Nel Napoli di Spalletti lanciatissimo verso un clamoroso Scudetto c’è un bel pezzo di Reggina: è Giovanni Di Lorenzo, protagonista assoluto del capolavoro partenopeo. Anche ieri l’esterno ha firmato il tabellino con l’assist per il gol di Elmas che ha fissato il risultato sul definitivo 5-1 contro la Juventus: una vittoria storica per proporzioni contro il club più titolato d’Italia. Di questo Napoli meraviglioso, Di Lorenzo è nientepopodimeno che Capitano. A 29 anni è diventato leader della squadra che oggi spadroneggia in Italia e che fa scintille anche in Europa: se riuscirà a vincere lo scudetto con il Napoli, sarà il miglior risultato mai ottenuto nella carriera di club da un prodotto del vivaio della Reggina. Un primato oggi detenuto da Simone Perrotta per la vittoria dei Mondiali del 2006 con la Nazionale. Perrotta e Di Lorenzo hanno già vinto entrambi una Coppa Italia, quella del 2007 con la Roma il primo e quella del 2020 con il Napoli il secondo, mentre Di Lorenzo è anche Campione d’Europa in carica, da grande protagonista con la Nazionale di Mancini nel travolgente percorso dell’estate 2021 in Inghilterra.
Ma il punto non è se Di Lorenzo farà meglio di Perrotta, quanto che ad ogni generazione calcistica che si sussegue in Italia, ai livelli più alti in assoluto c’è sempre il segno della Reggina a testimonianza di quanto il settore giovanile della società di Lillo Foti abbia dato al calcio italiano e a questa città. A raccontare ai microfoni di StrettoWeb la storia di Giovanni Di Lorenzo è Salvatore Laiacona, allenatore, storico responsabile del settore giovanile amaranto per più di due lustri: “Di Lorenzo deve essere l’orgoglio di questa città ed è l’orgoglio di questa società, come Perrotta e come tutti gli altri ragazzi che come loro sono partiti dal nostro Centro Sportivo per raggiungere traguardi straordinari. E poi Di Lorenzo ha ancora tempo per vincere anche lui un Mondiale come Perrotta: l’età è dalla sua parte. Ricordo benissimo quella sera che è arrivato al Sant’Agata, accompagnato dai genitori: aveva solo 16 anni, arrivava grazie alla trattativa di Foti con la Lucchese in cui aveva strappato il migliore talento del loro settore giovanile. A Reggio Di Lorenzo si è inserito subito: era già allora un bravo ragazzo, uno calmo, tranquillo, educato, con un percorso scolastico positivo. Ha giocato negli Allievi, poi in Primavera dove abbiamo vinto il Torneo di Sanremo e lui era il nostro Capitano. Atzori lo ha fatto esordire in serie B, poi è stato determinante a soli 22 anni nella miracolosa salvezza con la doppia vittoria nel derby playout contro il Messina nel 2015. Peccato che quella società sia fallita: se oggi fosse ancora in piedi, avrebbe incassato considerevoli royalties per il percorso d’eccellenza che Di Lorenzo sta realizzando. Non so se sono soldi che sta ottenendo la curatela, ma è il doveroso riconoscimento per il lavoro di formazione che si fa sui ragazzini“.
Laiacona è un professionista molto esperto, e ci tiene a sottolineare quali devono essere i valori da tutelare tanto nel mondo del calcio quanto nella vita: “un bambino poco tempo fa ha chiesto a Spalletti perché il Capitano del Napoli è proprio Di Lorenzo, e il mister gli ha risposto che è il Capitano perché da piccolo andava bene a scuola. Credo sia stata la risposta più azzeccata per essere da monito ai giovani di oggi. Di Lorenzo ha fatto un percorso importante imperniato sul sacrificio, che oggi è purtroppo sempre più raro. Veniva da lontano, si è conquistato tutto da solo, con l’educazione che aveva ricevuto in una famiglia sana e basata che era fondata su solidi principi. I suoi genitori l’hanno sempre lasciato tranquillo senza mai pressarlo. Da giovanissimo era così legato alla famiglia che nei periodi di Natale tornava sempre a casa. Al Sant’Agata stava molto bene, ha dimostrato subito di essere un ragazzo con le idee chiare. Oggi purtroppo le famiglie sono molto diverse, mettono troppa pressione ai figli, tutti credono di avere il novello Maradona in casa. Il calcio giovanile sta cambiando, si sta sporcando, ai ragazzini sembra che tutto gli sia dovuto, i genitori arrivano a pagare per far giocare i figli, le famiglie portano gli sponsor per far giocare i figli, e questo non è bello, non si può sostituire il merito con il Dio denaro. Dopo 28 anni di Reggina posso testimoniare che più passa il tempo e peggio è: il calcio sano di una volta è sempre più raro, ma va difeso e tutelato per preservare la genuinità dello sport“.
Tornando a Di Lorenzo, Laiacona sottolinea che “al Sant’Agata ha lasciato la sua tranquillità. In foresteria vedevi sempre un ragazzo tranquillo e sorridente, veniva sempre in sede a chiedere anche le cose più semplici perché era già allora molto educato. Io poco tempo fa l’ho incrociato a Coverciano: stavo facendo un corso per il settore giovanile mentre la Nazionale si allenava con Mancini e Vialli. Ci siamo incrociati e salutati ricordando quelli che sono stati i suoi anni alla Reggina, spero che un giorno possa tornare a Reggio Calabria“. Anche perché significherebbe che la Reggina sarà molto in alto, come già ipotizzato per Acerbi che ha espresso l’intenzione di chiudere la sua carriera in amaranto. Se calciatori di questo livello hanno lasciato il segno, è l’ennesima testimonianza di cosa abbia rappresentato la Reggina negli anni.
In un’intervista di pochi mesi fa, proprio Di Lorenzo ha dato la testimonianza migliore: “Una sera ero a casa e squillò il telefono. Risposi ed era Paolo Giovannini, il ds della Lucchese, che chiamava dalla sede. Voleva parlare con i miei genitori. Gli passai mia madre, che dopo qualche minuto mi rese il telefono: ‘Vuole parlare con te’. La domanda fu secca: ‘Giovanni, vuoi andare alla Reggina?’. Mi si offuscò la mente, venni ricoperto da una vampata di calore. Balbettai qualcosa, pensai che sarebbe stato davvero strepitoso. Certo, a centinaia di chilometri da casa. ‘Ah, molto importante: devi dirmelo adesso, perché sono a Milano insieme al loro presidente e dobbiamo chiudere’. ‘Digli che andiamo’. Secco, deciso. Stavano trattando due calciatori e gli avevano chiesto in cambio il miglior giovane del vivaio. Avevano scelto me. Inutile dire che il cambio di vita fu drastico, difficile e spiazzante. La Reggina, però, aveva un bel settore giovanile e ottime strutture. Era un fiore all’occhiello, in quegli anni. Lasciai i campi spelacchiati per gli stadi'”.
Laiacona ricorda bene anche questo: “Di Lorenzo lo avevamo inserito nei nostri database dopo averlo visto a 15 anni in un torneo giovanile a Parma, dove la Lucchese lo aveva mandato con la maglia dell’Udinese grazie a un accordo tra loro. Lì abbiamo messo le basi per portarlo in riva allo Stretto, lì è iniziata la sua grande storia. Dopo il fallimento del 2015 è arrivata la chiamata del Matera con mister Auteri, poi è andato ad Empoli dove ha giocato sempre titolare nella promozione in serie A con Sarri e poi la chiamata del Napoli quattro anni fa. Ma Di Lorenzo non è l’unico, adesso Missiroli ha smesso di giocare ma c’è ancora Ceravolo al Padova, c’è Barillà che a breve tornerà a giocare, c’è Nicolas Viola, c’è Mattia Maita che gioca nel Bari dove ha grande considerazione, è molto forte, ed è anche più giovane di Di Lorenzo. Maita me lo ricordo bene, sono andato a prenderlo personalmente dal Camaro dove giocava a Messina, insieme ad un altro ragazzo più bravo ancora di lui ma che purtroppo non ha avuto la stessa occasione fortunata. Perchè è anche questione di fortuna e di occasioni. Quando il Bari è venuto a Reggio sono andato ad Altafiumara per salutare Mattia, con cui abbiamo un rapporto splendido. E nella Fiorentina c’è un ragazzo del 2004 che si chiama Costantino Favasuli ed è sempre nostro, è nato da noi al Sant’Agata, e mister Italiano già lo sta convocando in prima squadra a soli 18 anni. Reggio deve essere orgogliosa del suo posto nel calcio grazie a quello che è stato il vivaio della gloriosa Reggina, e non ho dubbi che la nuova società farà di tutto per tornare a sfornare talenti e professionisti di altissimo livello“.