display che doveva indicarmi, in base alla gravità del codice di accesso, quante persone erano in attesa prima di me. Ma niente da fare! All’accettazione solo un incolpevole infermiere che, con grande imbarazzo, cercava di tranquillizzare i presenti perché, purtroppo, non era in grado di dare notizie. Con modi gentili esprimeva solidarietà e conforto, soprattutto a una decina di anziani che erano riusciti a stare sulle sedie a rotelle fatiscenti “gentilmente” messe a disposizione dall’azienda ospedaliera. Notando tanto disagio e preoccupazione, certo di attingere notizie qualificandomi e sostenendo la preoccupazione di tanti “poveri disperati” che fremevano anche a causa delle loro precari condizioni. Un infermiere mi risponde che c’è un “macello” e non riescono a stabilire il tempo necessario per poter essere sottoposti a visita. Il tempo passa e cresce anche lo sconforto di tanti cittadini che sperano in un miracolo o che la sanità pubblica possa raggiungere livelli di efficienza accettabili. Abbiamo esaltato l’impegno e la dedizione di tanti medici ed infermieri che, durante la pandemia, non si sono risparmiati mettendo a repentaglio anche la propria vita. Tantissimi i proclami di una classe politica “inetta” che, al solo fine di acquisire visibilità, aveva promesso ciò che, fino ad oggi, risulta essere un sogno irrealizzabile. Tantissimi i fondi del PNRR destinati alla sanità proprio per consentire quel cambio di passo tale da far considerare i cittadini “persone” e non semplici numeri. Ma fino ad oggi, quei fondi sono sappiamo a cosa sono stati destinati e quali servizi sono stati migliorati. Intanto, le ore passano e, la disperazione aumenta. Qualcuno prega confidando nel buon Dio affinché interceda ed illumini le menti di una classe dirigente che, soprattutto nel periodo natalizio, lascia solo due medici in un pronto soccorso che serve un bacino d’utenza immenso che va dal centro città fino al villaggio di Ortoliuzzo a confine con il Comune di Villafranca Tirrena. L’assessorato regionale alla sanità della Regione Sicilia, in questi giorni, sta provvedendo a rinnovare i direttori generali ed i direttori sanitari delle aziende ospedaliere, affidando, un incarico provvisorio, quale commissario, fino al 30 aprile 2023. Anch’io mi affido al buon Dio, chi non è cattolico prega Budda, Allah, Conficio, Abramo etc., affinché non si ragioni più con la logica della spartizione delle poltrone ma, si punti sulla professionalità e sulle competenze dei singoli candidati.
Una speranza che probabilmente si disperderà portata via dal vento come quello che rende un pomeriggio freddo questo sabato 7 gennaio è un pomeriggio e, per non farci mancare nulla, l’impianto di riscaldamento della sala t’attesa del Pronto Soccorso Generale del Papardo non funziona. Qualcuno asserisce che la colpa è da attribuire ai lavori che stanno interessano la struttura del pronto soccorso ma, sicuramente, la colpa è di quei dirigenti che non hanno pensato a come riscaldare un ambiente frequentato da persone malate che meritano rispetto ed attenzione. Il tempo passa e la sala d’attesa dell’ospedale Papardo si popola di persone accompagnate dai propri familiari che, varcando l’ingresso rimangono basiti. Vediamo entrare una giovane coppia che, con la propria bambina in braccio, avvolta in una coperta, spiega all’infermiere che presenta difficoltà respiratorie; giustamente li fanno subito accedere e tutti aspettiamo di vederli uscire più rilassati e sorridenti. Fortunatamente, dopo circa quarantacinque minuti, si avviano verso casa perché le condizioni della bambina erano discrete. Altro aspetto da non sottovalutare: privacy zero! Chiunque arriva al pronto soccorso per rappresentare le proprie difficoltà, è costretto ad urlare per farsi sentire dall’infermiere che si trova dietro il gabbiotto della sala d’attesa. Altro aspetto che stride con i servizi minimi essenziali messi a disposizione dei cittadini e cioè le sedute, nella sala d’attesa del pronto soccorso del Papardo, solo 8 possono essere definite accettabili, le altre, sono rotte e posizionate, capovolte, sul pavimento accanto ad un enorme scivolo in metallo che, una volta, serviva per coloro che si trovavano su sedia a rotelle o avevano difficoltà a deambulare mentre oggi, è “un’opera d’arte post contemporanea” posizionata a custodia di un ingresso inutilizzato in quanto murato; naturalmente in bella vista, sotto lo scivolo, la sporcizia la fa da padrona! Visto che il tempo passa ne approfitto per scambiare qualche parola con gli astanti. Il viso solare di Antonino R. 48 anni, guardia giurata, giunto alle ore 13,30 al Pronto soccorso Generale, mi porta a chiedere che impressione si è fatto di questo “disservizio” offerto ai cittadini da questa “classe dirigente” della sanità pubblica messinese. Quasi con rassegnazione, mi manifesta il suo disagio perché, a differenza di tante persone che presentano sintomi preoccupanti, lui, come me, ha solo da capire se il suo piede presenta una frattura, una infiammazione o una distorsione. Nel frattempo riceve le telefonate dei tre figli che chiedono notizie e, a tutti risponde di stare tranquilli perché appena completato l’iter delle visite, li informerà. Per la cronaca, Antonino ha varcato la porta del Pronto Soccorso alle 18,27 e alle 20,45 era ancora seduto aspettando di poter essere dimesso avendo presentato “solo” una infiammazione articolare. Io sono entrato alle 18,50 e dopo un passaggio in chirurgia vascolare ed in ortopedia, sono stato dimesso alle 20,25. Ogni arrivo, un problema che necessita di essere risolto, non volendo essere ripetitivo questa classe di dirigenti della sanità pubblica dovrebbe avere il coraggio e la decenza di dimettersi per incapacità gestionale e perché, il popolo italiano, oggi 7 gennaio che si celebra il tricolore, quindi dell’unità della nostra nazione, possa sperare anche in una unità ed uniformità di servizi che vadano da Pordenone ad Agrigento. Sperare non costa nulla ma, aspettando si rischia solo di tornare a casa dentro una cassa da morto!